«Non vedo l’ora di atterrare al Malpensa-Berlusconi»: così parlò l’uomo del ponte all’indomani dell’ordinanza ENAC che, su sua iniziativa, ha intitolato lo scalo milanese all’ex Cavaliere. Dopo il francobollo commemorativo, il secondo aeroporto italiano per numero di passeggeri e primo per traffico merci aggiungerà al proprio nome quello di Silvio Berlusconi. Leonardo da Vinci, Caravaggio, Marco Polo, Ugo Niutta, Marconi, Falcone e Borsellino e, ora, anche lo storico leader di Forza Italia tra i nomi illustri a cui sono intitolati i principali scali nazionali.
Le prevedibili reazioni contrarie e la soddisfazione del tradizionale popolo di estimatori del capo dell’allegra brigata meritano una riflessione seria su quelli invece che potrebbero essere gli effetti positivi di questa nomina, senza limitarsi a rabbrividire al solo pensiero di dover ascoltare un giorno il personale di bordo annunciare l’atterraggio pronunciando il nome dell’ex Presidente del Consiglio con conseguente mormorio e risatine, come accadutomi qualche anno fa a Miami, dove un tassista, appresa la mia provenienza, cominciò a ridere e ripetere in maniera ossessiva bunga-bunga, a testimonianza della credibilità e del rispetto per il nostro Paese nell’era berlusconiana.
Porre a caratteri cubitali ben visibili il nome del fondatore assieme a Dell’Utri di Forza Italia accanto alla scritta “Aeroporto Malpensa” potrebbe aiutare a tenere viva la memoria fin troppo labile di un popolo da sempre avvezzo all’infatuazione dell’uomo del momento, di cosa è stata e cosa ha dovuto sopportare questa nostra nazione nella storia recente.
È, infatti, il nome dell’uomo pervaso da manie di persecuzione da una magistratura rossa a seconda delle convenienze e combattuta a suon di leggi ad personam con la complicità delle forze politiche oggi al governo, già responsabili delle massime istituzioni; l’uomo delle otto prescrizioni, due amnistie, dieci archiviazioni – tra le quali anche il concorso nelle stragi del 1992 e 1993 –, della condanna definitiva nel 2013 per frode fiscale da 368 milioni di dollari, espulso dal Senato della Repubblica come da Legge Severino e riabilitato nel 2018.
Al sintetico elenco delle benemerenze, come non ricordare poi l’allegra compagnia di nani e ballerine, poltrone assegnate per riconoscenza e quei 314 deputati, tra i quali gli attuali Presidenti del Consiglio del Senato, che votarono in Parlamento che Ruby, per lo Stato italiano, la notte del maggio del 2010 era la nipote di Mubarak. Tutto ciò sembra ormai archiviato e, peggio, giustificato al punto da aver rischiato persino la sua elezione al Quirinale.
L’uomo del ponte e delle percentuali di consenso costantemente in calo va ringraziato e lodato per questa intuizione: una gigantesca insegna contribuirà a tenere viva la memoria e, per quanti hanno partecipato ai sontuosi banchetti di un potere fuori controllo, un motivo in più per vergognarsi.
Quel nome ben visibile agli oltre 23 milioni di passeggeri che transiteranno nel secondo scalo italiano dovrà indicare e marcare bene la differenza nell’atterrare o partire da Malpensa-Berlusconi o dall’aeroporto Falcone-Borsellino, tra chi ha incarnato il peggiore degrado politico, sociale e morale portando l’Italia sull’orlo del baratro e chi con coraggio e servizio reso al Paese ha sacrificato la propria vita per la giustizia e la ricerca della verità. Valori diversi per cui quelle scritte di Milano e Palermo serviranno a indicare particolarmente ai giovani due strade, due mondi completamente opposti, due modelli di società inconciliabili.
A sua insaputa, il leghista del Papeete ne ha azzeccata finalmente una: l’intitolazione di Malpensa a Silvio Berlusconi merita un plauso perché sarà lo scalo della memoria passata e attuale, del picco più negativo della storia recente che alcuni esponenti di questo esecutivo fanno di tutto per inseguire. Dalla cultura al turismo all’agricoltura fino alla giustizia, quelli maggiormente impegnati a tenere in vita un fantasma ancora troppo presente che vede oggi finalmente realizzato qualche vecchio sogno, ognuno al suo servizio anche da morto.
Uno scalo a futura memoria del momento che stiamo vivendo, di cosa è capace di imporre al Paese una classe politica mediocre con provvedimenti sfacciatamente punitivi per quella parte della società che Papa Francesco definisce dello scarto, privata di un minimo di sostentamento costretta a ricorrere alle mense della Caritas e, peggio, alle finanziarie dello strozzinaggio.
Una classe politica impegnata ad autoassolversi con misure che favoriranno ancor più la corruzione, il tutto nel rispetto assoluto di una strada tracciata nel ’94 e che questo esecutivo, attraverso il suo esponente di punta, leader di una Lega allo sbando, tiene a tenere viva secondo quelli che sono i cardini del berlusconismo, superando il maestro e ricordandolo con la dovuta riconoscenza. Senza di lui, oggi, starebbero a raccogliere le briciole di un potere che ha superato ogni limite della morale e della decenza.