Il Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare Lollobrigida, durante un incontro sui temi della food security e della sostenibilità, ha affermato che i poveri mangiano meglio perché comprano dal produttore e a basso costo prodotti di qualità. Tengo a sottolineare che sono le parole di un Ministro della Repubblica italiana.
Lollobrigida ha definito il modello nostrano interclassista. Le persone meno abbienti si rivolgerebbero difatti ai produttori e per questo mangerebbero meglio rispetto alle classi più agiate. La mia sensazione è un misto tra incredulità e sgomento. Provo rabbia verso questa affermazione, senza basi, clamorosamente falsa oltre che espressione di un totale e anacronistico distaccamento dalla realtà.
Il Ministro ha, inoltre, fatto un parallelismo con gli Stati Uniti contrapponendo la situazione italiana – ripetiamo, dove lui è convinto che il povero mangi meglio – alla divaricazione sociale presente negli USA.
Il cibo è un diritto fondamentale menzionato nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948. Questo diritto, tuttavia, è sempre più disatteso, anche in Italia.
La povertà economica è un fattore fondamentale nel determinare la mancanza di accesso a un cibo adeguato. Per povertà alimentare, infatti, non si intende il semplice diritto a non morire di fame ma il più ampio diritto umano ad alimentarsi con dignità. Garantendo scelta e qualità intesa sotto il profilo dell’adeguatezza nutrizionale. Non è solo la quantità del cibo il problema, ma anche la sua adeguatezza alle esigenze nutrizionali.
Dati del rapporto ActionAid fanno emergere che le donne sono i soggetti più esposti alla povertà alimentare rinunciando, se necessario, a nutrirsi in maniera adeguata a beneficio dei figli. Da un’indagine a cura dell’Università Cattolica di Milano emerge che la povertà ha un volto quotidiano. Se pensiamo ai poveri come a lontani da noi (extracomunitari, alcolisti, senza tetto) sbagliamo clamorosamente. Sempre più persone non possono permettersi un pasto con una componente proteica ogni due giorni e questo avviene, in Italia, in 14 famiglie su 100. Un dato simile in Grecia (13,8), mentre in Francia sono 7,4 e in Spagna 3,5.
La povertà economica è un driver fondamentale che causa la mancanza di accesso a un cibo adeguato. La povertà alimentare è una condizione di cui soffre un numero ben superiore di persone rispetto a quelle che vivono in situazioni di grave deprivazione materiale. Si tratta di una condizione non necessariamente determinata da una scarsità assoluta bensì relativa di cibo.
Il termine povertà alimentare si sovrappone spesso a quello di sicurezza alimentare (food security). Viene definita come condizione che si verifica quando tutte le persone, in qualsiasi momento, hanno un accesso fisico, sociale ed economico a un cibo sufficiente, sicuro e nutrizionalmente adeguato, in grado di rispondere ai loro bisogni e alle preferenze alimentari e a garantire una vita attiva e in salute (FAO).
Il focus sulla food security pone l’accento su quattro dimensioni fondamentali: la disponibilità fisica di cibo, determinata dai livelli di produzione e commercio dei beni alimentari; l’accesso fisico ed economico al cibo, determinato dai livelli di reddito e andamento dei prezzi di mercato; l’utilizzo, che guarda alla qualità e adeguatezza nutrizionale del cibo consumato per una dieta salutare e ad altri fattori non alimentari come le condizioni igieniche, l’acqua, ecc.; la stabilità, che guarda alla necessaria continuità di accesso fisico e materiale a un cibo adeguato che può essere resa discontinua a causa di fattori politici, economici e/o ambientali.
In sintesi, non ha ragione il Ministro Lollobrigida. I poveri non mangiano meglio.
Le parole del cognato di Giorgia Meloni sono irrispettose verso le persone come me, ex percettori del reddito di cittadinanza e adesso costrette a vivere sulle spalle di altre persone. Non si riesce a trovare lavoro, io ad esempio non ho diritto ai 350 euro per la formazione, non ho diritto al reddito di dignità regionale e i servizi sociali non mi possono aiutare. Sono ospite ancora per qualche giorno a casa di una mia amica, che sta per sposarsi. Sono stata costretta a lasciare la casa dove vivevo, e che mi manca. Cosa ne sarà di me adesso?