Avere la forza di scegliere e attenercisi, altrimenti è meglio morire. – Albert Camus teresa simeone
La letteratura spesso ci ha permesso di entrare negli abissi dell’animo umano e di poter esplorare cosa veramente si nasconde dietro le apparenze di una relazione. Dalla mitologia greca fino a oggi, gli scrittori hanno scavato nella complessità del sentimento dell’amore. Il nuovo romanzo di Teresa Simeone, Inafferabili orizzonti, edito da Delta3, esplora con una prosa efficace e pervasiva e con uno stile neorealista postmoderno la complessità drammatica e contraddittoria delle relazioni matrimoniali, fino agli esiti più violenti e tragici.
Teresa Simeone, docente di filosofia e storia al Liceo Classico “Pietro Giannone” di Benevento, giornalista e saggista, dedica questo sua ultima opera alla fragilità e alla forza delle donne. Il primo capitolo si apre con la citazione di una poesia di Camus sulla solitudine come dimensione drammatica:
dovunque ci portiamo addosso tutto il peso del nostro passato e anche quello del nostro futuro. Tutti quelli che abbiamo ucciso sono sempre con noi…
Un indizio importante, una citazione letteraria che lascia il segno. Albert Camus, filosofo, scrittore esistenzialista, antifascista e giornalista altamente impegnato, potrebbe sembrare l’alter ego di Teresa Simeone, anche lei spinta a scandagliare con estrema lucidità le passioni e i demoni dell’animo umano.
Il tema centrale del testo è la scelta. Scegliere di seguire le passioni fino a distruggere ciò che si è creato, fino a distruggersi, oppure scegliere di farsi contenere dalla ragione, riuscendo a limitare i danni di un amore tossico, amplificato dal desiderio e dall’attrazione fisica. L’inalienabile conflitto tra apollineo e dionisiaco si incarna nelle storie narrate. Le vicende drammatiche di Vittoria e di Lucia, le protagoniste principali del romanzo, sono dentro l’alveo chiuso e asfittico di un rapporto sentimentale tradizionale, dove il tradimento dell’uomo e la ricerca della verità per la donna inducono solo a due possibilità: l’inganno e la violenza.
La protagonista Vittoria vive con il marito una storia basata sul nascondimento reciproco e sull’ambivalenza, sulla dicotomia tra amore coniugale e passione adultera, contraddizione sentimentale che vivono entrambi con grande sofferenza e nessuno sconto. Lo scenario digitale dei social network fa da sfondo al desiderio clandestino che inquieta la vita della donna, presa dal desiderio di dare un peso reale al suo adulterio immaginario, vissuto con grande intensità attraverso i canali informatici.
Non possiamo non ricordare il romanzo di David Grossman Che tu sia per me il coltello, testo di grande successo che ha per primo affrontato il tema del desiderio nell’epoca digitale. Desiderio che viaggia attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e che amplifica il potere dell’immaginazione erotica, creando scompiglio in un ménage matrimoniale caratterizzato dalla cura domestica e da un’acquiescenza sentimentale dovuta al tempo che passa.
Il quieto vivere e il rispetto borghese delle apparenze rendono la prima coppia un universo meschino di finzioni e di falsità. La seconda coppia invece racconta la tragedia del femminicidio, la crudeltà del marito fedifrago che scoperto dalla moglie perde il controllo e uccide senza pietà colei che voleva distanziarsi da un legame ormai finito.
Teresa Simeone affronta nel suo romanzo tutta l’ambiguità di queste relazioni e la difficoltà a leggere gli indizi che possono allarmare. La protagonista Vittoria vive il dilemma di una doppia scelta legata al suo matrimonio e al suo ruolo di amica di Lucia. La scelta naviga su due piani: quello etico e quello culturale. Lo stereotipo della famiglia felice viene messo in crisi dalla ricerca della verità. Nascondere, omettere, scegliere la sincerità, tutte scelte possibili, ipotesi fondamentali per essere coerenti con se stessi anche a costo di rompere degli schemi.
La macchina narrativa cammina con un andamento serrato, quasi cinematografico, che coinvolge il lettore e lo lascia senza fiato. Cambia l’ambientazione e lo status professionale delle donne e degli uomini ma la gabbia affettiva è ugualmente asfissiante e piena di reciproci inganni. Teresa Simeone narra con grande chiarezza le contraddizioni della società borghese beneventana, afflitta dal timore del giudizio altrui, dalla paura di essere pubblicamente screditata e da un bisogno estremo di salvare le apparenze. E questa preoccupazione governa in modo prepotente la vita di professionisti colti e di successo, anche di persone esposte nella vita politica e culturale della città.
Esiste quindi questa dicotomia lacerante che sicuramente è trasversale e presente in tante realtà metropolitane italiane. L’immagine del massiccio Taburno/Camposauro che disegna la celebre Dormiente del Sannio, il profilo di una donna sinuosamente adagiata sulle cime delle montagne è l’orizzonte inafferrabile che apre e chiude il romanzo. L’autrice infatti afferma che così è l’animo umano: inafferrabile e misterioso, che cambia secondo la prospettiva dello sguardo. Così ogni movimento interiore richiama questo “spostamento esistenziale”.
La letteratura europea e americana è stata spesso ispirata dagli archetipi dell’educazione sentimentale occidentale: l’amore tossico extraconiugale, l’amore domestico, felicemente tranquillo, l’adulterio e la scelta della fedeltà. Tanti hanno descritto il dramma di amori caratterizzati da un coinvolgimento ossessivo, da una gelosia e da ansie di controllo, accentuate da una dolorosa dipendenza emotiva e da una forte idealizzazione del partner.
Il romanzo di Teresa Simeone costruisce un dialogo implicito con il lettore che si biforca in due piani paralleli: la traccia narrativa e la concettualizzazione tematica e politica di riferimento. Riprendo in conclusione il riferimento iniziale all’archetipo biblico della storia di Adamo ed Eva, oggetto di un monologo di Franca Rame, che pone il dilemma della responsabilità della conoscenza. La normale e tradizionale lettura biblica imputa la fine del Paradiso all’attrazione verso il sapere da parte della donna, creata da una costola di Adamo. Franca Rame fa parlare Eva e dice:
[…] pur di avere conoscenza, coscienza, dubbi e provare amore… ben venga anche la morte.
La lettura tradizionale del dettato biblico concepisce un legame basato sull’inferiorità della donna, affermando la sua natura pericolosa. Se invece riprendiamo la lettura della teologia femminista di questo passaggio cade ogni preconcetto. Infatti Cristina Simonelli, docente di Storia della Chiesa e teologa patristica alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, presidente del coordinamento delle teologhe italiane, afferma che la rilettura può essere un’altra: nella Genesi c’è scritto che Dio crea una creatura che sia d’aiuto ad Adamo, che gli sia all’altezza, gli stia di fronte. Adamo solo quando vede lei, impara a parlare per la prima volta. Su Eva pesa invece il tarlo della colpa, della trasgressione, mentre la sua presenza può essere letta come il passaggio da un’infanzia inconsapevole dell’umanità alla fase adulta. La conoscenza quindi attraverso il dialogo della differenza tra bene e male, del desiderio di sapere che porta con sé anche il peso della responsabilità e della coscienza.
È questo il cambiamento di prospettiva che propone tra le righe la storia complessa narrata dalle donne protagoniste del romanzo. Uscire dalla dicotomia maschile/femminile per mettersi uno di fronte all’altro ed esercitare il diritto/dovere della conoscenza della verità.
Un uomo e una donna dovrebbero essere capaci di guardarsi negli occhi, per dirsi la verità fino in fondo e scegliere la libertà per se stessi e per l’altro, uscendo dagli stereotipi di genere, che mutilano entrambi nelle loro radici più profonde. È necessaria una vera educazione sentimentale e sessuale che parta da ogni agenzia di socializzazione.
La cultura non è sinonimo di intelligenza emotiva e affettiva e spesso le persone non sono educate alla declinazione complessa e sfumata del sentimento d’amore ma ne vedono solo la natura distruttiva e autodistruttiva di controllo e di esclusività. Educarsi all’amore di se stessi e dell’altro non ha niente a che fare con i titoli di studio accademici ma è una esperienza che passa attraverso il corpo, il cuore e la mente, esperienza di connessione profonda e di verità con il motivo originario della vita stessa: evolverci e scegliere con determinazione e coraggio il nostro destino senza piegare mai l’altro o l’altra alla nostra volontà, senza paura della solitudine, dell’abbandono e dell’isolamento.