Scrivevo, ieri, questa mia rubrica direttamente da Roma, dove si è svolta una grande manifestazione in difesa della sanità pubblica. Ho partecipato con Fondazione Gimbe, che compie dieci anni dal lancio della campagna #salviamoSSN. Una campagna assolutamente lungimirante.
Oltre sessanta associazioni, con noi, hanno marciato da Piazza della Liberazione a Piazza del Popolo. Associazioni provenienti sia dal mondo laico che da quello cattolico. Lo scopo? La difesa del diritto alla salute delle persone e il rilancio del servizio sanitario nazionale, pubblico e universale. Stiamo perdendo i nostri diritti fondamentali tra i quali il diritto alla salute.
Accanto a me ha sfilato un uomo con un cartellone raffigurante uno scheletro. Il messaggio scritto sopra era: Sono in lista d’attesa. Le liste d’attesa, per molti, significano morte. Come può questo non essere argomento all’ordine del giorno e prioritario per il nostro governo?
«Prevedendo che la perdita del SSN non sarebbe stata annunciata dal fragore di una valanga, ma dal silenzioso scivolamento di un ghiacciaio, attraverso anni, lustri, decenni. Che lentamente, ma inesorabilmente, avrebbe eroso il diritto costituzionale alla tutela della salute», queste le parole del Presidente di Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, dal palco di Piazza del Popolo proprio a proposito della campagna #salviamoSSN.
«I dati e la cronaca dimostrano che il collasso del SSN ci sta portando dritti verso un disastro sanitario, economico e sociale. E al tempo stesso si sta spianando la strada a una sanità regolata dal libero mercato, dove l’accesso alle tecnologie diagnostiche e alle terapie innovative sarà limitato a chi potrà pagare di tasca propria o avrà stipulato costose assicurazioni sanitarie, che comunque non garantiranno mai una copertura globale come quella offerta dalla sanità pubblica».
Questa manifestazione era volta a protestare contro liste di attesa, aumento della spesa privata, diseguaglianze nell’accesso alle cure, inaccessibilità alle innovazioni, mobilità sanitaria, rinuncia alle cure e riduzione dell’aspettativa di vita.
«Passata l’emergenza – ha continuato Cartabellotta, riferendosi alla pandemia – la sanità è stata rimessa all’angolo, in fondo alle priorità del Paese. Ovvero, dove l’hanno relegata tutti i governi degli ultimi vent’anni, che hanno sempre considerato la spesa sanitaria come un costo e mai come un investimento, ignorando che la salute e il benessere della popolazione condizionano la crescita del PIL. Governi che hanno scelto di usare la spesa sanitaria come un bancomat per ottenere consensi, dirottando le risorse su altre priorità mirate a soddisfare il proprio elettorato. Una politica miope che, limitandosi alla manutenzione ordinaria del SSN, ha portato allo sgretolamento dei principi di universalismo, equità e uguaglianza, sino a compromettere il diritto costituzionale alla tutela della salute».
Fondazione GIMBE propone in Commissione Affari Costituzionali del Senato di escludere la tutela della salute dalle materie su cui le Regioni possono richiedere maggiori autonomie per evitare di assestare il colpo di grazia al SSN: «Oggi serve innanzitutto una visione sul modello di sanità che vogliamo lasciare in eredità alle future generazioni e questo a prescindere da ideologie partitiche e avvicendamenti di governi».
A mio parere è necessaria una presa di coscienza collettiva da parte della popolazione sulla questione sanitaria. Consapevolezza verso ciò a cui stiamo andando incontro. Tutto quel che ruota attorno al mondo sanitario non può muovere il nostro interesse soltanto quando la malattia ci tange, personalmente. Dovremmo praticare empatia verso chi è nella condizione di non potersi permettere di velocizzare le cure. Verso chi rinuncia alle cure perché indigente.
Quella persona che camminava al mio fianco, ieri, si sentiva un condannato a morte. I problemi, nella quotidianità degli individui, sono già molti e capisco sia dunque difficile pensare a una crisi in più. Mettersi in discussione. Ma quella della perdita del SNN così come lo conosciamo è una problematica che sta già avvenendo e divenendo inesorabile. Lo ripeto spesso in questa rubrica. Ma se non ci mettiamo nell’ottica di scendere in piazza, tutti quanti, e di batterci per l’equità sanitaria ci troveremo a vivere dentro a una società già sconfitta in partenza.
Se la politica è sorda, di fronte alle nostre numerose richieste, noi cittadini non possiamo permetterci di diventare miopi.