Nella tragedia in mare di Cutro, quella dei migranti di serie b non provenienti dalla martoriata Ucraina ma da altri scenari non solo di guerra e costata la vita a donne, uomini e bambini in un contesto vergognoso di affermazioni di (ir)responsabili, è emersa una testimonianza davvero unica di partecipazione al dolore da parte della cittadinanza calabrese.
Un esempio è il pescatore Vincenzo Luciano che, senza interruzione alcuna, ha recuperato i corpi privi di vita: «Sono tre giorni che non mangio, non dormo. A un certo punto, ho visto un bambino, aveva 2-3 anni, mi sono infilato in acqua vestito perché pensavo che era vivo. Quando l’ho tirato fuori aveva ancora gli occhi aperti. Ho detto “Io questo lo salvo”, ma quando sono uscito fuori ho visto che aveva la schiuma che gli usciva dalla bocca, e allora gli ho chiuso gli occhi. È quella la rabbia mia, che non sono riuscito a salvarne neanche uno». Non si dà pace il pescatore di Cutro mentre a Roma, nei palazzi delle istituzioni, si fa a gara a difendersi, a scaricare le responsabilità, a dare lezioni di comportamento sulla disperazione, a difendere il proprio operato mettendo da parte rosari e madonne da esibire magari in altre occasioni.
«Non so che Vangelo legga Salvini. Il mio è diverso; siamo capaci di costruire missili per colpire un bersaglio nel millimetro e non siamo capaci di vedere una rotta e di trovare navi che superino mare forza 7». «Il Viminale mi denuncia? Non ho moglie, non lascio nessuno, posso andare in galera» così il parroco di Botricello, piccolo Comune di poco più di cinquemila anime della provincia di Catanzaro, don Rosario Morrone davanti ai primi cadaveri recuperati e sistemati sulla spiaggia di Cutro.
Nel mentre, il Ministro e Vicepresidente del Consiglio dispensa dichiarazioni a tutela della guardia costiera, che dipende dal suo dicastero, e il Vicepresidente della Camera Fabio Rampelli (FdI) è impegnato a difendere il suo collega di governo responsabile del Viminale. Folgorato da un’idea davvero geniale, lancia poi una proposta che potrebbe evitare le partenze: «L’appello del Ministro Piantedosi sembra un appello astratto, ma immaginate che forza d’urto potrebbe avere, visto che nelle nazioni da cui provengono gli immigrati ci sono le parabole e i telefoni e quindi potremmo raggiungere tutte le popolazioni in difficoltà e fargli presente che quei viaggi non sono come vengono dipinti dai trafficanti di uomini che fanno pagare anche settemila euro di viaggi molto rischiosi».
C’è da ammettere che la Presidente del Consiglio, oltre a trincerarsi sempre e comunque dietro le responsabilità dell’Europa – seppur parzialmente a ragione –, sarà costretta a inventarsi dichiarazioni appropriate nel caso del tutto improbabile le ponessero domande specifiche e imbarazzanti sull’opportunità di dimissioni da parte ormai di buona parte di ministri e parlamentari della compagine di governo che obiettivamente cominciano a essere un po’ troppo. Vale la pena ricordare agli eterni smemorati che, in occasione del naufragio nel canale di Sicilia del 18 aprile del 2015 che costò la vita a centinaia di disperati, quando era ancora la Giorgia donna, madre e cristiana si affrettò a dichiarare: «Il governo sia indagato per strage colposa».
Fortunatamente, non sempre vale il detto che gli abitanti di questo Paese rispecchiano la classe politica che si meritano. I tanti Vincenzo Luciano, i don Rosario Morrone e i numerosi cittadini calabresi spettatori di tanto orrore che hanno teso le loro mani per recuperare vite e speranze spezzate fanno ancora credere in un’umanità più umana, lontana da ogni forma di disuguaglianza, dove non ci siano discriminazioni sul chi accogliere e chi respingere, magari attivando un call center per avvertire i disperati a rinunciare al viaggio come sapientemente consigliato dal Vicepresidente della Camera Rampelli.
L’alibi dell’Europa che se ne lava le mani è tempo che si traduca in fatti e accordi da raggiungere a ogni costo, ma i decreti sicurezza dell’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini, con l’avallo dell’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e le politiche dell’attuale responsabile del Viminale volte a ostacolare i soccorsi in mare rendendoli sempre più complicati richiamano precise responsabilità e volontà di questo e dei precedenti governi in materia di immigrazione.
I corridoi umanitari possono evitare le tragedie. Esempio concreto è il progetto pilota realizzato dalla Comunità di Sant’Egidio con la federazione delle Chiese Evangeliche, la Tavola valdese e la Caritas – totalmente autofinanziato – che concede, a persone in condizioni di vulnerabilità vittime di persecuzioni, torture e violenze, famiglie con bambini, anziani, malati, persone con disabilità, un ingresso legale sul territorio italiano con visto umanitario e la possibilità di presentare successivamente domanda di asilo.
Arrivati in Italia, i profughi sono accolti a spese delle nostre associazioni in strutture o case. Insegniamo loro l’italiano, iscriviamo a scuola i loro bambini, per favorire l’integrazione nel nostro paese e aiutarli a cercare un lavoro. Da febbraio 2016 a oggi sono già arrivate 5.849 persone – siriani in fuga dalla guerra e rifugiati dal Corno d’Africa e dalla Grecia.
Un’azione concreta di accoglienza e vicinanza a popolazioni travolte da guerre e ogni forma di violenza e povertà contro politiche scellerate e disumane dei vari Minniti, Salvini e Piantedosi.
La tragedia di Cutro non sarà purtroppo l’ultima. Altri decreti limiteranno i soccorsi in mare, l’alibi della sordità dell’Europa continuerà a fare da scudo alla disumanità e alla mancanza di volontà politica di affrontare il problema, mentre il nostro Mediterraneo inghiottirà ancora vite, speranze negate dagli egoismi non solo del potere ma anche da quanti, spettatori e complici dell’orrore, tengono in vita una classe dirigente inadeguata, incapace e crudele.