Siamo stati tutti, o quasi, travolti dalla drammaticità del naufragio di Cutro, disgrazia accompagnata da esternazioni vergognose come quelle del Ministro dell’Interno Piantedosi che vanno a ledere la dignità umana. Il bilancio delle vittime si aggrava di ora in ora e il corpo senza vita di un uomo tra i 30 e i 40 anni è il 68esimo che viene recuperato. Si stimano tra i 27 e i 47 i migranti ancora dispersi. L’inferno, per questi esseri umani, non finisce dopo una traversata potenzialmente fatale ma, spesso, continua proprio sulla terraferma.
Le implicazioni sanitarie delle migrazioni sono considerevoli. I flussi migratori interessano infatti una moltitudine di popolazioni e di categorie, ognuna con determinanti di salute, bisogni e livelli di vulnerabilità differenti. Una delle sfide della sanità pubblica, sfida che al momento stiamo perdendo, è proprio quella di riuscire a garantire accesso ai servizi e percorsi di tutela per tutte quelle persone che per diversi motivi si trovano in condizioni di fragilità sociale.
Le tematiche di salute associate alla migrazione sono dunque questioni cruciali per l’agenda internazionale dei governi e della società civile. Il termine migrazione definisce un processo di spostamento a livello di popolazione indipendentemente dalla distanza, dalle cause o dalla composizione e include migrazione di rifugiati, persone espatriate chi si sposta per motivi economici.
Vi sono i migranti regolari, cioè coloro che seguono canali legali di ingresso e permanenza e tra essi rientrano: il rifugiato, ovvero una persona che temendo a ragione di essere perseguitata per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o politico si trova al di fuori del Paese di cui è cittadino; il richiedente asilo, che è una persona che richiede a un Paese lo status di rifugiato ed è in attesa della decisione in merito alla domanda presentata.
Vi sono poi i migranti irregolari, coloro che non hanno uno status legale nel Paese che li ospita o in cui sono di passaggio. In particolare, in Italia si distinguono gli stranieri “irregolari” dai “clandestini”. I primi hanno perduto i requisiti necessari per la permanenza sul territorio nazionale (permesso di soggiorno scaduto) di cui erano in possesso all’ingresso nel Paese. I secondi sono entrati in Italia senza regolare visto.
L’articolo 32 della Costituzione vede la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. Non la vincola, pertanto, alla cittadinanza italiana o allo status regolare irregolare di residenza. Qualsiasi cittadino straniero può usufruire dei servizi sanitari pubblici a prescindere dalla sua situazione amministrativo-giudiziaria. Come cittadini italiani gli immigrati regolari hanno accesso ai servizi forniti dal SSN qualunque sia la loro condizione economica. Gli irregolari possono recarsi a centri di assistenza medica speciali del SSN a condizione che vengano identificati come stranieri temporaneamente presenti.
Secondo la legge italiana, gli stranieri privi di documenti di identità hanno facoltà di accedere ai servizi sanitari senza temere di essere denunciati alle autorità. Con la certificazione di nome, data di nascita e nazionalità gli immigrati ricevono un numero di identificazione e un codice fiscale grazie ai quali dispongono di assistenza medica di base, un ricovero e trattamento ambulatoriale. Le numerose crisi umanitarie, la persistenza di condizioni di guerra e della violenza sistematica dei diritti umani in molti Paesi costringono le persone a fuggire intraprendendo viaggi pericolosi.
Le evidenze scientifiche degli ultimi anni hanno mostrato un aumentato rischio di disturbi mentali tra migranti forzati e richiedenti asilo. Oltre a eventi traumatici che i migranti possono aver subito prima e durante il loro percorso migratorio, alcuni presentano stress e sofferenza relativi alla condizione attuale, dovuta all’esilio in una terra sconosciuta.
Medici Senza Frontiere ha provato a intercettare i bisogni dei migranti con un’indagine qualitativa e quantitativa multicentrica. Tra i soggetti analizzati, il 60,5% ha avuto problematiche di salute mentale (disturbo da stress post traumatico, ansia o depressione) e l’87% ha dichiarato di soffrire per le difficoltà legate alle condizioni di vita nel Paese ospitante, l’Italia. È preoccupante notare come tra migranti vi sia l’abuso di pronto soccorso ospedalieri e dell’SPDC (servizio psichiatrico diagnosi e cura) e un accesso ai servizi territoriali solo su base emergenziale per disturbi psichiatrici acuti. Queste problematiche non più controllabili sono dovute a: mediazione culturale a intermittenza spesso assente; mancanza di risorse umane, finanziarie e di servizi di salute mentale culturalmente appropriati per trattare i richiedenti asilo; integrazione impossibile, in centri di accoglienza particolarmente isolati; somatizzazione dei traumi e difficoltà di vita post-migratorie.
Molti sono i fattori che condizionano il profilo di salute del migrante. Prima dell’arrivo nel Paese ospite i fattori comprendono l’esposizione a eventuali fattori di rischio ambientali, microbiologici, culturali. Dopo l’arrivo, diventano invece significative le condizioni di vita (economiche, ambientali) e l’accesso ai servizi socio-sanitari.
Molte patologie croniche (tra cui il diabete) colpiscono maggiormente i gruppi socialmente sfavoriti. Tra questi le persone immigrate rappresentano una fascia di popolazione particolarmente svantaggiata. Non sempre hanno accesso ai servizi nei tempi e modi previsti. Non tralasciamo inoltre la spossatezza fisica, lo stress acuto, la disidratazione e l’ipotermia.
Il migrante è spesso, erroneamente, associato al ritorno di malattie sconosciute o debellate e una storia che fa sempre presa sulla popolazione ma secondo OMS è un falso allarme. Vi è un rischio veramente basso riguardo l’importazione di agenti infettivi esotici rari e quando si verifica riguarda i viaggiatori regolari, turisti, operatori sanitari.
La prima causa di morte, per i migranti, sono ancora i viaggi in mare.