Nei Paesi liberi dall’influenza religiosa, il sesso inizia a smettere di essere un tabù. E mentre noi, guardando con superiorità le teocrazie dall’altra parte del mondo, continuiamo a vivere in un Paese in cui un po’ la Chiesa e un po’ la morale fanno più legge dello Stato, ci sono luoghi in cui vivere la sessualità in maniera libera permette di risolvere anche tanti di quei problemi che noi trattiamo – in modo fallimentare – con l’oppressione. È la Francia, questa volta, a darci una lezione riguardo la contraccezione gratuita e le potenzialità di una politica sociale che non solo migliora il benessere dei cittadini, ma trova una soluzione a questioni che riguardano anche noi.
In Francia è stato recentemente annunciato un provvedimento che vedrà la distribuzione gratuita di preservativi nelle farmacie per i giovani tra i 18 e i 25 anni. La norma, che sarà attuata nel 2023, è solo l’ultimo di una serie di provvedimenti pensati per rendere la contraccezione gratuita e semplice soprattutto per i giovani, persone che spesso non hanno grande autonomia economica. Prima di quest’ultima norma, la Francia aveva reso disponibile gratuitamente la contraccezione ormonale – la cosiddetta pillola – per tutte le ragazze minorenni per poi allargarla nel settembre 2021 anche alle donne tra i 18 e i 25 anni. Se a questi provvedimenti è seguito l’ultimo in arrivo, il motivo risiede nel fatto che non solo i diritti riproduttivi sono importanti, ma che la contraccezione gratuita serve e funziona.
Dal 2013, anno in cui la contraccezione fu resa gratuita per i giovani tra i 15 e i 18 anni, in Francia sono diminuiti gli aborti. Da allora, però, sono state circa un migliaio le giovanissime donne tra i 12 e i 14 anni che ogni anno si sono procurate gravidanze indesiderate e più del 75% di esse ha fatto ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza. Da quando, poi, la pillola è stata resa disponibile anche alle donne sotto i 15 anni, il numero di aborti è diminuito del 9,5 per mille.
Il fatto che ci sia un minore ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza significa non che una certa politica persuasiva abbia convinto le donne che non vogliono figli o non possono permetterseli a tenersi le proprie gravidanze indesiderate, né che rendere più inaccessibile l’aborto legale abbia avuto l’inverosimile effetto di diminuire effettivamente il ricorso a questa pratica. Significa che ci sono meno gravidanze indesiderate e che c’è più consapevolezza, che non c’è solo maggiore accesso ai mezzi, ma migliore e più incisivo accesso all’informazione, all’educazione sessuale, fin troppo spesso negata non per ignoranza quanto per pudore, tabù o codice morale.
L’educazione sessuale e sentimentale dimostra ogni giorno di avere solo risvolti positivi. Permette una riduzione della povertà per le famiglie in cui le gravidanze indesiderate non vengono interrotte, ma che non riescono a sostenere economicamente o socialmente la prole. Permette di risollevare le donne dal ruolo marginale che è riservato loro all’interno della società, non impedendone più la realizzazione – professionale o in altri ambiti della vita – perché incastrate in un ruolo materno nel momento sbagliato. Permette, e questo tema è così caro alle nostre destre che non è chiaro il perché non riesca a convincere anche loro, di diminuire sensibilmente il numero di interruzioni volontarie di gravidanze – ricordiamo che vietarle o limitare l’accesso all’aborto legale e sicuro, invece, non fa scendere i numeri, ma solo salire quello di aborti clandestini e decessi. E, infine, permette di accedere a un tasso di felicità e soddisfazione personale più alto per tutti, uomini e donne, che consapevoli e prudenti hanno finalmente la possibilità di essere artefici del proprio destino.
A cosa serve, invece, trattare la materia sessuale con austerità e professare che la miglior contraccezione sia l’astinenza? Solo a creare maggiore malessere. E dove sta l’Italia, ovviamente, non dobbiamo neanche chiedercelo. In Italia è possibile accedere alla contraccezione gratuita solo nei consultori. A quei luoghi sempre senza fondi e spesso occupati – per gentile concessione della politica giusta – da associazioni pro vita, è riservato l’importante compito di prendersi cura della salute riproduttiva di chi non può permettersi di farlo da solo.
I consultori sono, teoricamente, gli strumenti di cui lo Stato si serve per garantire ai cittadini i mezzi per una procreazione responsabile. È proprio la legislazione a stabilirlo, con la Legge 405 del 1975 che introduce i consultori come strutture responsabili di fornire gli strumenti per evitare gravidanze indesiderate, specificando che a essi è riservato il compito della prescrizione gratuita di prodotti utili anche alla contraccezione. Eppure, tra mancanza di fondi e legge morale, difficilmente tutte le persone che si trovano sul territorio nazionale hanno accesso a luoghi che rispettano effettivamente queste norme.
Fuori di qui, fuori dal Paese teoricamente laico ma praticamente governato dalla morale, in cui non esistono programmi di educazione sessuale obbligatori nelle scuole, non si parla di sessualità ad alta voce, non c’è educazione nelle famiglie e la paura del giudizio pare l’unica – inefficace – forma di contraccezione, fuori di qui il mondo funziona meglio. Fuori di qui, qui dove è meglio rendere inaccessibile l’aborto invece che renderlo non più necessario con le giuste politiche, le persone sono più felici. E fuori di qui, qui dove il sesso è espressione del male e non un normale aspetto della vita di tutti, i cittadini sono più liberi, sono in grado di decidere per i propri corpi e per le proprie vite. Sono in grado di viverle, le proprie esistenze, come vogliono, perché non ci sono regole non scritte che ne impediscono la realizzazione. Ma invece di imparare dai traguardi altrui, noi restiamo inchiodati alle nostre disfunzionali convinzioni.