Poema del mare e dei sassi e versi cantabrici, edito da Lepisma Floema, è un lavoro poetico dedicato interamente al mare e ai popoli del mare, nel Mediterraneo ma non solo, in particolare alle migrazioni che dal Sud Italia interessarono le Americhe e le Americhe del Sud, dunque un retaggio storico e culturale enorme, in un’epoca in cui le tragedie del mare significano la morte di persone innocenti, di bambini, di donne, di uomini, disperatamente alla ricerca della salvezza.
Spesso si dimentica che sono culture storiche e antichissime, intere generazioni di popoli, etnie, di dispersi. Io appartengo a una famiglia che ha avuto nella dispersione etnica una vicenda simile. Per parte materna di tradizione sephardita, di popolazioni di “marrani”, gli Avinu, costretti a lasciare la Spagna e il Portogallo per il decreto dell’Alhambra, noto anche come editto o decreto di Granada, un documento emanato il 31 marzo 1492 dai re cattolici di Spagna Isabella di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona che espulsero popolazioni che vivevano in pace tra loro: ebrei, cristiani e musulmani, popolazioni che svilupparono linguaggi, culture ed elementi di una religione commista come la Cabala e la mistica in particolare, e il judezmo, un misto di castigliano, arabo ed ebraico.
A questa tradizione ispanica si riferisce ad esempio García Lorca nel canto jondo e Manuel de Falla con le sue gitane. Per non parlare del grande compositore contemporaneo, anche lui di tradizioni ispanico-sephardite, Avishai Cohen, una “creolizzazione” delle esperienze realizzate in un interscambio che dovrebbe ispirarci anche oggi, e del leggendario ispanico-americano, delle città e delle pampas sudamericane. Dunque una complessità sonora e fonematica enorme che trova nell’esperienza ispanica napoletana un contrappeso originale e fantastico.
Basti pensare alla tradizione andalusa e gitana napoletana importata dagli spagnoli, al grosso contributo artistico di un grande della pittura seicentesca e oltre come Jusepe de Ribera, all’urbanità spagnola di Napoli. A questa tradizione, a questi canti e a queste culture ho dato voce come mio retaggio, come retaggio dei miei avi, dei napoletani e dei meridionali, cui le Americhe costarono spesso lacrime e sangue.
Il 10 dicembre, alle ore 11 a Napoli, alla libreria IoCiSto del Vomero, ci sarà il primo incontro di questa passione sonora che è il canto napoletano-ispanico della nostra bellissima città, partenopea e città del mondo. Proseguirà a WeSpace, a Vico vasto a Chiaja, il 22 dicembre con una introduzione di Costanzo Ioni e l’intervento di una voce straordinaria come quella di Monica Marra, in una scenografia curata dall’esposizione di un giovane talento pittorico, Alessio Tanda, e da una mia recitazione performata del poema stesso. Poi ancora, per festeggiare anche il recente Premio del Presidente del concorso letterario Una cartolina da Matera attribuitomi, il 29 dicembre al Jazz Club di Davide Carnevale, associazione Leaf in via Compiglione 4 a Pozzuoli, con Il sentiero dell’Anaconda, un gruppo unico che fa musiche originali ispaniche, ispanico-americane e sephardite, una novità assoluta nel quadro della musica etnica e napoletana, un’altra serata di festa, arte e musica.
E poi altre tappe ancora che stabiliremo con l’anno nuovo. Un poema al mare, alle montagne, ai luoghi a noi più cari, a uno scenario che non ha confini ma che unisce da sempre i popoli, recitato e cantato. Un recital per dirla con un grande che ricompone memoria, storia ed epica.
Contributo a cura di Vincenzo Crosio