Levitico 15 [19-20]
Se una donna ha un flusso nel suo corpo, e questo è un flusso di sangue, la sua impurità durerà sette giorni; chiunque la tocca sarà impuro fino alla sera.
Che legame c’è tra le vesti della Madonna e le pubblicità degli assorbenti? E tra le arcaiche divinità femminili, le streghe lucane e i Tampax? Facciamo un passo indietro, e troviamo il comune denominatore: il sangue mestruale. Parlo di ciò che le tue zie e nonne chiamano marchese, menarca, regole, il barone (o il mar) rosso, e che tu (se hai delle ovaie funzionanti) probabilmente avrai chiamato le mie cose. Tendiamo a utilizzare miriadi di eufemismi per definire questa funzione fisiologica, quasi sempre per evitarne l’imbarazzo.
Sì, perché le mestruazioni sono veramente imbarazzanti. Se un assorbente – ben sigillato, si intende – vi è scappato fuori dallo zaino o dalla borsa di fronte a un nutrito gruppo di persone, saprete bene cosa intendo. È sangue sporco, che viene fuori dalla vagina, e quindi meglio non farci proprio riferimento. Addirittura nelle pubblicità si fanno vedere petali di rosa, piume e rassicuranti liquidi azzurrini, tutto pur di evitare una macchia rosso scuro. I pochi brand che fanno eccezione vengono tartassati quotidianamente da commenti indignati (quasi sempre di donne).
Eppure ci siamo abituati a sparatorie, mutilazioni e fiotti di sangue che sgorgano da giugulari recise: perché quando le ferite sono invisibili c’è tutto questo clamore? Quello mestruale è l’unico sangue che può essere versato senza violenza, non dovrebbe suscitare meno sdegno di un film di Tarantino? Invece, viene percepito come un rosso in negativo, annebbiato da toni lunari, cupi e torbidi. Quasi demoniaco ed esoterico, il sangue mestruale è ancora oggi considerato impuro. Ma perché, ci si facevano i riti satanici?
Al contrario: un tempo il sangue mestruale era considerato sacro e divino. Le società tribali della Grecia pre-arcaica, quelle primitive dell’India, del Nord America e dell’Africa, le culture mediterranee e le filosofie dell’antico Medio Oriente erano permeate da una rossa supremazia del mestruo. Si trattava di società imperniate sulla figura della dea: ad aver creato il mondo non era un dio padre, maschio e razionale, ma una femmina. Il che è anche abbastanza intuitivo: il corpo femminile è l’unico ad avere la possibilità di creare nuova vita.
I simboli della sessualità femminile erano quindi venerati e adorati e, tra tutti, anche il sangue mestruale. Racchiudeva in sé l’impronta della fecondità e, quando cessava di apparire, significava che la donna non poteva più partorire. Tutte le antiche dee erano ammantate di abiti vermigli e le statuine sacre – tra cui la Venere di Willendorf – erano sempre pitturate di rosso fuoco. Addirittura, i nativi americani festeggiavano le prime mestruazioni dipingendo i corpi delle nuove donne di rosso, o adornandole di piume scarlatte: altro che nascondere gli assorbenti in borsa.
Nei secoli successivi, il sangue mestruale resta sì qualcosa di prodigioso – le sacerdotesse offrivano ad Artemide panni intrisi di sangue e ne cospargevano la terra per invocare Demetra – ma anche temibile. Nella sua Naturalis historia, Plinio il Vecchio scriveva che non è facile trovare qualcosa di più prodigioso del flusso mestruale delle donne. All’arrivo di una donna mestruata il mosto inacidisce, toccate da lei le messi isteriliscono, muoiono gli innesti, bruciano le piante dei giardini […].
Addirittura, dove lei si siede i frutti cadono dagli alberi, al solo suo sguardo si appanna la lucentezza degli specchi, si ottunde il ferro, si oscura la luce dell’avorio, muoiono le api degli alveari, arrugginiscono istantaneamente il bronzo e il ferro e il bronzo emana un odore terribile; bevendo il liquido mestruale, i cani vengono presi dalla rabbia e il loro morso è affetto da un veleno insanabile. Il sangue mestruale veniva immaginato come una potenza distruttiva, in grado di sovvertire ogni legge naturale.
Allo stesso tempo, il sangue aveva anche un potere curativo: secondo il naturalista, pezzi di stoffa impregnati di sangue sarebbero stati in grado di curare la gotta e la rabbia. Due facce della stessa medaglia, la cura e la distruzione.
Aristotele credeva perfino che le donne mestruate non potessero specchiarsi, come dei vampiri: nel caso degli specchi particolarmente lustri, infatti, quando le donne al tempo delle mestruazioni guardano nello specchio, sulla superficie dello specchio stesso si genera come una nuvola sanguigna. Un alone spettrale e scarlatto, di cui gli uomini avevano timore.
Sì, perché se in ogni cultura il sangue mestruale è misterioso e magico, la sua esaltazione o condanna dipende solo dalla paura. Se la donna era vista come potenza benefica e generatrice, allora il mestruo era il succo della vita. Al contrario, se la femmina era peccatrice e maliarda, il sangue mestruale faceva paura, e doveva essere esorcizzato con l’esilio e la repressione. Nelle culture primitive induiste, si praticava il chhaupadi: la reclusione delle donne mestruate in capanne fredde e isolate, senza cibo né acqua. Ancora oggi questa pratica è radicata nelle comunità rurali e miete le sue vittime.
Corano [Sura II – 222]
Esso [il ciclo mestruale] è una sofferenza. Evitate dunque [di giacere con] le vostre donne, durante il ciclo mestruale e aspettate che si purifichino prima di giacere con loro.
Tutti e tre i monoteismi – ebraismo, cristianesimo e islam – considerano il sangue mestruale impuro. Eppure, tutti e tre i monoteismi sono accomunati dalla stessa figura di donna, assolutamente centrale: la Vergine Maria. Come coesiste una donna sacra e divina con la paura della sessualità femminile e la sua repressione? Semplice, questa figura è stata completamente ripulita dal peccato sessuale. Al contrario delle antiche dee, la Madonna è un sogno patriarcale di purezza, madre e vergine allo stesso tempo.
Sulla questione mestruo, ci sono state perfino le smentite ufficiali. Tommaso d’Acquino negò espressamente che la Vergine Maria potesse aver avuto le mestruazioni, e gli altri esegeti non furono da meno. Si cercò di recidere ogni legame con le dee arcaiche, ma il paganesimo è duro a morire: inconsciamente, per tutto il Rinascimento, la Madonna fu ritratta con abiti fiammanti. Di colpo, le autorità ecclesiastiche si accorsero della svista e misero ancora più in chiaro la separazione dichiarando l’azzurro e il bianco come i colori del divino femminile.
È buffo notare come una spruzzata d’azzurro sia in grado di nobilitare ogni sporca macchia rossa: è lo stesso stratagemma delle pubblicità degli assorbenti. Un colore freddo, celestiale e cristallino per eliminare ogni rimasuglio del peccato vermiglio, dalle vesti della Vergine ai Lines seta ultra.
Sangue delle mie vene, pozza venè nelle tue vene, non te pozza dimenticare màie de mène.
Con questa invocazione, le donne lucane versavano tre gocce di sangue mestruale dentro a un calice di vino. Lo offrivano poi agli uomini che desideravano, sperando di incantarli e legarli a sé. Mentre le grandi religioni facevano il loro corso, la cultura contadina continuava a nutrirsi di superstizioni e antichi rituali pagani. Streghe, guaritrici e masciàre hanno sempre attribuito una forte valenza magica al sangue mestruale: secondo la magia popolare, bastavano poche gocce nascoste nel caffè (o più anticamente nel vino, infusi, liquori e focacce) per ammaliare gli uomini e vincolarli per sempre.
Le autorità ecclesiastiche però non restavano a guardare: sono tantissime le streghe processate per incantesimi con il sangue mestruale, oppure (per restare in tema) poiché i sintomi dell’endometriosi venivano scambiati per possessioni demoniache.
Abbiamo diretta testimonianza di questi legami di sangue in un verbale del 1679, in cui la masciàra Grazia Gallero confessa: Ho fatto il sangue che purgano le donne incantate, e serve, acciò un huomo volesse bene all’istessa donna da chi ha da essere il sangue per farli l’incanto […] mi faccio dare dall’istessa donna, che desidera l’huomo tre stizze del sangue proprio delle purghe dentro un vaso, e sopra del sangue dico trè volte “Diavolo vogli bene, verbigratia, à Pietro” e questo sangue nell’istesso tempo che dico dette parole, chiamando il demonio, lo stò mischiando col vino, portato dall’istessa donna, per darlo poi à bevere à chi vuol bene.
Ma l’usanza che gli inquisitori ritenevano particolarmente aberrante e blasfema era quella di impartire al mestruo il sacramento del battesimo.
Il rito cominciava con il raccogliere del sangue mestruale e farlo essiccare con il fuoco o al sole. Poi, il sangue andava infilato in un pezzo di carta e cosparso di sale e di acqua santa, procurata da un “putto vergine”. A quel punto, la màsciara si faceva il segno della croce ed eseguiva la liturgia battesimale, dando un nome al mestruo. Infine, in un cilindro di stoffa, il sangue doveva essere portato a messa per tre mattine consecutive. Da quel momento era sacro e poteva essere somministrato all’uomo.
«Tu mangerai e non saprai che, quando Giuda vende Christo, non possi tu far se non quello che vorrò». Una frase inquietante per la controparte maschile, non più in controllo del proprio raziocinio e della propria volontà. Il sangue mestruale racchiude in sé la dicotomia sacro-profano: venerato e demonizzato, sospeso tra riti pagani e battesimi, ha sempre però conservato un’accezione sovrannaturale e potente.
Forse all’inizio ho mentito, un po’ di riti satanici c’erano davvero. Ma i rituali magici, come scriveva De Martino, vanno sempre considerati in relazione al contesto in cui si sviluppano e manifestano. Gli esseri umani si rifugiano nel folklore magico quando si sentono minacciati, disorientati, e vivono una condizione sociale ed esistenziale di disagio. La magia diventa un modo di riprendere il controllo, proteggersi e dare un senso alla realtà.
Le donne erano state emarginate. Non potevano accedere alle stanze del potere, agli studi naturalistici, né a qualsiasi ruolo che avesse un peso sociale. Erano sole, chiuse tra le quattro mura domestiche, unico luogo che potevano considerare proprio. Dipendevano completamente dagli uomini e dai loro capricci, e le loro stesse religioni le bollavano come vipere tentatrici. E, allora, così sia: meglio calarsi nel ruolo.
Il sangue mestruale, demonizzato e condannato, diventa centrale per riaffermare il proprio controllo sugli uomini. Somministrargli il tanto temuto menarca, di nascosto, li avrebbe resi schiavi del loro desiderio e quindi manipolabili. Un modo, del tutto illusorio, di riprendere il controllo del proprio destino, uscire dallo stato di vittime inerti e tornare a essere venerate, amate, rispettate. Tutto ciò che viene soppresso trova sempre una valvola di sfogo, e spesso diventa più violento e rabbioso di prima.