Adeu (Giulio Perrone Editore) è il romanzo d’esordio di Ignazio Caruso. La Sardegna al centro del testo – qui chiamata República di Cadossene – abbraccia una leggenda popolare legata a pratiche sacrificali. La vicenda, infatti, ruota attorno all’adeu, il momento in cui i figli sono costretti a uccidere i propri genitori. Immediato è il richiamo alla storia di Zeus e Crono, mitologia che del resto viene citata nel romanzo.
Eloi e Nevio Barra sono i protagonisti di un destino che sembra inevitabile. Diventare adulti comporta soltanto una cosa: essere figli è un diritto, essere liberi è un dovere. Crescere e abbracciare la maggiore età, arrivare a un punto di non ritorno, la consapevolezza di non poter cambiare le cose. Tutto questo ad Algàr (Alghero) diventa tangibile nel momento in cui una lettera del Ministeri Demogràfic fa capolino nella propria casella postale.
Eloi potrebbe anche non aprire quella lettera, perché tutti, tutti quanti, sanno cosa voglia dire riceverne una: la procedura di adeu è stata avviata, ormai il padre Nevio non è più “utile” alla società, ora deve morire. A compiere il gesto estremo, però, deve essere proprio il figlio Eloi che, intraprendendo un viaggio con Nevio fino al Monte, dovrà scalarlo e porre fine alla vita del genitore utilizzando il randel, il bastone affidatogli per portare a termine la cerimonia.
Il romanzo tramanda una storia popolare che racchiude in sé diversi riti di passaggio, primo tra tutti la separazione dal proprio genitore. Non si tratta, però, soltanto di un’esperienza di vita legata alla perdita di una persona cara, ma anche a questioni generazionali che diventano critica sociale. Molti giovani, oggi, non riescono a trovare lavoro oppure ad affermarsi perché non c’è un vero e proprio passaggio di consegne, costretti come sono a subire il mancato riconoscimento della loro età adulta. Caruso, quindi, immagina questa República che sovverte lo status quo: nel momento in cui i “vecchi” non servono più vengono, sostituiti dai più giovani e in maniera violenta attraverso un rituale crudo e ben preciso.
Adeu allo stesso tempo vuole essere un mezzo attraverso il quale Eloi possa compiersi, come persona, come adulto. Il protagonista vive di abitudini: laureato, con un lavoro nuovo e una fidanzata. Vorrebbe che tutto restasse sempre uguale, poiché il cambiamento potrebbe spiazzarlo completamente. È, dunque, proprio la lettera giunta a casa che inizia a rompere tutti gli equilibri di Eloi, a sfumare le sue abitudini, a spingere alla riflessione e ad avvicinarsi maggiormente al padre che, dopo la morte della moglie quando Eloi era ancora piccolo, si è sempre preso cura del figlio. Nevio e la sua pastalsugo, la sua pazienza, le sue attenzioni e il grande affetto spesso mai espresso, ma urlato nei lunghi silenzi intercorsi tra loro.
La narrazione scorre veloce, alternata tra momenti presenti e passati, e scandisce i giorni che restano con dialoghi mai banali, con riflessioni profonde che raggiungono, inevitabilmente, anche il lettore. Ci sono spesso citazioni che affondano le radici in una lingua che prende un po’ di sardo, ma anche di francese e spagnolo. Il romanzo, narrato soprattutto in terza persona, sottolinea quanto il tempo e gli dei siano incisivi nella storia. Perché nulla è possibile contro il trascorrere delle lancette e gli dei non fanno altro che mostrare indifferenza. Perché è solo uno dei tanti sciocchi miseri esseri umani, una goccia di troppo nell’oceano di sofferenza dell’universo.
Nella lettura del romanzo diventa sempre più chiaro un concetto semplice, eppure incredibilmente vero: i pensieri e i sentimenti legati a ieri spingono l’animo umano a vivere di memorie che quasi diventano una morsa, impedendo di volgere lo sguardo a domani. Morsa che diventa sempre più stretta con il trascorrere del tempo. Così, quando arriva quel momento in cui sono più i ricordi passati che le prospettive future, il proprio viaggio è giunto al termine. Una consapevolezza, questa, che Nevio fa sua e che cerca di condividere, senza stancarsi mai, con Eloi.
A volte uno ha solo bisogno di scomparire nella nebbia, per ritrovarsi.