Era il 1987 quando il nostro Paese decise, di fatto, per lo smantellamento degli impianti nucleari in essere sul suolo italiano. Chiamati alle urne per una consultazione popolare sugli interventi dello Stato in merito alla costruzione e al finanziamento delle centrali, gli elettori appoggiarono in gran numero la proposta abrogativa del Partito Radicale.
Più tardi, nel 2011, nell’ambito del referendum per l’acqua pubblica, uno dei quattro quesiti proposti chiedeva di non escludere la produzione di energia elettrica nucleare. Il risultato, anche in quell’occasione, fu schiacciante (94%) a dire di no, il nucleare non lo vogliamo.
Eppure, nonostante la chiara e netta espressione popolare, la campagna elettorale che porterà al voto del prossimo 25 settembre torna a mettere le centrali nucleari al centro del dibattito politico. In particolar modo, i leader di centrodestra (Meloni, Salvini, Berlusconi) e Carlo Calenda spingono per la costruzione di – almeno – sette nuovi impianti.
Che delle tornate referendarie la politica abbia ampiamente dimostrato di fregarsene, lo ha reso noto proprio il quesito del 12 e 13 giugno 2011, quando con un plebiscito di oltre il 95% il popolo italiano chiese di rendere pubblici i servizi idrici del Paese mentre, a conti fatti, a oggi solo il 50% dei Comuni gestisce l’acqua autonomamente. Il dibattito sulle centrali nucleari, però, tocca un tema ancora più delicato.
A causa della straordinaria densità demografica e della natura sismica del nostro Paese, sarebbe davvero così sicuro costruire nuovi impianti a ridosso delle città? I promotori di questa rinnovata chiamata all’energia nucleare converranno con noi che è proprio nella politica che risiede la sfiducia dell’elettorato in merito alle infrastrutture. Tra lungaggini, rinvii, infiltrazioni mafiose e una scarsissima attenzione in tema sicurezza e controllo, l’idea di veder sorgere siti ad alto rischio a pochi chilometri dalle proprie case tiene in allarme chiunque, da Nord a Sud.
A proposito: dove intendono costruire le nuove centrali nucleari Salvini e Calenda? Nessuno lo dice, nessuno propone una mappa dei lavori. Anzi, i partiti che parlano di un ritorno al nucleare fanno attenzione a dibattere del tema senza che il dove e con quali risorse si presentino come domande a cui dover dare risposta. E il motivo è ovvio: immaginate di veder sorgere un impianto nel perimetro della città in cui abitate, la vostra intenzione di voto sarebbe la stessa?
Lega e Azione sanno bene che il popolo ancora non vede di buon occhio l’energia nucleare, motivo per cui nascondono con attenzione gli aspetti più spinosi della vicenda. Una cartina pubblicata da SI-Verdi avrebbe svelato i piani dei due concorrenti di centrodestra e – manco a dirlo – i siti individuati per la realizzazione delle centrali nucleari insistono, perlopiù, al Centro-Sud. Oltre a questo, però, Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Carlo Calenda non spiegano dove troveranno le risorse per quello che sarebbe un investimento di diverse decine, se non centinaia di miliardi.
Un recente studio della Aarus University (Danimarca) – riportato anche da Left – dimostra che su 180 progetti di produzione elettrica tramite il nucleare, con un investimento iniziale di 460 miliardi di dollari, si sono avuti sforamenti per oltre 230 miliardi, e nove centrali nucleari su dieci hanno speso più di quanto preventivato.
Un altro fattore mette in luce quanto le forze politiche non prendano minimamente in considerazione il dramma relativo al riscaldamento globale, al contrario dei tanti programmi green di cui millantano per attrarre il voto delle generazioni più giovani. Oltre all’inquinamento generato dai lavori di costruzione, non si tiene in considerazione che un reattore da 1 Gw necessita di 1.800.000 litri di acqua al minuto per il proprio raffreddamento. Non si trattasse già di una cifra spropositata, la situazione verrà resa ancora più grave dalla siccità che sta soffrendo il nostro Paese a causa dei cambiamenti climatici, e questa estate – con la secca del Po e dei principali fiumi italiani – ne è stata la prova.
Se – come pare inevitabile – le prossime calde stagioni toccheranno picchi di calore, e dunque di relativa siccità, anche più alte di quelle fatte registrare nei mesi scorsi, come si pensa di mettere in sicurezza quelli che, altrimenti, rischierebbero di diventare delle vere e proprie bombe? Anche in questo caso, nessuno domanda, nessuno risponde.
La crisi dell’energia che stiamo vivendo, con i prezzi di luce e gas che si impenneranno fino a decuplicarsi, è ciò su cui questi venditori di fumo stanno facendo leva per guadagnarsi il benestare degli italiani. Quello che non raccontano, però, è il mancato impegno a soddisfare il fabbisogno elettrico del Paese con le rinnovabili, rinunciando il più possibile alle fonti fossili, la vera causa di questa drammatica situazione che sta mettendo in ginocchio famiglie e imprese.
A questo si aggiunge una complicità vergognosa tra Stato e compagnie energetiche. Nonostante il governo attuale veda in formazione praticamente tutte le forze politiche che chiederanno le nostre preferenze, nessuno ha ancora pensato di dover chiedere conto degli extra-profitti generati da ENI, una speculazione alimentata dalla guerra russa in Ucraina che ha portato ad aumenti inaccettabili e ingiustificati.
La compagnia ha conseguito un utile di 9 miliardi di euro nel solo 2022, speculando sul prezzo del gas. Come l’articolo di Left a cui facevamo riferimento riporta, le società energetiche acquistano il gas con contratti pluriennali sottoscritti anni fa a prezzi fissati, 0,30 centesimi euro metro cubo mentre oggi vendono anche a 1,5 euro. È assurdo che nessuno intervenga tassando fino al 100% questo extra-profitti, restituendoli alle persone schiacciate dalla pressione delle bollette.
Anche sganciare il gas dal mercato elettrico aiuterebbe ad abbassare il prezzo, perché nessuno si adopera in questa direzione? Altro che corsa al nucleare per far fronte al problema, la guerra che si combatte sulle fonti energetiche dimostra che gli unici tiranni sono proprio i politici collusi con le compagnie.
L’Italia si è già espressa sulle centrali nucleari ed è bene che chiunque siederà a Palazzo Chigi ne terrà conto e cominci a fare il proprio dovere, o l’unica energia che non riusciranno più a contenere sarà quella popolare.