Lorna Mott torna a casa è la storia di un ritorno, che, però, non narra tanto dell’attraversamento fisico per arrivare alla meta, quanto piuttosto della maniera in cui riambientarsi in un posto che prima, vent’anni prima, Lorna chiamava casa.
Diane Johnson ha pubblicato la storia di Lorna durante questi ultimi anni (oggi ne ha 87); considerata da molti l’opera della sua maturità, la scrittrice statunitense è stata finalista per due volte al Premio Pulitzer e al National Book Award e ha scritto con Stanley Kubrick la sceneggiatura di Shining. La sua vita si muove tra Parigi e San Francisco, lo stesso tragitto che la protagonista di Lorna Mott torna a casa compie per arrivare nella sua amata California e scoprire che questo rincontro fosse più inaspettato di quanto potesse immaginare.
Una affascinante e divertente commedia di costume di oggi, scrivono sul The Wall Street Journal riguardo al romanzo, ed esso è proprio questo, un discorso sincero ed efficace sulle vicende di una grande famiglia allargata che ruota attorno alla figura della protagonista, una donna di mezza età che, quasi approfittando di un evento singolare nella sua drammaticità, come seguendo una strategia inconscia, prende l’impavida e immediata decisione di ricominciare tutto daccapo, o meglio, di riprendere proprio da lì dove il vento ha rovesciato tutto.
Lorna Mott lascia così, dalle primissime pagine del solido romanzo, un paesino nel sud-est della Francia dove si era trasferita molti anni prima, e vi lascia anche il suo secondo marito francese, Monsieur Armand-Loup Dumas (non avente alcuna parentela con il celebre scrittore), che è stato un rinomato curatore museale, bell’uomo da giovane ma un tombeur fatto e finito, un donnaiolo che riscuote ancora il suo successo. Lorna, la moglie americana, si allontana allora da lui, sotto gli occhi degli abitanti di Pont-les-Puits che, intanto, vanno alla ricerca dei resti dei propri antenati dopo l’incidente al cimitero.
Lasciandosi alle spalle questo scenario bizzarro ed europeo, Lorna compie un viaggio a tappe e arriva in un’America che le mostra senza filtri il suo nuovo skyline, diverso rispetto all’ultima volta, con le sue inedite rovine, la sua nuova miseria. Avvolta nel timore di non avere più le forze per ricominciare, nella paura di essere diventata trasparente (per quanto provi a mantenersi in forma una persona della sua età), Lorna teme l’invisibilità. Fa i conti con questi timori quando si scontra con l’imbarazzo, suo e altrui, nel momento in cui si rende conto che la sua professione di critica d’arte, di sostenitrice di pittori dimenticati o poco valorizzati, sta sprofondando nell’oblio dell’indifferenza; quando si accorge di voler riprendere le redini della sua professione in una maniera ormai vecchia per i tempi che corrono. Riuscirà ancora a farsi vedere, a farsi valere, in un mondo in cui tutto sembra fuori moda? Che succederebbe se tutto quello che riguardava il suo lavoro come conferenze o saggi fossero ormai superati? Se nessuno più avvalorasse la sua carriera e i contributi che ancora ha voglia di offrire al mondo dell’arte? Imbracciando così tutti i resti della sua persona tanto matura quanto fragile, soprattutto nell’autostima, la protagonista approda infine a “casa” dove la aspettano i suoi figli.
Durante il viaggio si chiede se sia meglio avvisarli già della separazione dal suo secondo marito, se una donna della sua età debba ancora dare spiegazioni ai figli, debba ancora sentirsi sbagliata nelle scelte che fa, eppure questo sarà presto un qualsiasi problema personale in mezzo a quelli familiari che, intanto, angustiano e distraggono i figli ormai da qualche tempo. Tornare fisicamente da loro non conserva perciò la stessa leggerezza con la quale Lorna li accoglieva nella sua residenza francese durante le vacanze estive, tornare assume perciò toni di inadeguatezza con la quale la protagonista si trova a dover far fronte ai piccoli drammi quotidiani dei suoi figli, adulti risolti ma schiacciati, tra le altre, da seccature finanziarie. In questa difficoltà chiederà aiuto a chi non avrebbe mai pensato di rivolgersi, a chi, anzi, pensava che si prodigasse poco per loro, e cioè al suo primo marito, il brillante Randall Mott, padre dei suoi figli, un medico alquanto distaccato che si è risposato con un’imprenditrice, dalla quale ha avuto anche una figlia.
Preso pure lui dal dover fronteggiare complicazioni matrimoniali e personali, parteciperà alle dinamiche domestiche di questo romanzo di satira e buongusto che si sviluppa attraverso una prosa pulita ed effervescente, nonostante la protagonista si muova con stanchezza e disorientamento nella sua vita all’indietro. Con punte di umorismo, la vicenda di Lorna vuole esaltare la storia di una donna che ha voglia di ricominciare con tutta se stessa, con tutti i suoi dubbi, nonostante quella sensazione di non avere radici.
A un tratto si sentì meno ottimista. Il senso di conforto si mescolava a quello della sconfitta, perché nessuno pensa di tornare indietro per ritrovarsi al punto di partenza, lì dove aveva cominciato quando era molto più giovane.
La stilosa copertina progettata da Francesco Sanesi avvolge le quattrocento pagine di questo disegno di costume che non può risultare più condiviso e contraddittorio. Uscito nel febbraio di quest’anno, con la traduzione di Chiara Manfrinato, Lorna Mott torna a casa arriva in Italia tramite Atlantide Edizioni ed entra con fervore a far parte della collana Blu Atlantide (16). Si tratta di un’opera che, nell’intreccio di vicende mondane, private e anche stravaganti, vuole far risaltare proprio il tempo, quello che passa sullo sfondo, malgrado tutto, che è lo stesso che ci fa capire, poi, di cosa abbiamo davvero bisogno. E dove vogliamo realmente stare.
Provava emozioni confuse, forse perché aveva l’impressione di non appartenere più a nessun posto. Allora dov’è casa quando si cambia se stessi? Quando, dopo una separazione, si scava intensamente a ritroso nel tentativo di ritrovare con il pensiero quegli anni trascorsi insieme all’altra persona e, allontanandosi da questa, si ha l’amara impressione di averli buttati via o persi per sempre, oppure di non averli mai avuti? Dov’è casa quando, d’un tratto, ci si sente perdutamente soli? Casa è quel posto come nessun altro, anche quando appare estraneo. Casa è quando si ha fiducia.