L’Europa è in guerra. Settantasette anni dopo il secondo conflitto mondiale, sul suolo del Vecchio Continente tornano a piovere bombe: a Est non è il sole a illuminare le prime ore del giorno, ma il fuoco di Putin e Mosca contro Kiev e l’Ucraina.
Nella notte di ieri, alle 5:51 locali (3:51 in Italia), è iniziato l’attacco su larga scala che il Presidente Vladimir Putin aveva promesso da tempo, da quando – nel 2014 – aveva riconosciuto le province della Crimea e del Donbas come indipendenti a seguito di un referendum non autorizzato da Kiev. I bombardamenti, partiti da Donetsk e dalla Repubblica di Luhansk, si sono estesi rapidamente anche alla capitale ucraina, gettando la popolazione e il mondo nel terribile incubo di un nuovo scontro planetario.
«Ho deciso di autorizzare un’operazione militare speciale» ha annunciato il leader del Cremlino in un discorso destinato a entrare nei libri di storia. «Proteggerò persone che da otto anni sono esposte a un genocidio da parte del regime di Kiev. È la denazificazione dell’Ucraina».
Putin torna, così, sulla rivendicazione della territorialità concessa successivamente alla Guerra Fredda, soffia sui carboni ardenti della nostalgia sovietica che mai hanno smesso di ardere in quelle aree dell’Est Europa che dall’indipendenza da Mosca non hanno, poi, guadagnato il benessere economico-finanziario che la caduta del Muro di Berlino, nel 1989, sembrava promettere loro.
Le cause di una soluzione tanto drastica e pericolosa, però, non sono quelle enunciate da Putin, semmai, nell’intenzione di voler difendere l’autonomia degli indipendentisti orientali, c’è il pretesto che il Presidente attendeva per minacciare la NATO e metterla in una posizione di scacco, mira che – in parte – ha anche rivelato nelle parole della scorsa notte: «Un ulteriore allargamento della NATO a est è inaccettabile. Un attacco diretto alla Russia porterebbe a conseguenze terribili per qualsiasi aggressore».
Vladimir Putin ha sempre guardato all’Ucraina come a un ponte verso l’Europa. Di fatto, il Cremlino non ha mai riconosciuto l’indipendenza di Kiev e quando, nel 2014, quest’ultima annunciava la propria disponibilità a congiungersi proprio alla NATO, il Presidente della Federazione Russa ha visto quel ponte invertire la sua direzione: dall’Europa mirava ora su Mosca.
Questa guerra è da leggersi tutt’altro che estemporanea, tutt’altro che ascrivibile all’iniziativa di un pazzo, esaurirne le cause nell’ego di Putin è una lettura superficiale e inutilmente faziosa. Spiegare nel dettaglio cosa ha portato alle bombe su Kiev è senza dubbio complesso, ma basta effettuare una ricerca sul noto portale Wikipedia per osservare come il volto dell’Europa, in relazione all’espansione della NATO, sia cambiato nel corso dei vent’anni successivi al termine della Guerra Fredda.
Dal 1990, quando Berlino Est cessò di appartenere alla URSS, la NATO ha posizionato le proprie armi ovunque attorno al territorio di Putin e Mosca, aprendo basi militari in Polonia, Estonia, Lituania, Romania, Bulgaria e Slovacchia. Di fatto, la Russia è stata circondata dai carri armati statunitensi, tenuta sotto stretto controllo dallo Zio Sam che ha adoperato una conquista di carattere coloniale del Vecchio Continente, cosa che – per un territorio in pace – è del tutto assurda, fuori luogo e inaccettabile. Non solo per Mosca.
Gli Stati che si colorano di verde – dal 1990 al 2009 – rappresentano l’espansione della NATO sul suolo europeo, la vera minaccia da cui la Russia, oggi, ha deciso di difendersi. La prova di forza di Putin non è, infatti, una guerra di stampo economico, ma una rivendicazione della propria storia.
Tutto quanto appena descritto – certo – non vuol essere una giustificazione di alcun tipo verso le azioni criminali del Cremlino, verso le quali il Patto Atlantico dovrà, ora, intervenire nella difesa dei confini e degli interessi ucraini. Tuttavia, anche questa ipotesi sembra di difficile realizzazione.
Il fatto che la Polonia e la Romania abbiano chiesto alla NATO l’attuazione dell’articolo 4 fa intendere, infatti, che gli alleati non muoveranno a difesa di Kiev se non nella maniera che già stanno adoperando, ossia attraverso sanzioni che, però, Mosca ignora e sa di poter ignorare. Almeno per ora. In che modo si intende, dunque, aiutare la gente ucraina? L’Europa unita è obbligata a offrire una risposta, a dimostrare quella compattezza che raramente ha saputo mettere in campo, se non a favore del libero mercato.
Cosa ne sarà dell’Europa e del mondo a partire da domani è impossibile da determinare, difficile anche da ipotizzare. La paura delle bombe, di un continente nuovamente strappato e affogato nel sangue di milioni di morti è solo la punta dell’iceberg di uno scontro cominciato da anni, anzi, di una Guerra Fredda mai terminata davvero, che continua, oggi, sul campo di battaglia della tecnologia, che si gioca sui dati sensibili.
Le immagini delle bombe di Putin su Kiev si mostrano come salto di oltre settant’anni lungo la linea del tempo, il riavvolgimento di un nastro che mai avremmo creduto di poter rivivere, una minaccia da cui – se conta qualcosa – l’unione dei popoli liberi deve saper difende l’Ucraina e tutti noi.