La situazione riguardante il Covid-19 sta sfuggendo di mano in carcere come fuori, e i dati sono ormai allarmanti. Stando alle ultime informazioni diffuse – con difficoltà e poca trasparenza – sono più di 1500 le persone detenute positive al Covid, lo stesso dicasi per il personale degli istituti di pena. Si è verificato in realtà ciò che paventavamo fin dall’inizio della pandemia e che era facilmente prevedibile: il sovraffollamento, le condizioni igienico-sanitarie precarie e la promiscuità degli spazi permettono al virus di diffondersi molto più velocemente che all’esterno, acuendo così l’essenza patogena del carcere e della pena.
Le blande misure di prevenzione del contagio introdotte quasi due anni fa hanno oramai esaurito i loro effetti e gli istituti hanno ripreso a riempirsi, raggiungendo le 54mila unità circa. Si tratta di numeri che superano di gran lunga la capienza regolamentare di 50mila persone detenute, che in ogni caso non è reale a causa di reparti chiusi o in ristrutturazione, che fanno diminuire di molto la capienza effettiva delle carceri.
Il numero di persone detenute attualmente positive impedisce la separazione tra contagiati e non a causa dell’insufficienza degli spazi a disposizione, mettendo così in pericolo l’intera popolazione reclusa, oltre che il personale penitenziario. Le informazioni provenienti dagli istituti di pena ci raccontano di vite promiscue e di condizioni di salute fisica e mentale sempre peggiori. Una prigione vuota, priva di qualsiasi attività trattamentale, che costringe i reclusi nelle proprie celle, vivendo nella costante paura di ammalarsi, di mettere in pericolo le persone che si incontrano ai colloqui: questo è il quadro che i dati di questi giorni ci restituiscono. In sole due settimane, dall’inizio dell’anno, si sono registrati ben tre suicidi e numerosi atti autolesionistici, grida di aiuto a cui nessuno sembra prestare ascolto.
Ancora, a Napoli è morto un detenuto, ricoverato per giorni in ospedale dopo che aveva subito percosse dal compagno di cella, mentre a Sanremo ha perso la vita un recluso, ammalato di tubercolosi, che poche settimane prima aveva incendiato il materasso e si era procurato gravissime ustioni. Persone a cui nessuno fa caso, a cui il governo non guarda neppure lontanamente, escludendole così da qualsiasi progettualità a breve o a lungo termine, finalizzata ad attenuare, almeno – dato che sembra non si possa pretendere di più – quella condizione di disagio in cui vivono quotidianamente.
La Ministra della Giustizia Cartabia accoglie con favore le modifiche prospettate dalla Commissione per l’innovazione del sistema penitenziario e dichiara gli interventi destinati al carcere necessari e urgenti, eppure queste rimangono mere enunciazioni di principio a cui non segue alcun provvedimento. Se qualche settimana fa eravamo scettici sulla possibilità che la compagine politica rivolgesse il proprio sguardo disattento al mondo penitenziario, per migliorarne finalmente la vivibilità in termini di diritti umani, oggi non solo confermiamo quanto abbiamo dichiarato, ma siamo completamente sconfortati di fronte all’indifferenza lampante del governo dei migliori.
Migliaia di persone rischiano la vita ogni giorno in carcere e molti detenuti sono condannati a pene brevissime che potrebbero scontare in misura alternativa, consentendo così di migliorare le condizioni di vita proprie e degli altri detenuti. Eppure, l’unica novità introdotta di recente è la previsione del green pass obbligatorio per le persone provenienti dall’esterno, perché possano svolgere i colloqui con i propri familiari.
Intanto, non ci si preoccupa del fatto che, dopo aver inserito – oramai un anno fa – i detenuti tra le categorie di coloro cui destinare prioritariamente la vaccinazione, si sia proceduti a rilento con la somministrazione. Molti reclusi non hanno ancora ricevuto la terza dose, e così si mettono in pericolo le persone già fragili che abitano l’universo carcerario. Allo stesso tempo, i pochi dati a disposizione vengono trasmessi in maniera confusionaria, ad esempio facendo riferimento non alle persone vaccinate ma alle dosi somministrate, dato che di per sé non è utile poiché in carcere c’è un turnover mensile di centinaia di persone.
Molti ritengono inoltre che gli stessi dati riguardanti le positività siano sottostimati poiché non vengono effettuati controlli periodici e perché le condizioni di promiscuità e condivisione sono tali che non si può non ipotizzare cifre ben maggiori.
Dalle carceri della Campania arriva l’allarme lanciato dal Garante regionale: centinaia di positivi, assenza dei più elementari dispositivi di sicurezza – mentre qualcuno ha l’audacia di polemizzare sul colore di quelle che vengono fornite gratuitamente – e delle basilari norme igieniche, mentre la campagna vaccinale arranca e vengono violati quotidianamente i diritti umani.
Ma gli istituti campani non sono un caso unico né raro poiché condividono con gli altri, da Nord a Sud, la condizione di invivibilità di fronte alla quale la politica gira la faccia. Tutto è lasciato alla solidarietà e alla generosità proveniente dall’esterno, dalla società civile più sensibile o dalle organizzazioni che quotidianamente si occupano di carcere. Di istituzioni neanche l’ombra: solo un fossile oramai abbandonato che ha la forza di sopravvivere unicamente per perseguire i suoi interessi.