Pensate a voi stessi, a come siete fatti, al vostro carattere e alle cose che vi piacciono. A come vi vestite per sentirvi a vostro agio, ai ragionamenti che fate e che vi rendono le persone che siete, che vi rendono inequivocabilmente voi. E poi provate a immaginare che qualcuno cerchi di cambiarvi. Che qualcuno vi dica che ciò che siete come esseri umani è sbagliato, che siete malati, e che dovete guarire. Non siete affetti da alcuna patologia e le vostre azioni non fanno male a nessuno, eppure qualcuno cerca di curarvi dall’essere semplicemente voi stessi. Ciò di cui parliamo non è un’inquietante distopia narrata da un folle scrittore, ma è ciò che avviene durante le terapie di conversione, pratica ancora legale in troppi Paesi e che il Canada ha da poco bandito.
La terapia di conversione è una pratica pseudoscientifica che intende modificare l’orientamento sessuale – solo quello non conforme, ovviamente – delle persone omosessuali. Essa combina goffamente pratiche mediche e pseudo tali, psicoanalisi malamente applicata e ferventi principi religiosi per curare le persone dall’orientamento sessuale inaccettabile. L’origine di tali pratiche si insinua negli oscuri tempi – anche solo pochi decenni fa – in cui l’omosessualità era considerata una condizione patologica, dunque una vera e propria malattia. Dopotutto, solo molto recentemente l’orientamento sessuale ha finalmente perso – e neanche in tutto il mondo – il suo status patologico, eppure, in molti dei Paesi ufficialmente liberi dallo stigma, la terapia di conversione continua a esistere e a essere concessa dalla legge.
Proprio a causa dell’ostinata persistenza di questa pratica abominevole, spicca la buona nuova made in Canada: nel Paese di Trudeau è passata la legge che rende illegale la terapia di conversione dell’identità o espressione di genere e dell’orientamento sessuale. L’imposizione o anche solo la promozione di tali pratiche nei confronti degli individui non eterosessuali e non cisgender prevede fino a cinque anni di reclusione. Il motivo per cui questa legge sembra tanto tardiva quanto rivoluzionaria risiede nel fatto che, sebbene la comunità scientifica rifiuti l’esistenza di queste pratiche, esse continuano a esistere nell’ombra, anche nei luoghi del mondo in cui la diversità è apparentemente tutelata e l’omosessualità non è considerata una malattia. Dopotutto, la stessa OMS ha eliminato l’identità transgender dalla lista delle malattie mentali solo recentemente, nel 2019. E, purtroppo, quando la consuetudine è terribilmente arretrata, ci vuole molto tempo perché una legge cambi le cose anche nell’applicazione della realtà, soprattutto quando ha radici tanto antiche e tanto intrecciate a quelle del retaggio patriarcale.
Le prime forme di terapia di conversione hanno infatti origine nell’Ottocento, quando la psicanalisi regnava come nuova indomabile e salvifica scienza e fioriva la professione dei cosiddetti sessuologi, che trovavano del perverso in qualunque pratica non convenzionale. Era, in fondo, l’epoca dell’isteria, delle donne rinchiuse perché sessualmente libere o stuprate da medici come terapia per la depressione. Era l’epoca in cui la sessualità, dopo secoli di oppressione, iniziava ad assumere significato, ma finiva per assumere significati contorti ed essere ricondotta a qualunque malfunzione fisica e mentale. Era prevedibile, dunque, che l’omosessualità venisse classificata come una malattia, come una deplorevole perversione che andava curata. E come, veniva curata, fa ancora più paura della premessa.
Poiché alla perversione non poteva seguire volontà, i più terribili trattamenti furono imposti alle menti e ai corpi di questi esseri compromessi. Trattamenti non dissimili da quelli operati sulle donne troppo libere o troppo isteriche. Se la perversione nasceva da qualche disfunzione genitale o biologica, via a isterectomie, ovariectomie, clitoridectomie, castrazioni e vasectomie. Se invece il danno era affondato nei meandri del cervello, quale soluzione migliore dell’operazione che rende zombie senza volontà chiunque abbia un temperamento fuori dalla norma? E via alle lobotomie curative. Non sono mancati, poi, in tempi più recenti, trattamenti farmacologici attraverso la somministrazione di ormoni, oppure la scelta terapeutica preferita dai manicomi, l’elettroshock.
Oggi, la terapia di conversione ha più l’aspetto di un lavaggio del cervello che quella di un’invasiva manipolazione fisica e avviene principalmente in due modi: attraverso una pseudo psicoterapia totalmente antiscientifica e non approvata da nessun ordine professionale esistente, e la preghiera, ovviamente. La terapia di conversione è infatti diventato il baluardo delle destre cristiane che non possono più – teoricamente, ma questo non li ha mai fermati – richiedere la negazione dei diritti della comunità LGBTQ+, e dunque si affidano a questi tentativi di buon cuore di aiutare, di curare le persone affette da nessuna malattia.
La libertà religiosa è stata, in effetti, la giustificazione più frequente di tutta la discussione in merito alle terapie di conversione. Con il recente ingresso del Canada, sono solo tredici i Paesi ad aver vietato questa pratica, perché ogni tentativo effettuato altrove – Italia compresa – è stato contrastato. Solo tredici in tutto il mondo: sebbene l’Occidente si dichiari la patria della libertà e dei diritti, neanch’esso è riuscito a vietare la terapia di conversione. Paradossale che nell’Unione Europea, dove ci sono Paesi che vietano l’hijab, poi si sostenga che la libertà religiosa vada tutelata al punto da consentire l’esistenza delle terapie di conversione. La libertà dell’individuo, così come è sempre stato, è tutelata solo finché la Chiesa non decide che di libertà ne ha troppe. E quando ciò accade, le associazioni religiose sono autorizzate a scendere in campo con la loro cura per l’omosessualità, una preghiera dall’ampio spettro d’azione che va dalle sedute di gruppo fino agli esorcismi.
E siccome in terapia di conversione non ci vanno le persone omosessuali di propria spontanea volontà, ma sono in genere convinte da familiari e imposizioni sociali, è facile che la maggior parte degli individui da rieducare, da curare, siano minorenni. Minorenni che nelle delicate fasi della crescita sono sottoposti a esorcismi, a preghiere di gruppi invasati che hanno più l’aria di folli rituali, a terapie psichiatriche arbitrarie e a veri e propri lavaggi del cervello. Ed ecco l’altro paradosso. Al grido di salviamo i bambini da qualunque possibile trauma come assistere a raccapriccianti baci omosessuali dati per strada o in tv, si sostituisce un più silenzioso dimentichiamoci dei diritti dei minori e annientiamo la loro identità se si tratta di bambini deviati. Quei bambini che andrebbero tutelati sempre da qualunque cosa ma evidentemente non da questa.