Le dichiarazioni rilasciate in talk show televisivi da esperti sulla necessità di vaccinare i bambini sono state apparentemente contraddittorie, nella misura in cui la gente cerca certezze e non è disponibile e metabolizzare dubbi. La posizione della Società Italiana di Pediatria, che ha immediatamente raccomandato la vaccinazione, è sembrata contrastata da pareri più prudenti espressi da altri esperti, peraltro molto credibili. Ma purtroppo nessuno ha verità assolute tra le mani. L’incertezza è notevole e cercherò di spiegare il perché, fornendo infine il mio personale punto di vista. Ma, prima di tutto, voglio presentare le cose così come stanno.
I dati più strutturati vengono dagli USA, come al solito. Negli Stati Uniti, l’Advisory Committee on Immunization Practice (ACIP) ha concluso, sulla base dei dati epidemiologici disponibili, che il COVID-19 nei bambini rappresenta un importante problema di salute pubblica.
Al 10 ottobre 2021, al Center for Disease Control (CDC) sono stati segnalati circa 1.9 milioni di casi di COVID-19 e 8300 ricoveri tra i bambini di età compresa tra 5 e 11 anni (quindi con una incidenza di casi gravi del 4‰). L’incidenza di COVID-19 sta aumentando fino a rappresentare l’11% delle infezioni, malgrado i bambini di questa età rappresentino l’8.7% della popolazione americana.
Ovviamente, i bambini possono contribuire alla trasmissione di COVID-19 nelle famiglie e nelle comunità, specie quando il tasso di copertura vaccinale è modesto. Uno studio sui sieri residui di laboratori d’analisi in 47 giurisdizioni statunitensi ha stimato che la siero-prevalenza in questo gruppo di età raggiunge il 38%. Al 14 ottobre 2021, il tasso cumulativo di ospedalizzazione associato a COVID-19 per i bambini di età compresa tra 5 e 11 anni è stato di 28.6 per 100mila abitanti, simile al tasso di ospedalizzazione per influenza per lo stesso gruppo di età, durante le stagioni influenzali tra il 2017 e il 2020 (24.3-31.7 per 100mila abitanti), nonostante gli sforzi intensivi di mitigazione, in atto durante la pandemia di COVID-19 e non messi in essere durante le precedenti stagioni influenzali.
Durante il periodo tra il 1 gennaio 2020 e il 16 ottobre 2021, 94 decessi associati al COVID-19 tra i bambini di età compresa tra 5 e 11 anni sono stati segnalati al National Center for Health Statistics del CDC, rappresentando l’1.7% di tutte le morti in questo gruppo di età durante lo stesso periodo; il COVID-19 si classifica ora come ottava causa di morte in questo gruppo di età. Le sequele post-COVID (long-COVID), una serie di problemi di salute nuovi, in peggioramento o in corso dopo l’infezione da SARS-CoV-2, sono state riportate anche nei bambini.
L’evidenza su immunogenicità, efficacia e sicurezza del vaccino Pfizer-BioNTech somministrato a bambini di età compresa tra 5 e 11 anni è fornita principalmente da uno studio clinico controllato di fase II/III (le fasi sperimentali che studiano tollerabilità ed efficacia di un nuovo prodotto), che inizialmente aveva arruolato 2268 partecipanti randomizzati (cioè distribuiti a caso) in modo tale che ogni 2 bambini ricevessero il vaccino (1/3 della dose riservata agli adulti) e 1 invece ricevesse placebo (soluzione fisiologica).
I risultati preliminari di questo studio clinico, sviluppato su un arco di tempo breve (di poco più di 3 mesi) hanno dimostrato l’efficacia del vaccino nel prevenire l’infezione sintomatica, e la sua capacità di produrre anticorpi neutralizzanti. L’efficacia documentata del vaccino è stata del 91% nel prevenire COVID-19 sintomatica, e confermata in laboratorio, indipendentemente da una possibile precedente infezione da SARS-CoV-2. La malattia si è manifestata in 3 destinatari del vaccino (su circa 1500 bambini vaccinati) e 16 destinatari del placebo (su circa 750 bambini che avevano ricevuto placebo). In parole povere, la possibilità di contrarre l’infezione per un bambino non vaccinato è dieci volte superiore rispetto a un bimbo vaccinato. Questa elevata protezione è confermata dalla risposta immunitaria (dopo due dosi di vaccino) nei bambini senza evidenza di precedente infezione da SARS-CoV-2, che è stata almeno pari alla risposta osservata nelle persone di età compresa tra 16 e 25 anni.
Va sottolineato che nessuno dei bambini nello studio ha avuto bisogno di ricovero ospedaliero, che conferma quello che i dati epidemiologici avevano mostrato, e cioè che una forma grave è quanto meno inusuale in questo range di età.
Tra i destinatari del vaccino, i sintomi attribuibili alla vaccinazione (reazioni locali nel sito di iniezione o sintomi sistemici durante i sette giorni dopo la vaccinazione), sono stati frequenti (l’86% dei destinatari del vaccino ha riportato reazioni locali, e il 67% ha riportato reazioni sistemiche), ma generalmente da lievi a moderati. Le reazioni avverse sistemiche sono state riportate più comunemente dopo la seconda dose che dopo la prima dose, nei primi due giorni dalla vaccinazione, e si sono risolte in uno-due giorni. Reazioni avverse locali o sistemiche più serie, interferenti con l’attività quotidiana (affaticamento, mal di testa, febbre e dolore al sito di iniezione), si sono verificate nel 3% dei destinatari del vaccino e nell’1% dei destinatari del placebo.
L’insorgenza di eventi avversi correlabili al vaccino è stata inferiore nei bambini inizialmente sieropositivi (due su 133; 1.5%) rispetto a quelli che erano inizialmente sieronegativi (44 su 1385; 3.2%). Eventi avversi gravi sono stati molto rari e si sono verificati con una frequenza simile tra i destinatari del vaccino (0.07%) e del placebo (0.10%), quindi non erano necessariamente attribuibili al vaccino.
Allo scopo specifico di ottimizzare la registrazione di eventi avversi gravi, una seconda coorte randomizzata di 2379 bambini (con 1591 destinatari del vaccino) è stata successivamente aggiunta e seguita poi per 24 settimane dopo il ricevimento della seconda dose di vaccino. Anche in questo secondo campione di popolazione, non è stato identificato alcun evento avverso grave legato alla vaccinazione sia nel gruppo dei vaccinati sia nel gruppo placebo.
La valutazione quantitativa del livello di evidenza per i benefici della vaccinazione Pfizer-BioNTech COVID-19 tra i bambini di età compresa tra 5 e 11 anni è stata effettuata con un algoritmo chiamato GRADE (https://www.cdc.gov/vaccines/acip/recs/grade/about-grade.html) ed è stata di tipo 1 (alta certezza) per prevenzione di COVID-19 sintomatica confermata in laboratorio. Per quanto riguarda, invece, l’esclusione di danni potenzialmente legati alla vaccinazione, l’analisi del livello di evidenza rivela incertezza per gli eventi avversi gravi (tipo 4), dovuta alla relativamente piccola dimensione del campione e al breve periodo di tempo in cui i bambini sono stati seguiti. Inoltre, data la dimensione del campione, il numero di eventi registrati, il breve follow-up e la rarità di malattia grave in questa fascia di età, non è possibile tirare conclusioni relativamente all’efficacia del vaccino nella prevenzione dell’ospedalizzazione per COVID-19, della sindrome iperinfiammatoria multisistemica (MIS-C) o dell’infezione asintomatica da SARS-CoV-2.
L’ACIP, dopo aver rivisto e bilanciato benefici e rischi, sia noti che potenziali, relativi alla vaccinazione dei bambini di età compresa tra i 5 e gli 11 anni, ha determinato che l’uso del vaccino COVID-19 di Pfizer-BioNTech tra i bambini rappresenta una ragionevole ed efficiente allocazione delle risorse, e ha raccomandato provvisoriamente la vaccinazione in questa fascia di età. L’ACIP ha tuttavia precisato che la raccomandazione provvisoria e le considerazioni cliniche si basano sull’uso del vaccino COVID-19 di Pfizer-BioNTech nell’ambito di un Emergency Use Authorization (EUA), e potrebbero cambiare quando saranno disponibili ulteriori dati.
La prudenza di ACIP e CDC è dovuta alla contingenza attuale, che spinge ad assumere decisioni che in tempi non condizionati da una emergenza sanitaria planetaria avrebbero richiesto studi di dimensioni più ampie e follow-up più prolungati, in un contesto nel quale, per i bambini, il rischio di malattia grave o morte è piuttosto basso. Nessuno è, pertanto, in condizione di pesare con assoluta certezza i vantaggi di una vaccinazione di massa in questo range di età. Questo è tanto più vero in un contesto in cui la copertura vaccinale tra gli adulti non è ottimale.
Le evidenze che abbiamo sono, quindi, le seguenti:
- i bambini si ammalano di COVID-19 e lo trasmettono. In presenza di circolazione virale sostenuta, il tasso di incidenza relativa di COVID-19 in questa fascia di età non ancora vaccinata può crescere e infatti cresce.
- La malattia può presentarsi in forma grave e anche mortale pure nei bambini, ma l’eventualità è remota.
- La diffusione della malattia dai bambini agli adulti (e quindi anche in forma grave) può avvenire specialmente in contesti in cui la copertura vaccinale è subottimale. È più difficile che questo passaggio avvenga in contesti in cui la copertura vaccinale sia ottimale.
- Il vaccino protegge i bambini dal contagio almeno quanto protegge gli adulti, ma non ci sono dati su quanto il vaccino protegga dall’ospedalizzazione perché le forme gravi di malattia in questa fascia di età sono molto rare. È tuttavia quanto meno improbabile che non ci sia un effetto di abbattimento anche delle forme gravi.
- Il vaccino provoca frequentemente effetti collaterali, che anche nei casi meno lievi risolvono spontaneamente nell’arco di pochi giorni, ma non sembra produrre eventi avversi gravi almeno nell’arco temporale fin qui studiato.
Il suggerimento degli organi regolatori di vaccinare i bambini mi sembra abbia senso, perché con i dati attuali, e nell’arco temporale studiato, il beneficio legato alla riduzione dell’incidenza di infezione sembra soverchiare il costo dell’insorgere fastidioso di effetti collaterali frequenti. Questo non è un semplice raffreddore e noi non sappiamo quali conseguenze a distanza possa avere anche sui piccoli. Ma quello che sarebbe prioritario è il completamento della vaccinazione tra gli adulti, perché, al momento, stando ai dati, dal punto di vista di salute pubblica, il rischio maggiore di mantenere non vaccinati i bambini è proprio nella loro possibilità di essere serbatoio virale e partecipare all’aumento dei casi gravi tra gli adulti.
Tuttavia, anche immaginando di completare i piani vaccinali adulti, risparmiando la punturina ai bambini, perché magari si lascia prevalere il timore degli effetti collaterali, rimarrebbe il problema della circolazione virale in una fetta non trascurabile di popolazione, con i rischi relativi alla sviluppo di varianti che destino preoccupazione, benché, naturalmente, noi possiamo proteggere da questo le nostre enclavi, ma rimaniamo esposti a quello che succede in quell’ampissima parte del mondo non raggiunto dai vaccini e in cui il virus continua a circolare e a mutare allegramente.
La cosa più onesta che noi possiamo fare è manifestare le nostre incertezze, spiegando, ancora, che stiamo imparando on the road. Io suggerirei di vaccinare i bambini, ma non forzerei nessuno a farlo, spiegando in modo chiaro quali sono le certezze che abbiamo. Mai come in questo caso, la scelta ultima deve essere lasciata ai genitori, alla condizione che si sia in grado di metterli davanti a una scelta consapevole e informata.
Dunque, abbiate fiducia negli organi regolatori, che hanno nella loro disponibilità tutte le informazioni necessarie e che lavorano bilanciando tutti i pro e i contro. Diffidate dei giornalisti che chiedono pareri agli “esperti” sulle raccomandazioni degli organi regolatori. Un esperto onesto non può manifestare certezze se non ne ha, benché potrebbe evitare di mettersi nelle condizioni di esporsi a domande inappropriate. E un giornalista vero dovrebbe capire dove fermarsi per non aumentare i tantissimi dubbi che già rendono la nostra esistenza in questo periodo così precaria.
Contributo a cura del Prof. Giovanni de Simone