Aveva neanche vent’anni Franco Michieli – geografo ed esploratore di montagne – quando la prima volta percorse le Alpi da Ventimiglia a Trieste senza l’ausilio di nessun elemento tecnologico o cartografico, perdendosi nei banchi di nebbia e scoprendo, in mancanza di punti di riferimento, la vocazione di perdersi. Da quel momento, quello stile quasi primordiale, adoperato dagli animali migratori, divenne la sua abituale condotta per rapportarsi ai viaggi, alle scoperte, alla natura.
Pubblicato nel 2015 da Ediciclo Editore, La vocazione di perdersi – Piccolo saggio su come le vie trovano i viandanti è diventato, ben presto, un libro cult per gli appassionati della vita on the road, dell’avventura tra paesaggi sconfinati e la natura selvaggia tutta da affrontare e scoprire. Oggi, sei anni più tardi dalla prima edizione, la bicicletta più famosa dell’editoria italiana propone ai lettori una nuova versione del titolo di Michieli, impreziosita dalle illustrazioni dell’artista Andrea Casciu per omaggiare i dieci anni della collana Piccola filosofia di viaggio.
Affidarsi ai segni della natura e scoprire dove questi conducono: potrebbe riassumersi così il libro dell’esploratore nativo di Milano, un elogio al rapporto di fiducia tra uomo e ambiente, una collaborazione spesso scoraggiata dalla società moderna che sa, invece, farsi rivelatrice, in alcuni casi persino salvifica. Così, Michieli lascia a casa lo smartphone, ogni cartina geografica, rinuncia a qualsiasi metodo di localizzazione e si lancia in esplorazioni del territorio fatte soltanto di intuizioni e capacità di lettura del paesaggio, del sole, degli astri.
Passa intere giornate senza sapere dove si trova – che si tratti delle Alpi di casa o dei ghiacciai dell’Islanda – si affida alla propria esperienza come a la vocazione di perdersi, ai corsi d’acqua piuttosto che agli uccelli che volteggiano in cielo. Ogni percorso o sentiero che gli si apre davanti lo porterà, in qualche sorprendente maniera, a trovare la meta o qualsiasi altro buon posto.
Proprio come Colombo, quando convinto di navigare verso l’India si ritrovò sul suolo di quella terra che oggi chiamiamo America, l’autore sfida le strade a lui sconosciute allo scopo di rinnovarsi, di abbandonare le false sicurezze del presente e mettere alla prova, così, il comportamento del mondo. Avere tra le mani anche solo una carta geografica distoglierebbe l’attenzione del viandante da ciò che lo circonda. Nella natura e nella sua evoluzione perpetua è nascosta tutta la meraviglia di cui abbiamo bisogno.
L’unica certezza di cui Franco Michieli sente di possedere la chiavi è lo stigma che fa delle moderne tecnologie e internet, rei di scoraggiare ed eliminare del tutto questo tipo di esperienza dall’istinto dell’essere umano. Il suo saggio non è, infatti, solo un elogio alla capacità di orientamento insita in ognuno di noi, ma una piccola guida sensoriale in cui ciascun lettore può trovare se stesso.
A tal proposito, non solo agli avventurieri si rivolge il piccolo manualetto edito da Ediciclo, bensì agli abitanti delle grandi città, metropoli come Milano, a suo dire perfette allo scopo, capaci di sorprendere qualunque locale se disposto a lanciarsi tra i vicoli seguendo soltanto l’istinto, spingendosi ai margini di un centro già battuto chissà quante volte senza averlo mai interrogato e scoperto davvero.
È nel sottotitolo, come le vie trovano i viandanti, lo scopo di questo libro, La vocazione di perdersi, un invito al largo, lontano dai porti sicuri, a scoprire che la meta è spesso dentro di sé. L’unico modo per raggiungerla è andare, senza una via, seguendo il sole e le stelle, abbandonandosi al vento.