Il Salone della gioia: verrà ricordata così la XXXIII edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino tenutasi dal 14 al 18 ottobre 2021. Per la prima volta in autunno e finalmente di nuovo in presenza, la fiera editoriale più prestigiosa di Italia si è conclusa con numeri da record e un chiaro messaggio al Paese: la comunità libraria esiste e non vuole più essere trascurata.
Magistralmente diretta dall’infaticabile Nicola Lagioia, la cinque giorni piemontese ha toccato, infatti, vette mai raggiunte prima per un totale di 150mila visitatori, vendite che hanno superato di gran lunga le previsioni e un importante abbassamento dell’età media dei lettori, accorsi con entusiasmo da tutta Italia nonostante la pandemia e i costi elevati dei trasporti. Insomma, confermando il successo di una manifestazione già garanzia di qualità e stupore, quella vita supernova a cui l’edizione è stata dedicata e realmente respirata tra i corridoi sembra, oggi, infondere una speranza diversa al settore di riferimento e, più in generale, a un Paese che insegue la normalità dopo le difficoltà dei mesi scorsi.
È questo, in effetti, ciò su cui lo stesso Lagioia ha voluto porre l’accento in un lungo messaggio affidato ai social poco prima che al Lingotto si spegnessero le luci: «A Torino, questi giorni, è successo qualcosa di incredibile. Avevamo sognato a lungo, non eravamo arrivati a sognare questo. Un’esplosione di gente felice di ritrovarsi dopo tanto tempo, di abbracciarsi, di stare insieme. È un segno fortissimo per il ritorno alla normalità. Sfogliare un libro fa poco rumore, arriva difficilmente alle cronache, ma se lo fanno in centinaia di migliaia, insieme, nello stesso posto e negli stessi giorni, danno un segnale che non può essere ignorato».
Il segnale, in fondo, era già stato lanciato nel 2019, quando al tramonto dell’edizione più discussa di sempre – complici le polemiche di natura politica e i vani tentativi di boicottaggio dei nostalgici del nuovo millennio – il Salone aveva registrato un incremento degli ingressi di 4mila unità per un totale di 148mila presenze. Quest’anno, però, ha fatto molto di più. E non soltanto nei numeri.
Agli spazi già ampi, sono stati aggiunti 18mila metri quadrati, i corridoi allargati fino a raggiungere i quattro metri, nuove sale hanno ospitato presentazioni e dibattiti. Per la prima volta, al Bookstock, la casa delle scuole, dei bambini e delle loro famiglie, è stato dedicato un intero padiglione, il 2, per un totale di 7300 metri quadri e 50mila studenti che hanno raggiunto – dal vivo o in streaming – la fiera del libro tra le più importanti al mondo. Numeri che registrano non solo la fedeltà alla manifestazione degli amanti della lettura, ma anche la gioia degli editori, che hanno aumentato le loro percentuali di vendita, già in crescita in questi mesi di pandemia.
E se a sorridere è l’intera filiera, particolarmente felice è il risultato raggiunto dalle case editrici indipendenti, che sempre più si stanno affermando sul mercato, non a discapito ma al fianco dei grandi gruppi: +50% per add editore e Edizioni E/O, +40% per NN Editore e SUR, +35% per Sellerio, +30% per Terre di mezzo e MarcosyMarcos, +18% per minimum fax. Percentuali che stanno trovando riscontro anche nelle librerie secondo i dati diffusi da ADEI nei giorni di fiera.
Altrettanto felice è stato il calendario di traguardi importanti – i centoventi anni di Laterza, i dieci anni di SUR o i quaranta di MarcosyMarcos – e di eventi che da apertura a chiusura hanno accolto ospiti italiani e stranieri e tanti volti che hanno già fatto la storia: Michel Houellebecq, Joyce Carol Oates, Dacia Maraini, Valeria Parrella, Loredana Lipperini, Roberto Saviano, Luca Serianni, Francesco Guccini, Veronica Galletta, Fabio Stassi e molti altri si sono raccontati ai lettori senza negare un sorriso, un firmacopie, lo spunto per una riflessione che adesso deve varcare la soglia del Lingotto e coinvolgere, finalmente, il resto del Paese.
La fine di questa cinque giorni straordinaria non può non coincidere, infatti, con l’inizio di un discorso pubblico che includa le istituzioni, la gente comune, soprattutto l’intero mondo della cultura che oggi, più di prima – anche grazie ai 35 milioni di euro portati sul territorio piemontese, a fronte dei 4 investiti –, ha l’opportunità di alzare la voce, di farsi notare, di dare vita supernova a un settore costantemente in crisi e volutamente mortificato. La pandemia, d’altro canto, non ha lasciato alcun dubbio: all’Italia dei palazzi non importa dei libri, di chi ci lavora, di chi li ama. Librai ed editori hanno fatto tutto da sé, senza alcun aiuto, hanno continuato nella loro funzione di presidi culturali e militanza, avvicinandosi sempre più ai lettori, inventando nuovi modi per stare insieme, per promuovere cultura e iniziative.
Dall’online alle consegne a domicilio, al recupero di spazi all’aperto – sebbene, al contrario delle attività di ristorazione, non fosse previsto per loro di usufruirne in via gratuita –, hanno collaborato affinché il libro e il suo valore sociale non morissero, mentre le istituzioni erano impegnate a investire in monopattini e, presto, in bonus terme. E lo hanno fatto, editori e librai, non soltanto per sopravvivere, ma per rinvigorire l’idea della cultura come momento di riflessione e aggregazione, di conoscenza di sé, dell’altro e del mondo che ci circonda. Ciononostante, ancora adesso si muovono in un vuoto legislativo che impedisce loro di riprendersi i propri spazi, di crescere e di emancipare quell’enorme porzione di Italia che continua a non coglierne l’importanza.
«Esiste anche questo paese, è una parte importante del paese. Non commettete l’errore di ignorarlo», ha commentato Nicola Lagioia. «Quando mesi fa abbiamo deciso di fare un investimento che avrebbe potuto far fallire la fiera […] avevamo paura, ma al tempo stesso ci siamo detti che non potevamo scommettere sul fatto che il futuro sarebbe stato nero. A quel punto abbiamo lavorato senza risparmiarci, non ci sono stati giorni e notti. È stato un successo travolgente, oltre ogni aspettativa. Il Salone non ha un pubblico, ha una comunità. […] questa volta forse qualcosa è cambiato». Questa volta, forse, è l’occasione giusta per pretendere quella risposta mai veramente pretesa.
La supernova, del resto, è una stella che esplode: la sua energia può distruggere o generare nuova vita, la sua luce può accecare o illuminare. E noi ne abbiamo bisogno, l’Italia ne ha bisogno. Bisogno di libri, bisogno di energia, bisogno di nuova vita. Appuntamento a maggio 2022, allora: dall’esplosione di questa Supernova nasceranno infinite nuove storie.