Non sono iscritto al Fronte Nazionale per la Liberazione dei Nani da Giardino. Non ho mai preso parte a un blitz per prelevare i nani da giardino da proprietà private, neppure partecipato alla seguente liberazione nel bosco. Quindi, non ho commesso reati di rilevanza giuridica e nemmeno posso essere considerato mandate ideologico dei blitz. Eppure, dentro di me, gioisco a ogni loro azione, sia essa commessa alle porte di Parigi o nel beneventano. Eticamente sono colpevole. Come impossibile dittatore proibirei la produzione e la commercializzazione dei nani da giardino, punto.
A Napoli, in queste straordinarie elezioni amministrative, invece, è tutto un distinguo tra responsabilità penali, responsabilità politiche e quelle etiche. Una matassa di difficile comprensione. Così agli scandaletti di neomelodici cantori di omertà e professori universitari travestiti da 007 alla ricerca del voto avverso, si risponde con un semplice non è reato o non sono stato io. Il che, giuridicamente è vero, ma politicamente ed eticamente no. Questo – brutto da dirsi e ancora peggio da scriversi – riguarda anche tutti i militanti e i sostenitori.
La brodaglia informe offerta dalla coalizione delle tredici sfumature di grigio a sostegno del candidato di De Luca è un esempio lampante di come le responsabilità etiche ricadano su ognuno dei loro votanti. Esempio del buon Marino, ex Sindaco grigio-rosa di Roma, sintetizza da solo l’impossibilità di incidere in una realtà se attorniati da lobby e lobbettine di ogni tipo. Voleva montare il gps sugli autobus per monitorare i loro comportamenti: guerra. Gli esempi sono troppi e, laddove non si è paralizzato sui veti incrociati dei suoi presunti sodali, è intervenuta la magistratura a bloccarlo. Risultato: totale inconcludenza e caos. Vogliamo prospettare per Napoli la medesima situazione?
Del resto, anche il mezzo secolo di ambigua attività politica del nostro Bassolino è transitato pulito sotto la lente di ingrandimento dei magistrati, ma questo lo rende immune da altre responsabilità? I tanti fallimenti, sebbene non abbiano rilevanza penale, ne hanno di etiche e di politiche? La deindustrializzazione selvaggia della città, l’abbandono culturale e sociale di interi quartieri, la deportazione di massa di residenti del centro storico verso misteriose periferie. La cannibalizzazione di un partito e il progressivo avvicinamento ai poteri forti, il dispendio di risorse pubbliche, il disservizio e la creazione di un debito monstre che ha paralizzato le giunte successive di de Magistris. Sono o non sono atteggiamenti pericolosi politicamente? E noi, inermi cittadini, cosa scegliamo?
Un elettore di destra, poi, può eticamente dimenticare cosa e chi rappresenta il candidato Maresca? Condoleezza Rice – per chi non la ricorda, colei che autorizzava George Bush anche a fare la pipì – era una democratica. A seguito di una profonda e dolorosissima crisi di identità cambiò partito, diventando repubblicana e scalandone tutte le gerarchie. Donna e nera, era colei che dettava l’agenda al Presidente degli Stati Uniti. Una quaglia, però, che pagò un prezzo emotivo enorme al suo “tradimento”, che rimase ferma un giro e che, soprattutto, rappresenta un’eccezione nella politica nordamericana. Ma da cosa sono state folgorate le tante quaglie napoletane? Tanto improvviso amore per ipotetici vincitori non avrà qualcosa di molto dubbio eticamente? Non ci rendiamo complici, assecondando appetiti tanto volgari?
Il meraviglioso attivismo dal basso dei militanti Cinque Stelle come si concilia (eticamente) con il potentato salernitano? Non parliamo dei capi e dei capetti locali, ma dei semplici militanti: quelli che, dopo decenni di disgusto da manfrine, avevano identificato nel movimento di Grillo qualcosa che non puzzasse di sfumature di grigio. Come giustificano questa debacle di diventare proprio una delle sfumature?
Ma la politica napoletana è anche altezza: Anna (nome di fantasia) è una quaglia, candidata da uno degli schieramenti avversi ad Alessandra Clemente, pur essendo stata una sua accanita sostenitrice e una fan di de Magistris. Una specie di pentita che, avendo intrallazzi e interessi con vari progetti finanziati dalla politica, non può svelare la sua identità. Non può, quindi, per prudenze professionali, uscire allo scoperto e rilasciare un’intervista. In pratica ha paura. Ma non fa più campagna elettorale e, sotto banco, appoggia la Clemente: unica candidatura con trasparenza etica in circolazione.
Contributo a cura di Luca Musella