Esistono atti di rilevanza penale e atti che, pur non avendo una rilevanza penale, ne hanno una politica. Il chi è senza peccato, scagli la prima pietra urlato da Craxi in Parlamento, prima del suo esilio tunisino, non ha aperto un de profundis reale sulla questione morale. Del resto, lo stesso Berlinguer, da altezze diverse da quelle del socialista, ha predicato nel deserto un argomento che, al di là degli aspetti prettamente giuridici, riguardava la vita stessa dei partiti.
Il trentennio di bunga-bunga e la polarizzazione delle emergenze (contro o a favore di Berlusconi, prima, contro o a favore del duo Meloni/Salvini, ora) hanno reso vano ogni discorso sulla differenza tra Giustizia e Politica. Bassolino, ad esempio, sventola orgoglioso le sue assoluzioni – di cui il sottoscritto non ha mai dubitato nemmeno un attimo – ma evita il confronto sulle responsabilità politiche. Come se il lasciapassare di bontà fosse sempre e comunque accordato solo dalla magistratura. Anche la coalizione di Gaetano Manfredi, pur presentando delle ampie zone di grigiore, si trincera dietro a un candore da casellario giudiziario, come se bastasse a garantire una trasparenza politica: il migliore è il migliore, al di là di coloro con cui vuole essere il migliore. Non è così che funziona.
Il problema italico è che ha delegato alla magistratura problemi e rappresentanze che la magistratura non dovrebbe avere. Un comportamento politico è, innanzitutto, un comportamento politico e non è detto che sia trasparente, anche laddove non intervengono i Carabinieri. La coerenza, l’omogeneità, la credibilità di un candidato non sono date dal suo personale curriculum, ma da quello di tutti quelli che lo accompagnano. Lo stesso civico-leghismo di Maresca non sfugge a questa contraddizione in termini: ergendosi a paladino della legalità e della sicurezza, accompagnato da espressioni politiche che sono fisiologicamente lontane dalla stessa. Il numero 49 o i numeri degli inquisiti dei suoi sodali in tutta Italia avrebbero dovuto suggerirgli una prudenza diversa, oppure la scelta di altri slogan.
Ma al Sud questa mancanza di attenzione circolare a determinati temi crea un pericolo ancora maggiore: quello di consegnare le chiavi delle città e delle Regioni alla malavita organizzata. Così diventa fondamentale riconoscere nelle forze totalmente contrapposte ai poteri forti, immuni da quelli grigi e incontaminate da quelli neri, degli interlocutori privilegiati. La questione morale non è un orpello superato, soprattutto quando l’odore dei soldi post pandemici può scatenare appetiti strani, che potrebbero occultamente avere intenzione di influenzare la volontà popolare. I sospetti a chi, come me, ha vissuto millenni diversi vengono.
Ricordo vecchi politici della DC accusare Berlinguer di bacchettonismo oppure che la vera questione morale fosse la Polonia, allora comunista, per poi fare passarella davanti ai giudici per il caso dell’ex assessore regionale Cirillo: rapito dalle Brigate Rosse e, pare, liberato dalla NCO di Raffaele Cutolo. Un intreccio fetido di potere, sempre nato attorno ai soldi, in quel caso della ricostruzione post terremoto. In questo senso, la recrudescenza in atto dei fenomeni criminali a Napoli mi mette molta paura. Due giorni fa, è stato freddato a pochi metri da dove vivo un pregiudicato con oltre venti pallottole e in pieno giorno. Ieri uno nel vesuviano. Un odore di sangue che è nel mio DNA: così, pur senza avere una logica narrativa, istintivamente sento il puzzo salire.
Sono elementi che devono farci riflettere molto, prima di andare a votare. È chiaro che la parte sana della città non debba e non può esimersi da questa responsabilità: essere o non essere in campo con le forze dell’intransigenza e della legalità.
Contributo a cura di Luca Musella