The Suicide Squad non è come Suicide Squad. O meglio, è esattamente quello che avrebbe dovuto essere Suicide Squad quando uscì nel 2016, diretto da David Ayer, e sbaragliò al botteghino deludendo, però, parecchio l’hype degli spettatori. Vuoi per la performance di Jared Leto nei panni di Joker, considerato ancora oggi uno dei peggiori Joker mai visti e inquadrato nel film sì e no cinque minuti scarsi, vuoi per il gruppo di supercattivi che supercattivi non lo erano per niente. Ma una certezza l’abbiamo tutti: Margot Robbie come Harley Quinn e il record di cosplay in questi anni.
The Suicide Squad – Missione suicida, stavolta con l’articolo e l’immancabile sottotitolo nostrano, vede la regia di James Gunn ed è stato distribuito da Warner Bros nelle sale italiane nell’agosto 2021. Sequel, reboot o cosa? Trattasi di una sorta di via di mezzo, dove è sequel per alcuni riferimenti a certi avvenimenti successi in passato, senza entrare troppo nel dettaglio, ed è reboot per aver riscritto (e migliorato) alcuni personaggi. Semplicemente, i due film possono considerarsi due diverse messe in scena della celebre squadra suicida, ambientati nello stesso DC Extended Universe, ma con storie del tutto distaccate tra loro.
Il cast prevede sia vecchie conoscenze, sia nuove entrate. Abbiamo, ad esempio, l’iconica Harley Quinn, sempre interpretata dalla Robbie con un nuovo costume – via ai cosplay! – folle e sopra le righe come vuole il personaggio, ma non ingombrante e a tratti quasi introspettiva. Un’interessante ridefinizione del personaggio, un po’ troppo macchietta nei precedenti Suicide Squad e Birds of Prey, in cui era protagonista. Poi c’è Bloodsport, interpretato da Idris Elba, mercenario dotato di un’armatura super tecnologica. Inizialmente, doveva sostituire Will Smith nel ruolo di Deadshot ma l’attore ha pregato il regista di introdurre un nuovo personaggio al fine di poter mantenere il suo. A sorpresa, un fantastico John Cena veste i panni di Peacemaker, reduce di guerra con non più tutte le rotelle al suo posto.
King Shark è invece uno squalo umanoide e carnivoro e comedy relief, con la voce di due grandi: Sylvester Stallone in originale, Luca Ward in italiano. Nel ruolo di Rick Flag, leader della Suicide Squad, c’è Joel Kinnaman, anche lui già visto nel precedente film, mentre Sean Gunn interpreta Weasel, donnola killer fuori controllo. Peculiare e ridicolo al tempo stesso, Polka-Dot Man (David Dastmalchian), criminale con un particolare costume a pois. E ancora, Capitan Boomerang (Jai Courtney), Ratcatcher II (Daniela Melchior), Savant (Michael Rooker) e Amanda Waller, agente governativa a capo della Task Force X, interpretata nuovamente da Viola Davis. Tra gli antagonisti, impossibile non citare Starro, assurda stella marina gigante, e Thinker, a cui dà il volto Peter Capaldi, conosciuto meglio come dodicesimo Dottore in Doctor Who.
Il fulcro è sempre lo stesso: ad alcuni super criminali è promesso uno sconto di dieci anni della pena prevista se prenderanno parte a una missione segreta e pericolosissima. Per evitare ribellioni, viene impiantato nel cranio di ogni membro un potente esplosivo. Nasce così la Suicide Squad, basata sull’omonimo gruppo dei fumetti della DC Comics.
David Ayer aveva all’epoca prodotto un cinecomic di intrattenimento che, tuttavia, non aveva soddisfatto appieno le aspettative di buona parte degli spettatori e della critica. Un film davvero troppo sopra le righe, con dialoghi inverosimili e una regia abbastanza dimenticabile. Ma, soprattutto, estremamente edulcorato pur di acciuffare il più vasto pubblico possibile, con cattivi che non facevano altro che ripetere quanto fossero cattivi per poi risultare semplicemente appena birbantelli. Un po’ come ha deciso di fare la Disney ultimamente, snaturando personaggi davvero malvagi come Crudelia o Malefica, per non rischiare di perdere la succulenta fetta dei bambini.
Gunn, invece, riscrive la sceneggiatura e fa quello che farebbe qualsiasi genio in preda ad allucinazioni. Un film per il grande pubblico ma non per tutti, un cinecomic sporco, divertentissimo, politicamente scorretto e crudo da non credere. Scelta controversa quando riguarda gli adattamenti di fumetti, in cui si predilige quasi sempre un certo decoro per motivi commerciali.
Qui Gunn dà libero sfogo alla sua perversa libertà artistica, così come è stato fatto recentemente con la serie tv The Boys, per restare in tema. Seppur senza edulcorazioni, la violenza e lo splatter sono messi in scena in chiave comica, dando vita a uno splendido quanto delirante prodotto di intrattenimento. Si nota l’interesse del regista verso il tema supereroistico – aveva già diretto i due capitoli di Guardiani della Galassia – ad esempio utilizzando espedienti visivi che rimandano palesemente al genere fumetto. Ha ben caratterizzato, inoltre, personaggi tra i più stravaganti, anche secondari nelle opere originali e qui resi invece ottimi protagonisti, come solo un vero intenditore della DC Comics sa fare. Rendendoli, dietro la maschera da supervillain, pur sempre umani.
Da qui, dietro la goliardia, è interessante constatare una non troppo velata satira politica, una critica sociale alla guerra e al capitalismo. I nostri antieroi, più che cattivi, sono reietti della società. Hanno di certo compiuto crimini più o meno gravi, non sono stati in grado di conformarsi e per questo vengono ritenuti inutili, dunque sacrificabili.
Che dire, andate in sala a godervi uno dei cinecomic migliori dell’ultimo periodo, adrenalinico e dissacrante, gustatevi sul grande schermo le fantastiche scene action e di combattimento e gli effetti visivi niente male. Piccolo consiglio: restate seduti fino alla fine per non perdervi la scena post-credits!