Se c’è una cosa che la pandemia ci ha insegnato è che no, non ci ha insegnato a essere tutti più buoni. Non ci ha insegnato la pazienza, la solidarietà, a sacrificarci per il bene della comunità. Anzi, soprattutto questo, non lo abbiamo capito. Se, però, c’è una cosa che abbiamo capito è che, più o meno ovunque, c’è un grave problema con il concetto di libertà e con il suo più profondo e simbolico significato. L’abbiamo amaramente constatato quando l’imposizione delle mascherine sembrava la più grave repressione del libero arbitrio e con la questione vaccini si sta fugando ogni dubbio. Sempre pronti a gridare al fascismo, i cittadini del liberale Occidente evidentemente trovano che la tutela dell’incolumità altrui sia un limite alla propria libertà.
Sta facendo rumore la proposta di alcuni Paesi di imporre il green pass come requisito fondamentale all’accesso ad alcuni luoghi pubblici. Il primo ad annunciare tale misura è stato il Presidente francese, in seguito al quale anche il Governo Draghi ha sviluppato la propria proposta. Macron, che amministra la nazione europea con la più alta percentuale di no vax, ha deciso che per accedere a luoghi affollati come ristoranti, cinema e centri commerciali, sarà necessario avere le due dosi di vaccino, un certificato di guarigione dal Covid o un tampone fatto entro le 48 ore precedenti. Insomma, si deve disporre di un green pass valido in modo da non compromettere la salute pubblica.
Non si tratta di una punizione per chi non è vaccinato né di un sotterfugio per fregare i no vax, che intanto inneggiano alla rivolta, semplicemente si tratta di una maggiore tutela per chi ha invece deciso di vaccinarsi per il bene proprio e dei propri cari. La misura è probabilmente dovuta alla bassissima percentuale di immunizzati che in Francia sono solo il 41% della popolazione, numeri molto lontani da quelli necessari per arrestare la circolazione del virus e, dunque, la sua pericolosità. Le conseguenze della certificazione verde, però, hanno dimostrato tanto sulla natura delle paure del Paese più no vax d’Europa. In seguito all’annuncio, quando la misura era solo stata ideata e non si aveva neanche la certezza che diventasse effettiva in futuro, si sono vaccinate in un solo giorno ben 900mila persone. Dopo l’annuncio, addirittura, si sono registrate 20mila prenotazioni al minuto. Questa diretta conseguenza ha in effetti rivelato che la maggior parte delle persone che finora hanno rifiutato l’immunizzazione non è composta da no vax sfegatati, ma semplicemente da persone spaventate.
In Francia, come in Italia e in molti altri Paesi, è stata la comunicazione istituzionale a confondere i cittadini, è stato il continuo susseguirsi di opinioni apparentemente autorevoli e costantemente in contrasto l’una con l’altra ad alimentare la paura per le conseguenze del vaccino. Ma, come l’annuncio di pochi giorni fa ha dimostrato, si tratta di timori che, con qualche rassicurazione – ben comunicata – e con qualche incentivo come la ripresa di una sorta di normalità, si assopiscono abbastanza da permettere l’adesione alle vaccinazioni. Insomma, a parte i no vax più convinti che, probabilmente, non si vaccinerebbero con alcun incentivo o garanzia, la misura sembra avere un senso e funzionare per i più dubbiosi. Com’è già accaduto per tutte le questioni riguardanti la pandemia, però, non poteva che alzarsi un polverone sulla negazione della libertà.
Sulla scia del provvedimento d’Oltralpe, anche il governo italiano ha deciso di sfruttare il green pass come strumento di contenimento del virus nel tentativo di non richiudere le attività. Il decreto, approvato ieri, entrerà in vigore dal 6 agosto e prevede il possesso della certificazione per qualunque attività al coperto o che preveda grandi assembramenti. Sarà quindi necessario per bar e ristoranti solo se seduti al tavolo e al chiuso, e non sarà richiesto se si mangia all’aperto. Sarà invece obbligatorio per eventi come i concerti e per accedere a luoghi affollati come musei, cinema, palestre e teatri. Non si è parlato di necessità di green pass per quanto riguarda l’accesso ai mezzi di trasporto, che siano treni e autobus o aerei, e sono escluse le categorie che non possono vaccinarsi, cioè under 12 e chiunque sia impossibilitato per motivi di salute.
Il green pass italiano è pensato per tentare di limitare il più possibile l’aumento dei casi e per mantenere la zona bianca in tutto il Paese. Proprio per questo, le norme sulla certificazione verde saranno le stesse in ogni fascia di colore. Unica incongruenza di questo provvedimento è l’accesso al pass, che in Italia resta a una sola dose di vaccino, sebbene soprattutto contro la variante Delta si sia rivelata efficace solo la completa immunizzazione.
Da quando se ne è iniziato a parlare, si sono fatte subito sentire le voci solitamente più irragionevoli della politica: la leader di Fratelli d’Italia ha chiarito che il suo partito avrebbe respinto con forza una proposta di questo tipo, se mai si fosse presentata nel Paese. Le sue parole sono state le stesse che si sentono da tutti quei teorici della cospirazione che vedono nella pandemia un piano malvagio per sottrarre la libertà e instaurare qualche regime autoritario in nome della salute pubblica. Non a caso, Meloni ha parlato proprio di un ultimo passo per la realizzazione di una società orwelliana, descrivendo l’iniziativa come un modo anticostituzionale per controllare l’accesso delle persone alla vita sociale.
Noi italiani, che di dittature siamo piuttosto esperti anche se fingiamo di non saperne mai nulla finché qualcuno non prova a far passare una nuova legge o provvedimento, non abbiamo bisogno di scomodare Orwell per sapere che c’è una bella differenza tra la tutela della salute e della sicurezza sociale e l’imposizione di un regime le cui regole sono funzionali solo al potere. Eppure, niente di tutto ciò pare chiaro a questi cittadini terrorizzati da obblighi e divieti.
Le ragioni scientifiche alla base del provvedimento sono, in realtà, molto chiare. Si è detto sin dall’inizio che il vaccino non offre una protezione al 100% e, dunque, solo un alto tasso di immunizzazioni può aiutare l’arresto del virus. Proprio per questo motivo, è bene che chi sceglie di vaccinarsi non si senta al sicuro se circondato da persone non vaccinate poiché il rischio di infezione è comunque più alto. È chiaro, si parla sempre di probabilità, non esiste la sicurezza completa, ma esistono modi ragionevoli per abbassare notevolmente il rischio.
È giusto che chi ha deciso di vaccinarsi possa frequentare in serenità i luoghi pubblici, sapendo di essere circondato da persone immunizzate. Ed è giusto che si scongiuri un’ulteriore chiusura totale – e fatale – delle attività riservandone l’accesso a chi è statisticamente meno incline ad ammalarsi. Ma coloro a cui questa misura pare una restrizioni delle libertà personali sembrano non notare cosa essa effettivamente comporti.
A nessuno è stata o sarà imposta la vaccinazione. Sebbene già esistano vaccini obbligatori, sebbene siano previste leggi e norme a cui i cittadini di un Paese devono sottostare per il bene comune, nessuna dose di farmaco anti-Covid è obbligatoria. Semplicemente, come per ogni cosa, bisogna sempre tener conto delle conseguenze delle proprie decisioni.
Non serve scomodare il terzo principio della dinamica per ricordare che a ogni azione corrisponde una reazione, e in questo caso non vaccinarsi non comporta solo conseguenze personali – cioè la più alta probabilità di ammalarsi – ma anche conseguenze sociali, che sono normali all’interno delle società. E la reazione, la conseguenza, in questo caso, non è la privazione della libertà né della vita sociale. Perché, come molti sembrano fingere di non sapere, il green pass non si ottiene solo con la vaccinazione o la guarigione da Covid: si può ottenere una certificazione provvisoria dalla validità di 48 ore facendo un tampone. A nessuno sarà vietato di andare al ristorante: se non vuoi vaccinarti e vuoi mangiare in pizzeria o fare un giro al cinema, basta farti un tampone e sei libero di farlo.
È su queste basi che si fonda l’insensata questione sulla libertà, una libertà che non è stata negata ma che è soggetta a delle regole, come ogni cosa all’interno di una società. Le leggi sono parte integrante della sua definizione: nessuna società sopravvive senza regole, esse potrebbero cessare di esistere solo se gli esseri umani vivessero ognuno sulla propria isola deserta e non avessero alcun tipo di contatto e relazione con gli altri. Ma l’esistenza stessa delle regole non comporta la morte dei diritti e delle libertà, anzi, le tutela… quelle di tutti, però, non solo quelle individuali.
L’abusata frase la mia libertà finisce dove inizia la tua non è un furbo tentativo di limitare il libero arbitrio, ma la perfetta sintesi del funzionamento dei gruppi sociali. Nessuna forma di interazione potrebbe esistere in un mondo privo di regole. Se a un individuo è negato di andare in giro a sparare alla cieca per strada senza che qualcuno inneggi alla dittatura per avergli negato la libertà di ammazzare chi gli pare, non capisco perché andare a infettare nei luoghi pubblici chi tenta di tutelarsi dalla corsa del virus debba essere considerato tanto scandaloso. L’unica spiegazione che riesco a darmi è l’inevitabile problema che si ha con le regole.
Si inneggia sempre alla libertà di espressione, alla libertà di indossare ciò che si vuole, alla libertà di esistere a modo proprio, per poi rimangiarsi tutto quando a richiedere questi stessi diritti sono le minoranze – si veda l’immenso iter della Legge Zan. Eppure, vengono fuori miliardi di proteste quando c’è da tutelare la libertà o la sicurezza altrui. La verità, allora, è che l’uomo forse tanto animale sociale non è perché è sempre disposto a tutelare se stesso, ma mai a sacrificare una minuscola percentuale della propria autonomia per tutelare la libertà altrui. Forse, allora, la società può funzionare solo se non è tale e se i suoi abitanti sono individui unici e solitari che non hanno interazioni. Si scongiurerebbe così la proliferazione dei virus e nessun vaccino sarebbe più necessario.