Emanuele Trevi è il Premio Strega 2021. Due vite, il titolo del suo romanzo, si aggiudica il principale torneo letterario d’Italia, una vittoria forse annunciata, nonostante libri come quello edito da Neri Pozza raramente brindino al successo con il famoso liquore beneventano.
Il testo è il ritratto delicato, struggente ed essenziale delle vite di Rocco Carbone e Pia Pera, due scrittori morti prematuramente a cui Trevi era legato da una sincera amicizia, un sentimento tanto profondo e autentico da segnare l’esistenza e la letteratura dell’autore. Per questo motivo, il romanzo non è il classico libro da Strega: non cerca consenso, non ammicca al pubblico dei lettori, tantomeno chiede l’approvazione dei critici che assegnano i premi.
Scrivere di una persona reale e scrivere di un personaggio immaginato alla fine dei conti è la stessa cosa: bisogna ottenere il massimo dell’immaginazione di chi legge utilizzando il poco che il linguaggio ci offre.
Il poco del linguaggio a cui Trevi fa riferimento in Due vite è un uso consapevole – e per questo leggero – di ogni singola parola, un lessico elegante che si fa ricchezza e mette in scena emozioni coinvolgenti e, dunque, struggenti. È il racconto di due vite che, in realtà, sono tre, compresa quella dell’autore, segnata dal passaggio di Rocco e Pia, gli amici per cui e di cui scrive senza la necessità che è di tanti, oggi, di partire da sé.
Anime diverse, simili nel dolore, Rocco Carbone e Pia Pera, ai quali Trevi regala la magia dei personaggi letterari in cui – di fatto – li trasfigura, pur senza minare alla loro essenza. La lotta alle Furie della tristezza e la riconciliazione attraverso la letteratura che, per entrambi, non giunge mai fino in fondo.
Rocco, inseguito dall’insoddisfazione e alle prese con un lavoro di scrittura tutt’altro che salvifico, muore a causa di un incidente stradale all’età di quarantasei anni, mentre compone L’apparizione. Sempre in sfida col mondo, come con se stesso, cerca nei gesti degli altri – e dello stesso Trevi – l’attenzione e la comprensione per come egli le intende, avviandosi (forse) a un tentativo di pacificazione proprio durante la stesura del suo ultimo testo, pubblicato postumo.
Pia, al contrario, ricorre alla vita, alle persone e persino ai libri che dapprima traduce dal russo, poi scrive, con mano protettiva, con entusiasmo, tanto da soffrirne costantemente le amare delusioni. Scompare all’età di sessant’anni consumata da una malattia degenerativa, la SLA, una condizione di iniziale disagio che la porta – sulla scia di Cechov: Credo che se non avessi fatto lo scrittore avrei fatto il giardiniere – a trovare un nuovo equilibro curando il giardino della casa di famiglia nella campagna lucchese.
Da pochi mesi ho compiuto l’età esatta in cui Pia si è ammalata, cominciando a perdere progressivamente, inesorabilmente, giorno dopo giorno, l’uso del suo corpo. Gli anni di Rocco, invece, ormai li ho superati abbondantemente. I nostri amici sono anche questo, rappresentazioni delle epoche della vita che attraversiamo come navigando in un arcipelago dove arriviamo a doppiare promontori che ci sembravano lontanissimi, rimanendo sempre più soli, non riuscendo a intuire nulla dello scoglio dove toccherà a noi, una buona volta, andare a sbattere.
In Due vite, Trevi racconta la quotidianità dell’amicizia, dei momenti di gioia che sa elargire silenziosamente e i dolori che è capace di infliggere anche senza intenzione. È la vita di tutti i giorni di gente normale, la nostalgia di anni e persone che non sono più e, per questo motivo, non smettono di essere presenti. L’autore dichiara senza eccessi la fragilità dell’animo umano, anche del proprio che sopravvive al lutto per i due amici.
Il titolo, Due vite, è una sintesi quanto mai azzeccata di ciò che il romanzo rivela al lettore, le rispettive esistenze, quelle di Rocco e Pia, con le proprie storie, ma anche la loro duplice natura, quella reale e la letteraria che sulla pagina si incontrano, si fondono. Infine, anche quella di Trevi, prima e dopo il passaggio dei suoi compagni, un racconto che suona come un’esigenza passata alle pagine sbocciando dal cuore.
Perché noi viviamo due vite, entrambe destinate a finire: la prima è la vita fisica, fatta di sangue e respiro, la seconda è quella che si svolge nella mente di chi ci ha voluto bene.