Come ormai tutti sanno, giugno è per antonomasia il Pride Month, il mese dell’orgoglio LGBTQ+. Ogni anno, numerose città celebrano gioiose manifestazioni in difesa dei diritti della comunità, del diritto di essere chi si è, di amare liberamente, di abbattere stereotipi, pregiudizi e abusi. Era il 1969 quando tutto ebbe inizio con i Moti di Stonewall, eppure, nonostante il tempo trascorso, pare proprio ci sia ancora tanto bisogno di gridare a voce alta – basti citare, tra i vari esempi contemporanei, l’enorme controversia con il Ddl Zan. Durante questi anni e oltre, tante sono state le personalità che si sono fatte avanti, che hanno combattuto in prima linea, a costo della libertà. Uomini e donne il cui unico desiderio e obiettivo è stato vedersi riconosciuti come persone a prescindere dal loro orientamento sessuale. Pagando spesso con la propria vita.
In onore del Pride Month, dunque, vogliamo ricordare alcune tra queste illustri personalità, iniziando dal primo uomo apertamente omosessuale che ottenne una carica politica negli Stati Uniti e che dedicò la sua intera esistenza alla lotta per i diritti della propria comunità: Harvey Milk. Un nome peculiare che suonerà familiare a molti, forse anche e soprattutto grazie al film biografico a lui dedicato nel 2008, Milk, diretto da Gus Van Sant e con protagonista uno straordinario Sean Penn, il quale vinse oltretutto l’Oscar come Miglior attore protagonista.
Quando Harvey Bernard Milk fu congedato con onore dalla marina statunitense sapeva benissimo che quel congedo non era altro che l’ennesima ghettizzazione degli omosessuali da parte delle forze armate. Fu allora che si trasferì a San Francisco assieme al suo compagno, Scott Smith, nel quartiere gay di Castro, dove aprì un negozio di fotografia che oggi presenta una targa commemorativa in suo onore. Milk era stufo dei soprusi, delle continue discriminazioni, di quel clima di ostilità e decise, così, di farsi coraggio e agire. Dopo aver fondato la Castro Valley Association in difesa degli interessi dei commercianti del quartiere, si candidò per ben tre volte a cariche politiche e per tre volte, purtroppo, venne sconfitto.
Malgrado ciò, la sua fama all’interno della comunità era notevolmente cresciuta, tanto da venire soprannominato sindaco di Castro Street. Era amato, era sostenuto, in lui qualcuno vedeva la possibilità di farsi ascoltare, un leader benevolo in grado di cambiare in qualche modo le cose. Poi, nel 1977, la grande svolta: Milk fu eletto consigliere comunale (supervisor), diventando così il primo omosessuale dichiarato ad aver ottenuto un ruolo politico di prestigio in una delle maggiori città statunitensi. La storia stava finalmente cambiando.
Chi aveva a che fare con lui capiva fin da subito di che pasta fosse fatto. Dedicava tutto se stesso in ciò che credeva ed era bravo, molto bravo. Il suo impareggiabile carisma e l’estrema professionalità e sagacia gli avevano permesso di ottenere il favore di molti eterosessuali e persino delle istituzioni, cosa che, per qualche ignoto motivo, cominciava a spaventare. E lui lo sapeva. «Se una pallottola dovesse entrarmi nel cervello, possa questa infrangere le porte di repressione dietro le quali si nascondono i gay nel Paese» furono le sue parole, quasi un presagio di ciò che sarebbe accaduto a breve. Milk registrò svariate audiocassette, a seguito di numerose minacce ricevute che lo avevano reso conscio del rischio in cui si trovava.
Poi, la mattina del 27 novembre 1978, un certo Dan White entrò in Municipio armato di pistola. Era l’ex consigliere comunale di San Francisco e non era stato riconfermato dal sindaco George Moscone. Sparò prima a quest’ultimo, uccidendolo, infine si diresse da Harvey Milk e fece lo stesso. Milk aveva 48 anni e tanti progetti da realizzare. Quella stessa sera, un corteo di più di 30mila persone partì da Castro per onorare la memoria del consigliere e sindaco scomparsi. Dan White fu processato e condannato per omicidio volontario a sette anni e otto mesi di carcere. Tale processo suscitò parecchio scalpore e diverse rivolte (White Night Riots), poiché in giuria proibirono la partecipazione di chiunque parteggiasse per i diritti omosessuali e il tutto fu gestito da un generale atteggiamento omofobo.
Eppure, Milk non era morto davvero. In un certo senso viveva per sempre, a Castro, nelle strade di San Francisco, negli Stati Uniti, nel mondo. Portavoce e martire per la libertà, aveva combattuto per una battaglia non solo sua, intervenendo decisivamente nell’approvazione di leggi contro le discriminazioni e rigettando la Proposition 6, che permetteva il licenziamento di insegnanti in base al loro orientamento sessuale.
Nel 2009 l’allora Presidente degli Stati Uniti Barack Obama conferì a Milk la Presidential Medal of Freedom, per il suo prezioso contributo al movimento di liberazione omosessuale. Oggi Harvey Milk è un’icona mondiale della lotta per i diritti LGBTQ+, divenuto celebre anche nella cultura di massa, tra documentari, pellicole, canzoni, strade e locali a lui dedicati, che continuano a celebrarne il ricordo. Un uomo che chiedeva soltanto ciò che spetterebbe di diritto a qualsiasi essere umano. Un uomo ostracizzato da ignoranza e idiozia. Un uomo di caparbietà e speranza perché, diceva, senza la speranza, la vita non vale la pena di essere vissuta. Devi dare alla gente la speranza…