Si può insegnare l’inclusione? Si dice che tutto parta dalla scuola e dalla scuola voleva partire Roma. Avrebbe dovuto tenersi il 9 settembre il webinar su le diverse sfumature dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale, promosso dall’Ospedale San Camillo-Forlanini, in collaborazione con la Regione Lazio. Il webinar, rivolto a tutto il personale scolastico di ogni ordine e grado su territorio regionale, avrebbe visto la collaborazione di psicologi e psicoterapeuti del SAIFIP (Servizio per l’Adeguamento tra Identità Fisica e Identità Psichica). L’obiettivo: insegnare l’inclusione a chi deve insegnare; reagire contro fenomeni di bullismo ed esclusione, in difesa di giovani che per sentirsi accettati devono rinnegarsi. Insomma, formare una scuola, che evidentemente non è pronta, a formare meglio. E mentre molti studenti già festeggiavano, la Lega ci restava letteralmente “di Sasso”.
Il Sottosegretario all’Istruzione nel Governo Draghi si è infatti battuto perché educazione e formazione non trasformassero bambini e ragazzi in bersagli della propaganda politica. Per Rossano Sasso, risulta fondamentale insegnare il rispetto di tutte le persone, il rifiuto di qualsiasi forma di discriminazione e il contrasto a ogni tipo di violenza e bullismo. Ma quando questi “insegnamenti” riguardano inclusione a tematiche di sessualità non binaria, gender fluid o transgender, quello che vale per il contenitore sembra non valere per il contenuto.
Nella guerra contro le ideologie gender, il Carroccio schiera in battaglia il suo fedele soldato: Sasso, il barese leghista che nel 2018 postava ingenuamente sul suo profilo Facebook la foto di una manifestazione con la bandiera Viva il Nord in bella mostra, nel suo verde brillante. Sasso, lui che nello stesso anno definiva bastardo irregolare Mohamed Chajar, 31enne marocchino che trascorse quasi quattro mesi in carcere per l’accusa di stupro a una 17enne. L’accusa risultò infondata. Le scuse non arrivarono mai.
Anche oggi, il Sottosegretario al Ministero dell’Istruzione lotta con fervore in difesa dei sani valori. E in un’intervista con Pro Vita & Famiglia, denuncia l’iniziativa laziale come totalmente fuori luogo e contraria a una specifica circolare del 2015 del Ministero dell’Istruzione. In quel documento si ribadisce come le ideologie gender non rientrino tra le conoscenze sui diritti e i doveri dei cittadini da trasmettere agli studenti e siano da considerare pratiche estranee al mondo educativo. Così, l’ospedale San Camillo si dissocia con una diffida contro chi ha usato nome e logo in modo indebito per pubblicizzare un evento rispetto al quale si è detto estraneo. Tempestiva la sospensione da parte dell’Urs (Ufficio scolastico regionale). Un’altra battaglia è vinta. Intanto, gli episodi di discriminazione sono all’ordine del giorno.
E se per Fiorella Mannoia l’amore con l’amore si paga, lo stesso non vale per i giovani palermitani che qualche sera fa hanno prima insultato e poi pestato due ragazzi, colpevoli di tenersi per mano. Loro, l’amore, l’hanno pagato con una bottiglia in faccia e una corsa all’ospedale. Qui, anche la Lega si indigna, contro gli assalitori e contro il Sindaco di Palermo Leoluca Orlando. Igor Gelarda, capogruppo leghista al Consiglio Comunale, ne definisce il comportamento inaccettabile, perché strumentalizza quanto accaduto, affermando che questo episodio ribadisce l’urgenza dell’approvazione del ddl Zan. Una legge illogica e liberticida. Anche Sasso, nella già citata intervista, non aveva mancato di sottolineare il dissenso del proprio partito verso il tentativo di impedire la libera e civile espressione di un pensiero diverso rispetto al proprio.
Il ddl Zan amplia la Legge Mancino contro chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (art. 604 bis del Codice Penale), aggiungendo a questi anche motivi di discriminazione sessuale o per disabilità. Quindi, anche la Legge Mancino, per la Lega, limita la libertà d’espressione? E quando la libertà di espressione entra in conflitto con la libertà di essere? Come si gestisce la conciliazione?
Sarà che alla libertà di dire sarebbe auspicabile associare sempre la criticità del pensiero, che si esercita a scuola, nel dibattito costruttivo che non censura ma istruisce con coscienza e secondo logica, così che il parlare sia denso – di consapevolezza e non di insulti –, così che alle parole si dia senso e non se ne svuotino i gesti, le violenze, gli sguardi che non hanno bisogno delle mani per ferire.
Sarà che il diritto di parola non può tradursi nel diritto di dire tutto in qualsiasi modo, che la libertà di ciascuno non può affermarsi a dispetto di quella dell’altro.