Il “Poggio delle Mortelle” è una piccola area a sud-ovest della collina di San Martino, aperta sul mare in direzione Posillipo, nota per la bellezza e la salubrità dell’aria. La storia di questo luogo, celebrato dai letterati come una delle zone più belle della città – nel XVI secolo inserita all’interno delle mura dal viceré Pedro de Toledo – riassume le vicende urbanistiche di Napoli nell’età vicereale. L’area, conosciuta per l’insediamento di conventi e ville, si sviluppò per tutto il secolo successivo, anche in maniera disordinata, fino a essere considerata ottima zona residenziale in età barocca. Tuttavia, perse il suo aspetto originario con la realizzazione del Corso Vittorio Emanuele che stravolse molti edifici di pregio a causa del mancato rispetto delle caratteristiche proprie degli stessi.
Così recitano gli antichi testi su quello che fu il territorio dove si insediarono i primi conventi, la prima Accademia di Belle Arti, le storiche botteghe di artigiani, l’opificio delle pietre dure, la lavorazione degli arazzi e, sempre in zona, le prigioni di Santa Maria Apparente dove furono incarcerati Carlo Poerio, Luigi Settembrini, Saverio Altamura e altri patrioti.
Vi abitarono Eleonora Pimentel Fonseca e in tempi successivi il pittore Domenico Morelli, l’intellettuale anarchico Roberto Marvasi e il letterato Antonio Altamura.
Nel 1616 cominciarono i lavori per la costruzione della Chiesa di San Carlo sotto la direzione di Mazenta, sacerdote barnabita che introdusse a Napoli il gusto barocco, successivamente dell’architetto napoletano Giovanni Cola di Franco e poi ancora del ferrarese Bartolomeo Picchiatti, progettista anche della Chiesa di San Giorgio dei Genovesi. All’interno dell’edificio Il ciclo della tribuna, con le storie di San Carlo di Antonio De Bellis, tele realizzate tra il 1636 e il 1640.
Il 23 settembre 2009, però, si aprì una voragine che sconvolse anche le abitazioni circostanti. Da quella notte calò il buio su una chiesa che era stata punto di riferimento di una grande comunità di giovani negli anni Sessanta-Settanta, quelli del post-concilio e dei movimenti spontanei nati nel periodo del dissenso, momento straordinario di grande vivacità e di dialogo con figure carismatiche che hanno segnato quel tempo e quanti lo hanno vissuto.
Dell’impegno di tanti di noi sparsi un po’ ovunque per riaprire quelle porte e rendere più decoroso il territorio, abbiamo già raccontato.
La seicentesca Chiesa di San Carlo riaprirà giovedì 23 febbraio dopo otto anni tra lungaggini burocratiche, ritardi nei lavori ma anche tra tanto impegno e caparbietà di cittadini e associazioni – in particolare Futura di Ezio Aliperti – nonché la disponibilità dell’Amministrazione Comunale con in testa il Sindaco de Magistris e l’Assessore alla Cultura Nino Daniele, per quanto riguarda le iniziative tese alla valorizzazione di personaggi illustri nati e vissuti in zona e alcune opere di manutenzione della piazza.