«Dovete uscire dalla RAI! Dovete lasciare libera la RAI! Lasciate libere queste persone di lavorare. Avete rotto! Noi vogliamo la RAI pubblica, siete voi che ci rovinate! Chi paga RAI 1, RAI 2? Noi li paghiamo!». Diceva questo, nel lontano giugno del 2o11, un furente Michele Santoro durante l’ultima puntata del fu Annozero al leghista Roberto Castello, all’epoca al governo con Berlusconi. Erano gli anni dell’editto bulgaro, quando l’ex Cavaliere in diretta da Sofia aveva di fatto ordinato ai dirigenti RAI di non mandare in onda lo stesso Santoro, Enzo Biagi e Daniele Luttazzi. Il più pericoloso conflitto di interessi di una democrazia occidentale si concretizzava: il proprietario di svariati mezzi di informazione era anche il Presidente del Consiglio e si intrometteva nell’informazione pubblica.
Partiamo da qui per spiegare quello che è successo in occasione del concertone del Primo Maggio dove Fedez ha utilizzato lo spazio a sua disposizione per dichiararsi a favore del ddl Zan, facendo nomi e cognomi di esponenti della Lega non solo contrari al disegno di legge, ma persino autori di frasi schifose e vigliacche come Se avessi un figlio gay lo brucerei nel forno oppure I gay? Che inizino a comportarsi come tutte le persone normali. E ancora: Gay vittime di aberrazioni della natura.
L’aria era calda già dal pomeriggio, quando il rapper milanese aveva annunciato che gli era stato chiesto il testo del suo intervento e di omettere espliciti riferimenti a nomi e partiti: dopo aver insistito per poterlo fare, mentre nelle stesse ore Salvini twittava che fossero fuori luogo i comizi de sinistra del Primo Maggio, Fedez è salito sul palco per chiedere a Draghi se non fosse il caso di occuparsi degli operatori dello spettacolo esattamente nello stesso modo in cui si è occupato di chi lavora nel mondo del calcio, una delle poche attività andate avanti in questi difficili mesi. Ha proseguito poi citando chi aveva pronunciato le obbrobriose frasi di cui sopra, ricordando come secondo il Presidente della Commissione Giustizia Ostellari ci siano altre priorità rispetto alla calendarizzazione del ddl Zan.
Ora, la questione che risalta agli occhi, che è il motivo alla base del caos scatenato, è cosa possa significare l’esposizione di una personalità in grado di influenzare in modo imponente l’opinione pubblica, quale Fedez è, ed è un bene che il rapper abbia sfruttato il suo potere in questo modo: avendo sposato una causa – a cui per fortuna tanti altri VIP stanno contribuendo – portandola su un palco importante, quello di uno dei concerti più attesi dell’anno in diretta tv. E lo ha fatto ricordando un’altra presa di posizione, diametralmente opposta, da parte di persone che, a differenza sua, rappresentano le istituzioni e che si sono candidate a rappresentare gli italiani, tutti, etero e non.
È stato un eroe? No, perché lo ha fatto certamente da una posizione di notorietà per la quale ha, per sua bravura, poco da perdere. È stato coraggioso? Sì, e non perché abbia detto cose mai sentite o perché non sapessimo che tra i leghisti si nascondano anche i fascisti – già, perché queste frasi appartengano a quel retaggio lì – ma perché poteva comodamente essere vago, non scontentare nessuno e non inimicarsi i dirigenti RAI. Invece, ha preferito essere schietto, il che sarebbe la normalità in un servizio pubblico come si deve, ma non è questo il caso, considerando l’appiattimento e la scarsa qualità dei programmi di approfondimento proposti, ovviamente con le dovute e rare eccezioni (vedi Report).
E qui passiamo al secondo punto, cioè la diatriba con Viale Mazzini: dopo che da quelle parti avevano negato di aver cercato di limitare, dunque censurare, l’intervento di Fedez, quest’ultimo ha pubblicato la registrazione della telefonata in cui gli veniva chiesto di adeguarsi al sistema, lamentandosi dei nomi e cognomi: Ilaria Capitani, vicedirettrice di RAI 3, infatti, aveva definito il suo intervento inopportuno in quanto fuori contesto. A parte che non c’è contesto migliore della Festa dei Lavoratori per chiedere maggiori diritti – visto che il lavoro è conquista di libertà – quanto accaduto rappresenta la triste situazione presente in RAI ormai da tempo, ma se all’epoca c’erano i vari Santoro a far emergere le forme di censura esercitate, in tempi più recenti è andata formandosi una sorta di autocensura per la quale i giornalisti stessi scelgono di oscurarsi.
Questo avviene perché il sistema di informazione pubblica è contaminato dai partiti, che non solo scelgono i rappresentanti della RAI ma, a detta di chi ci ha lavorato, scelgono e raccomandano molti giornalisti. Dunque, per quanto si tratti di un’azienda di Stato, come può l’informazione essere indipendente se è la politica che ne seleziona i vertici che, a loro volta, organizzano il palinsesto dove ci sono anche programmi che si occupano di politica, dunque di chi quei vertici li seleziona?
In queste ore, ovviamente, c’è la corsa a salire sul carro di Fedez e persino Salvini gli chiede di prendere un caffè insieme, ma il problema non è il rapper che si fa portavoce di determinati temi e che denuncia la censura in RAI, cosa risaputa. Il problema – e questo vale tanto per gli esponenti di destra quanto per quelli di sinistra – è dimenticare come tutti abbiano sempre gestito l’informazione, soprattutto quella pubblica: ai tempi in cui il premier era Matteo Renzi, ad esempio, Ballarò venne definitivamente chiuso dopo che in quella stagione il conduttore Giannini aveva definito incestuoso il rapporto tra Maria Elena Boschi e Banca Etruria, dato il coinvolgimento del padre di quest’ultima. E vale la pena anche menzionare la nomina, ai tempi del Conte 1, di Marcello Foa alla presidenza dell’azienda, il cui figlio era parte dello staff comunicativo di Salvini.
Eppure, questa doveva essere la RAI della rivoluzione, dopo che il M5S aveva promesso che con loro al governo i partiti ne sarebbero stati fuori. Lo stesso chiede oggi le dimissioni della Capitani. Questi dirigenti, però, sono frutto delle nomine avvenute proprio in questa legislatura, dove i pentastellati hanno sempre governato, senza tuttavia trovare il momento di riformare il servizio pubblico, nonostante per anni avessero criticato la lottizzazione della tv di Stato e avessero lodato quel Foa dai precedenti discutibili che Di Maio, nei primi mesi del governo M5S-Lega, aveva definito un giornalista con la schiena dritta che ha sempre fatto il suo mestiere con grande onestà intellettuale e dimostrando totale indipendenza.
Senza pudore, oggi, tutti si aggrappano alle parole di Fedez, come se i partiti di cui fanno parte non avessero mai invaso il campo dell’informazione. Tutti biasimano la censura, nessuno, però, ammette che è il momento di lasciare libera la RAI.