Sono anni bui per i popoli europei. Complice la crisi economica che ha messo in ginocchio gran parte dei Paesi dell’Unione, le destre estreme e i populismi avanzano, si infilano tra i nervi tesi della gente esasperata – ignorante, certamente! – e accendono la miccia di una guerra da combattere poveri contro poveri. E a Barcellona ne hanno avuto, nei giorni scorsi, una prova.
A nulla serve il tentativo di chi ancora alimenta la Resistenza di spostare il bersaglio sul capitalismo criminale che ha ingrassato le banche, le lobby, i potenti e le multinazionali, lasciando sul lastrico i piccoli lavoratori indipendenti, gli operai, gli artigiani, i contadini, le famiglie. Il nemico è troppo grande, persino necessario, in fondo, le politiche europee e mondiali degli ultimi vent’anni lo hanno reso invincibile. D’altronde, chi non è in grado di rivolgersi ai nobili mezzi del dialogo e della cultura, è attraverso la forza che ha sempre combattuto le proprie infami battaglie, e soltanto contro un nemico più debole, disarmato. Propagandare, convincere la classe media delle proprie tesi è un passaggio fondamentale per la buona riuscita di quelle azioni che, spesso, si sono tradotte in veri e propri massacri disumani.
Non c’è bisogno, tuttavia, di ricorrere alla storia per osservare scene di disperazione i cui protagonisti sono cadaveri di uomini innocenti che giacciono lontano dalle terre dove sono nati, strappati via da una guerra senza senso che ha semplicemente scelto un altro soggetto da sacrificare per la riuscita di un disegno più grande. Poco importa se quei bambini affogati nelle acque del Mediterraneo o polverizzati sotto le bombe della Siria avevano la stessa età di un nostro figlio, un nostro nipote, o avrebbero potuto essere un loro compagno di giochi. I bambini non vedono differenze, hanno la fortuna di osservare il mondo per quello che realmente è. La larga diffusione di queste tremende immagini di angoscia, promossa dagli ormai imperanti social network, ha sortito l’effetto sperato da chi ne ha promosso la veloce diffusione: assuefazione, abitudine. Nulla più fa sgomento: un attentato, così come un nuovo bombardamento, sortisce lo stesso effetto della notizia di una rapina al supermercato.
Al diverso si associa automaticamente il pericolo. Il gioco è fatto, la guerra è cominciata, chi la comanda neanche si sporca le mani, lascia a noi cechi esecutori l’onere della barbarie. I capitani si accomodano nei salotti tv dai quali diramano le proprie indicazioni.
C’è, però, chi agli sciacalli strapagati della politica si ribella e ancora resiste, accogliendo e aprendo le braccia al fratello venuto da lontano. La multiculturalità è una risorsa, lo scambio un’opportunità. A Barcellona, città ben amministrata dal Sindaco Ada Colau, della coalizione di centrosinistra che ben dialoga anche con gli esponenti di Sinistra Unita e Podemos, oltre 160.000 persone (dato diramato dalle forze dell’ordine, per gli organizzatori i partecipanti erano circa il doppio) lo scorso sabato hanno manifestato perché il governo di Madrid rispetti i numeri previsti dalla legge in materia di accoglienza dei richiedenti asilo. In base all’accordo europeo raggiunto nel settembre 2015, infatti, la Spagna avrebbe dovuto aprire le frontiere a 17.337 persone, al contrario delle appena 1.034 accolte fino al momento della protesta divampata sulle Ramblas. Anche la stessa Catalogna, che ne ospita a oggi 471, aveva promesso di accettarne 4.500. “Nessuno è illegale” è il motto della libera e dignitosa manifestazione spagnola.
Una lezione di umanità che segue la scia della già folte rimostranze svoltesi in Francia o in Italia, precisamente a Napoli, città che ha dimostrato come, in controtendenza al resto del Paese ma assolutamente in linea con le idee del Primo Cittadino, Luigi de Magistris, l’accoglienza sia vista con occhio favorevole. Una lezione di solidarietà, quella di Barcellona, che difficilmente sortirà l’effetto a catena che, invece, sortiscono le destre che mirano a chiudere i confini e a spaccare ancora di più un continente, quello europeo, e il mondo in tanti piccoli buchi neri nazionalisti, senza libertà. Una lezione, quella dei catalani, che va addirittura oltre: “Nessuno è illegale”. Troppa grazia, amici latini dal sangue caldo come il nostro, popoli del Sud, di mare, sole e terre bollenti. Sono proprio loro gli illegali, quelli contro cui combattete e combattiamo la nostra battaglia di Resistenza. Il fascismo è illegale per Costituzione, da noi si chiama apologia, ed è tale perché gli orrori che hanno messo in mostra durante gli anni neri come le loro camicie e le loro coscienze non ledano più i diritti di alcun essere umano.
È tempo che i governi promotori dell’Europa, del libero scambio di merci e persone, della libertà dei popoli, comincino a ricordarlo e ad applicarlo. Il mondo intero ha bisogno dell’umanità dimostrata dagli abitanti di Barcellona. “Vogliamo accogliere” il loro grido. Il nostro.