Con lo slogan L’isola che non isola, Procida è stata nominata dal MiBACT Capitale italiana della Cultura 2022, attivando un modello di partecipazione che coinvolge molti territori, a cominciare da quelli che la fronteggiano, vale a dire i Campi Flegrei, fino a vari paesi dell’entroterra come Pomigliano d’Arco.
Trattandosi di Capitale italiana e non, come Matera, di Capitale europea della Cultura, i fondi ministeriali stanziati sono alquanto limitati per cui sia gli enti che chi vorrà presentare progetti dovranno far fronte agli oneri e ai costi con molta fantasia. Allo stato attuale, sono ignoti i criteri di valutazione, le procedure e i soggetti ammessi. I Comuni sono, comunque, numerosi ed è ipotizzabile un loro partenariato. Il Ministero ha indicato, altresì, un elenco di sponsor.
Il territorio flegreo, dotato di luoghi di estremo interesse, non può che beneficiare de l’isola che non isola sempre che lo sforzo attivato punti alla stabilità delle iniziative. Un modello è, per esempio, Ravello o Mantovaletteratura, che rappresenta da anni una consistente risorsa economica per la terra natale di Virgilio ed è necessario che gli operatori locali comprendano che la cultura è un investimento, un bene a fecondità ripetuta.
Facciamo una nota a margine: il Comune di Bacoli, dopo circa trent’anni dal lancio della proposta di una “Università del mare”, ha adattato un cespite di prestigio (Villa Ferretti) per ospitare un dipartimento della Federico II. Sono in itinere le procedure per far sì che i Campi Flegrei diventino patrimonio Unesco; la cosa è molto ambiziosa per la presenza del depuratore, lo sfacelo del paesaggio, per sacche di camorra e un’economia sempre in bilico dopo la chiusura delle fabbriche. L’unico segmento che, a nostro giudizio, può concorrere al titolo in questione è la città sommersa, peraltro senza particolari competitori mondiali.
I Comuni flegrei sono al lavoro intorno a un “tavolo della cultura” e si attende la loro sintesi. Intanto, qualcuno si sta muovendo. Ci riferiamo a un team che, composto da operatori di varie discipline e di respiro internazionale, ha già espresso, in tandem con associazioni locali, una propria progettualità sottoponendola agli enti interessati. Tale progetto si chiama Rotte ardenti, un nome che comunica immediatamente un senso di pluralità, incrocio, scambio, approdo, il respiro vulcanico di questi luoghi, sempre sospesi tra la paura e lo stupore, l’incanto e il baratro, l’orrore e la solidarietà. Il progetto, che fa molto leva sullo spirito di servizio dei redattori, si declina in vari settori:
Mostra del libro d’artista e delle “cinquecentine” del Comune di Pozzuoli (a cura della storica officina calcografica IL LABORATORIO/le edizioni);
Detto per inciso: curata da Caprigarage, stamperia di Dusseldorf; l’azione consiste nell’invitare artisti che visiteranno il territorio e produrranno incisioni secondo il modello della comunicazione del Gran Tour.
Taranterra: azione teatrale sulla possessione e il dionisismo. Essa ha riproposto il “teatro-poesia” in luoghi all’aperto e di particolare suggestione paesaggistica. A cura della compagnia teatrale Cantieri Stupore;
Da rive a rime: incontro con i poeti e la musica del Mediterraneo. Parteciperanno poeti e poete di elevatissimo profilo, italiani e internazionali. Il settore musicale sarà organizzato da Carlo Faiello, con recupero di tradizioni “culte” mutuate dalla sensibilità popolare flegrea.
Regata velica coppa Terre Ardenti. In una manifestazione che reca nel suo titolo il termine “rotte” non possono mancare il mare, le imbarcazioni, il patto che da millenni li tiene insieme nonostante i reciproci tradimenti di burrasche e inquinamento. La metafora che rappresenterà questo complesso rapporto sarà una regata velica, organizzata in collaborazione con le sezioni Lega Navale e altri circoli nautici flegrei. Il percorso, per celebrare dal mare l’isola che non si isola, consisterà nel periplo di Procida.
Infine, ma non per ultima, considerando che sarà addirittura un’anteprima essendo prevista per l’autunno 2021, Passato postumo. Si tratta di un testo poetico di Mimmo Grasso con un’opera di Mimmo Paladino, che dice di migranti e in particolare del primo extracomunitario, mitico, Enea, che sostò a Cuma per una nekya (la discesa agli inferi del proprio vissuto) per incontrarsi con gli avi del suo sangue e trarre responsi. Dopo di lui – circa duemila anni dopo – approdò nei Campi Flegrei San Paolo, un altro extracomunitario, reduce da un viaggio quasi in fotocopia di quello di Enea. Dopo altri duemila anni, le sponde italiane sono ancora meta di miti sognati. Un mito è la narrazione di un sogno fatto da molte generazioni. Enea e Paolo sono due uomini-progetto. Sull’acropoli di Cuma, nel contesto sibillino, si incontrano la pietas virgiliana e la charitas paolina. Entrambe hanno rimodulato l’uomo, entrambe rappresentano un valore – globale – da riproporre ai nostri giorni.
Chi sono i mossieri di questo progetto? La rivista Infiniti Mondi, le associazioni culturali MetaMorfosi di Pietro Folena, il Gruppo Archeologico Kyme, CittàMeridiana, La città flegrea, EvaLuna, Nino Daniele, Anna Maluquer, presidente fondazione Palau (Barcellona), Jack Arbib fondatore e direttore del Museo di arte italiana ebraica a Gerusalemme.
Un contributo di Iaia De Marco