Da almeno un decennio, in alcuni territori d’Italia è in atto il revisionismo storiografico, una reinterpretazione di eventi e vicende divenuti ormai patrimonio consolidato di una lettura della storia non sempre fedele alla verità, una sete di giustizia che si esprime anche con il desiderio di cambiare nomi di strade e piazze.
La rivoluzione napoletana del 1799, il risorgimento, il brigantaggio post-unitario e il fascismo sono i temi più sensibili alla memoria che sobbalza alla lettura di intitolazioni a personaggi che evocano periodi bui che hanno segnato in maniera indelebile il percorso del Paese.
Così, il 7 settembre del 2010, a Napoli, alcuni gruppi di giovani, in occasione dell’inizio delle celebrazioni nel ricordo dell’Unità d’Italia, cambiarono simbolicamente i nomi di talune strade e piazze sovrapponendo, alle attuali targhe, cartelli con altre denominazioni. In Sicilia, a Capo d’Orlando, ricorda lo storico Pino Aprile, un coraggioso sindaco liberò una delle nostre strade da un nome che per noi ha rappresentato emigrazione, povertà e soprusi. Il riferimento è a Giuseppe Garibaldi, uno dei personaggi più presenti nella toponomastica di molti Comuni italiani. Nel 2016, per motivi diversi, in tutt’altra parte del Paese, nel Sud Tirolo, è cominciato il dibattito sulla abrogazione di tutti i nomi italiani dalle targhe e dalle indicazioni stradali, circa 1500, per lasciare come unico toponimo quello in lingua tedesca.
C’è da chiedersi, dunque, se sia lecito o meno cancellare tracce del passato, anche se appartenente a periodi bui della storia di una comunità, a tempi di sofferenza, non soltanto quelli vissuti ma anche quelli successivi, segnati da atti di prepotenza e di sopraffazione le cui conseguenze sono ricadute inevitabilmente anche sulle generazioni a venire. Una risposta, forse, è quella che il Presidente Mattarella ha dato pochi giorni fa: «La storia non si cancella ma siamo rivolti al futuro».
Non solo non si cancella, aggiungiamo noi, ma è dovere di chi è preposto all’amministrazione di un qualsiasi Comune ricordare quanti hanno dato lustro alle rispettive comunità attraverso l’arte, la poesia, la letteratura, la lotta politico-sindacale o l’impegno per la giustizia. Ma, anche, ricordare chi è stato vittima della sopraffazione, della violenza e della criminalità, un atto doveroso non solo per onorarne la memoria ma anche per indicarne l’esempio.
Tenere viva la memoria storica delle testimonianze del passato evita, infatti, che si disperda il patrimonio artistico, storico e culturale di una città, piccola o grande che sia, al fine di tramandare alla future generazioni il vissuto di quella comunità attraverso l’intitolazione di una strada, di un largo, di una piazza, di un qualsiasi sito che ne ricordi meriti e servizio reso.
La città di Napoli ritengo sia un buon esempio: al di là dei giudizi positivi o negativi sull’operato delle due amministrazioni a guida Luigi de Magistris – di cui soltanto nei prossimi anni sarà possibile fare un bilancio se onesto e non di parte – nell’ultimo decennio, con il prezioso contributo del migliore Assessore alla Cultura che Napoli ricordi, Nino Daniele, e della dinamica Assessora Alessandra Clemente, ha perseguito una politica per il recupero della memoria storica della città, di personaggi che hanno contribuito a scriverne le gesta lasciando un patrimonio immenso di conoscenza.
Dalla filosofia alla poesia, dalla letteratura alla musica, dal teatro al cinema, dal giornalismo al sacrificio della propria vita. Dalle vittime innocenti di camorra alla donna morta a seguito delle gravi ustioni riportate dopo l’incendio del letto dov’era legata nell’allora manicomio giudiziario di Pozzuoli, ricordata nella delibera di alcuni giorni fa assieme all’indimenticabile artista Aldo Giuffré, al giornalista Luigi Necco e a Edith Stein, santa e poi ancora patrona d’Europa per volontà di Papa Giovanni Paolo II, monaca cristiana, filosofa e mistica tedesca dell’Ordine delle Carmelitane Scalze, vittima della Shoah.
In particolare, alla memoria dell’attore, regista, drammaturgo, doppiatore e scrittore, interprete unico del teatro (non solo eduardiano) e prestigioso rappresentante della cultura napoletana di cui proprio oggi si ricorda la nascita, l’intitolazione della Scalinata Aldo Giuffré, corrispondente agli attuali gradini monumentali che collegano via Francesco Paolo Michetti con via Antonio Mancini, in zona Santarella, nel quartiere Vomero, dove l’indimenticabile e amato artista visse alcuni anni. In via del Sole n.4, nel centro storico della città, dove nacque, invece, sarà apposta una targa come ha assicurato l’Assessora Alessandra Clemente. Lo slargo che collega Piazza Leonardo a via Girolamo Santacroce, infine, sarà dedicato a Luigi Necco, noto giornalista televisivo nonché appassionato divulgatore della cultura napoletana.
Queste le recenti e forse ultime intitolazioni della toponomastica cittadina di questa Amministrazione che volge al termine, cui va dato il merito di un’attenzione mai registrata prima al mondo della cultura e dell’arte che la terza città d’Italia, ricca di un patrimonio dal valore inestimabile, merita nella speranza che tutto il lavoro svolto per il potenziamento turistico non si disperda ma riprenda con uguale vigore per riportare serenità in quanti operano nel settore che in quest’anno dominato dalla pandemia hanno sacrificato attività e forza lavoro.
Sarebbe interessante, oltre che utile, che l’Amministrazione facesse un attento e puntuale elenco di targhe apposte, di strade, piazze, larghi e siti intitolati in questi anni a esponenti del mondo dell’arte e della cultura e di qualsiasi altro campo, un bilancio senza alcun dubbio soddisfacente da mostrare alla cittadinanza. Perché la cultura, in tutte le sue espressioni, dovrà essere il volano della ripresa sin da subito affinché città d’arte come Napoli, Roma, Venezia, Firenze, Palermo torneranno a ripopolarsi di turisti, dando fiato a un’economia sempre più sofferente, giunta ormai a un punto di non ritorno. Occorre far presto, però, prima che sia troppo tardi.