Da qualche mese, i medici del 118 della Campania sono al centro di una controversia senza precedenti. I sanitari in forza sulle ambulanze o nei Pronto Soccorso delle strutture ospedaliere della regione si sono visti recapitare, non più di qualche settimana fa, delle richieste di restituzione delle indennità percepite (5.16 euro l’ora) dalle proprie ASL per un ammontare, in alcuni casi, anche di oltre 100mila euro. Ma cosa c’è dietro?
Nel 1999, nel processo di attivazione del Sistema del 118, le guardie mediche furono formate e impiegate nei Pronto Soccorso. Con la delibera regionale n. 6872 del 3 novembre venne loro riconosciuta un’indennità di 10mila lire come remunerazione aggiuntiva al trattamento economico in considerazione della nuova attività lavorativa ritenuta, dalla stessa delibera, usurante e a elevato rischio fisico, e rimasta in essere fino a oggi.
In seguito a un’indagine della polizia giudiziaria, su mandato della Corte dei Conti nelle ASL campane, quell’indennità è stata individuata come un compenso non dovuto in quanto compresa nelle altre voci contrattuali successivamente intervenute con la dicitura onnicomprensive, come da effetto a una norma del 2005 in sede di accordo nazionale.
In sostanza, allo stato attuale dei fatti, i medici del 118 non solo non percepiscono più il supplemento previsto dalla Regione – per un ammontare di circa 800/1000 euro mensili, – ma saranno costretti alla restituzione del sopracitato incentivo per tutti i quindici anni che lo stesso sarebbe stato indebitamente percepito. Il risultato si traduce in un drammatico ridimensionamento degli stipendi, di fatto dimezzati, e un ammontare delle indennità da rendere allo Stato che sfiora i 100mila euro per ogni singolo operatore.
«Una vera e propria pugnalata alle spalle», come l’ha definita la dottoressa Antonella Barbi, dirigente sindacale CISL, per ventiquattro anni in forza al 118 e, in seguito alla nuova ordinanza, migrata alla medicina generale dal 1° aprile. «Un provvedimento unilaterale che poterà tanti medici del 118 a effettuare la mia stessa scelta alla prima occasione utile. L’ACN del 2005 prevede, sì, che a ogni operatore venga corrisposto un compenso di 22.50 euro l’ora onnicomprensivo, ma vi è una norma transitoria, la n. 5, che afferma che vengono fatti salvi tutti gli AIR e le delibere precedenti. Inoltre, un successivo accordo del 2009 rende obsoleto quello a cui fa riferimento l’indagine, abolisce dunque l’onnicomprensività».
La questione, già deplorevole di per sé, assume toni ancor più cupi se si considera l’emergenza nazionale a causa della pandemia da COVID-19. In un momento in cui, spesso, si è compiuta la corsa alla recluta di nuovi camici bianchi lungo l’intero Stivale per far fronte alla mancanza di operatori specializzati, il servizio sanitario locale della Campania tende uno sgambetto a coloro che, per mesi, ha chiamato eroi, donne e uomini che, a rischio della loro stessa incolumità, tante volte determinano la sopravvivenza di quanti non hanno altre soluzioni che ricorrere al Pronto Soccorso per attaccarsi alla vita. «Ci siamo fatti carico di ogni situazione, in passato e ancora adesso, anche di ogni situazione di rischio. La presenza dei medici a bordo delle ambulanze fa la differenza tra la vita e la morte, ma questo non viene considerato».
La sensazione di non essere stati apprezzati per il proprio impegno e il proprio valore ha fatto nascere nei medici del 118 forti sentimenti di rabbia e disorientamento, tanto da far scattare l’agitazione e, successivamente, lo sciopero del servizio per il 26 marzo scorso, poi sospeso e ripromesso se la questione, nei giorni prossimi alle feste di Pasqua, non dovesse vedere una soluzione a loro favore. «Il Prefetto è stato l’unico a preoccuparsi della nostra situazione, chiamando il Capo di Gabinetto del Presidente della Giunta Regionale della Campania Maurizio Borgo e incoraggiando Palazzo Santa Lucia a trovare una mediazione».
«Al momento è stato congelato il pregresso», continua la dottoressa Barbi. «Parliamo di un ammontare di 5.16 euro per un periodo di quasi quindici anni. Alcuni hanno ricevuto richieste di restituzione superiori a 100mila euro e il provvedimento ha riguardato chiunque, anche pensionati e persino qualche vedova che vive soltanto della pensione di reversibilità del marito, in quel caso addirittura da versare in un’unica soluzione. Ma come si fa? È una situazione paradossale, il nostro stipendio è stato – di fatto – dimezzato».
La misura, oltre a essere fortemente penalizzante, suona anche discriminatoria rispetto ai colleghi che operano nelle altre regioni d’Italia, come ricorda la dirigente della CISL che si sta occupando della vicenda: «Piemonte e Lombardia pagano gli straordinari a 40 euro, da noi viene conteggiato come un turno normale. Inoltre, il nostro compenso non prevede le indennità di rischio biologico, di rischio chimico. Noi agiamo anche in luoghi di estrema pericolosità non solo per il paziente, ma anche per i medici del 118 a bordo dei mezzi di soccorso».
Sono oltre cinquecento gli operatori del Pronto Soccorso della Campania interessati dalla controversia. Un numero destinato a ridursi drasticamente. Chi, a fronte di un compenso di soli 22.50 euro, vorrà mettere a disposizione la propria passione, la propria professionalità e, nondimeno, la propria salute per un impegno non privo di rischi e pure sottopagato?
Il MoVimento 5 Stelle è stata la prima forza politica a interessarsi della condizione dei medici del 118 della Regione Campania, portando l’interrogazione in Parlamento e riuscendo, al momento, nel solo intento di svegliare qualche coscienza nei gruppi alleati, ora apparentemente destati di fronte alla grave ingiustizia di cui gli operatori sanitari destinati alle emergenze sono vittime. Risposte concrete, tuttavia, mancano ad arrivare. «Chiediamo un confronto con Vincenzo De Luca. È lui che deve garantirci il ripristino dell’indennità e il rimborso di quanto già ci è stato sottratto. La Regione, però, al momento non ha fatto passi nella nostra direzione».
«Abbiamo lavorato sempre con passione, il nostro è un mestiere che si fa soltanto se, alla base, c’è un grande spirito di sacrificio e uno spiccato senso d’umanità». Conclude la dottoressa Antonella Barbi. «Rivolgo il mio appello anche al cittadino comune, a chi resta in silenzio nell’indifferenza e invece dovrebbe scendere al nostro fianco, protestare, perché vittima al nostro pari. In tantissimi sanno di avere nei medici del 118 un punto di riferimento fondamentale, e ora che c’è il rischio di toglierli dalle ambulanze nessuno fa sentire la sua indignazione?».
Lo scorso marzo, il personale sanitario italiano è stato candidato al Premio Nobel per la pace. Si parla spesso di attribuire ai medici del nostro Paese un qualche tipo di riconoscimento speciale per il lavoro che, quotidianamente, e ancor più in questa situazione di emergenza pandemica, si trovano a svolgere. Tuttavia, non è di un premio che hanno bisogno, non è di applausi ai balconi o delle passerelle a Sanremo, ma della dignità che è propria di ogni lavoratore, quella che l’Italia ha scordato da tempo e continua a ignorare. Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi, diceva Bertolt Brecht. Mai come oggi, questa frase dipinge il destino di uno Stato che non ha più valori, che non offre più alcun punto di riferimento.