Nel suo romanzo Lo scioglimento dei ghiacci, edito Ensemble, Valerio Cruciani affronta la questione della violenza di genere. Ciascuna donna è resa consapevole fin dall’infanzia del pericolo di abitare la propria pelle. Il corpo femminile viene scrutato, soppesato, esaminato, consumato, come una cosa.
Cresciamo addomesticando il fisico e lo spirito a una società che ci reifica. Nei confronti dell’uomo, raccontato schiavo di una soverchiante e vigorosa sessualità, la donna ha da un lato il dovere di accondiscendere, cedere, chinare il capo al viril padrone e, dall’altro, la responsabilità di salvaguardare il proprio corpo-merce da eventuali attacchi. Cambiare anche una sola, impercettibile, virgola a questo paradigma vuol dire sopruso, violenza, morte alla sgualdrina.
Le cronache grondano sangue e lacrime di donna. Le piazze si riempiono di fiori, panchine, paia di scarpe rosse per non dimenticare quanto sia concreta la ferocia misogina. Quanto bisogna ancora lottare per il diritto a occupare con i nostri corpi uno spazio finalmente equo e sicuro, una posizione che non sia quella orizzontale della vittima. Ne Lo scioglimento dei ghiacci, Cruciani parte da un tema divisivo per l’opinione pubblica: la pornografia. Sul porno e su chi fa porno si è detto e si dice di tutto, spesso senza interpellare le dirette interessate. Duole notare, peraltro, che, molto spesso, l’emarginazione e la cancellazione delle lavoratrici del sesso e delle attrici porno dal dibattito pubblico è manifestazione di una convinzione che condanna l’oggettificazione del corpo femminile solo quando una donna, dal proprio corpo, riesce a trarre vantaggio per sé.
La protagonista del libro di Cruciani, Roberta, è una ricercatrice dei ghiacciai che, approcciata da una regista di film a luci rosse, decide di girare un porno. Al lettore non vengono forniti retroscena o perché. Non importa chi sia Roberta e cosa l’abbia portata a decidere di girare il film. In qualche modo, importa solo che l’abbia fatto. La protagonista è presente nel romanzo solo per immagini, inquadrature di gambe, seni, occhi, mani e labbra. Il suo punto di vista è significativamente assente da una narrazione altrimenti polifonica. Sul film di Roberta hanno tutti un’opinione: il marito, la figlia, un vecchio compagno di scuola, il parroco, lo psicologo. L’autore del romanzo scomoda, a un certo punto, perfino i genitori morti della donna i quali battibeccano dall’aldilà una sequela di banalità sulla figlia e sulla vita eterna.
Attraverso le parole del narratore esterno s’intrufola Cruciani che, con fare vagamente pedagogico, evidenzia nella decisione di Roberta una volontà di affrancarsi dalle rigidità delle convenzioni sociali celebrando il desiderio. Non fosse per questa agentività spiegata, la protagonista occuperebbe all’interno dell’intero racconto solo una posizione subalterna e passiva. Il punto di vista del marito di Roberta gode, invece, di una narrazione in prima persona che, come l’occhio di una macchina da presa, scava fin dentro il cervello di lui per metterne a nudo le reazioni. I capitoli scritti dal suo punto di vista sono infarciti di allucinazioni e incubi a occhi aperti, della pusillanimità di un uomo mediocre di mezza età che però non manca di farsi giudice onnipotente della sorte di sua moglie.
Lo scioglimento dei ghiacci è, tutto sommato, di facile lettura e difficile definizione. La natura di scrittore/sceneggiatore di Cruciani emerge nelle sue frasi asciutte, negli accostamenti aggettivali che cercano di stimolare il senso della vista. Il risultato è un romanzo scorrevole, punteggiato da incursioni lessicali violente e qualche scelta sensazionalistica. Traspare, a livello strutturale, una certa tensione verso la sperimentazione. Cruciani mescola narrativa e testo giornalistico, il noir con il teatro, l’intervista con la storia breve. Questa vena sperimentale, tuttavia, non si riversa nello stile dell’autore, che resta piuttosto piatto e privo di letterarietà.
Fanno da sfondo alla vicenda di Roberta i riferimenti ai cambiamenti climatici e al #MeToo. Mentre l’ispirazione al movimento appare chiara sia dalle interruzioni che separano il romanzo in due sia dal contesto – il marito di Roberta è un produttore cinematografico con più di un punto di contatto con Weinstein –, il rimando ai cambiamenti climatici da cui il libro trae anche il nome è meno esplicito. I ghiacci che si sciolgono rappresentano i vincoli dai quali Roberta si è liberata? Oppure sono indicatori di una natura potente e indomita (come quella soffocata nei corpi delle donne) soggiogata dallo sfruttamento dell’uomo? L’interpretazione resta al lettore.
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