Ci sono luoghi e tempi dove ripetere e ripetersi sempre le stesse cose, da anni, rimanendo per diversi aspetti uguali a se stessi, rappresenta un esercizio faticoso, stancante, qualche volta persino inutile. Ce ne sono altri, poi, dove certe idee ogni tanto vale la pena ricordarle, anche solo con lo scopo di rinfrescarsi la memoria, anche solo per il semplice fatto che magari dirselo può voler dire anche esserlo. E ce ne sono altri, di luoghi e di tempi, dove invece insistere diventa doveroso, dove le parole devono oltrepassare i muri – o, come accade oggi, gli schermi – perché alcuni concetti ancora non sono stati consolidati, anzi, sono ancora oggetto del contendere interno. Tra questi ultimi c’è certamente il Nazareno, il luogo dove le lotte fratricide del PD si sono consumate, dove i logoramenti si sono verificati, dove i passaggi di consegna sono stati più bui che mai.
E quello è il posto dove ieri Enrico Letta è stato eletto segretario del Partito Democratico dall’Assemblea, composta da circa mille delegati, con 860 voti favorevoli, 2 contrari e 4 astenuti. Nel suo discorso elementi imprescindibili ma non scontati da ribadire ce n’erano e, in effetti, ce ne sono stati, a partire dalla decisione di ripartire dai circoli, dal rilancio del lavoro tra Stato e Regioni e dalla necessità di un’Italia europea e globale. Cose ovvie ma solo all’apparenza e non troppo per un partito che è il principale dello schieramento di centrosinistra e che negli anni se ne è spesso dimenticato.
Dicevamo, dunque, di un Enrico Letta che si è presentato come uno che vuole raccattare i cocci – così ha dichiarato lo scorso venerdì a Propaganda Live – e che di tanti punti ne ha toccati diversi particolarmente positivi: il partito che non parli dei giovani ma che faccia parlare i giovani, la rivalorizzazione degli insegnanti, l’idea di costruire un’università democratica, lo Ius Soli – finalmente se ne riparla –, la cittadinanza italiana ed europea a Patrick Zaki e la lotta alle mafie anche in relazione ai 209 miliardi del Recovery Fund, sui quali bisognerà vigilare.
Il nodo, certamente, è anche qui, ma non è solo qui: una persona dotata di intelligenza politica – e l’ex Primo Ministro lo è senz’altro – capisce che sono quelli i presupposti da cui partire per sopravvivere. Ma questo, appunto, avviene se si vuole galleggiare. Per vivere, invece, serve innanzitutto che Letta – insieme a chi lo accompagnerà – sia diverso da se stesso, sia diverso da quel partito che lui ha contribuito a fondare e che da allora non ha mai vinto un’elezione. Eppure, tranne che in occasione dell’ultimo Governo Berlusconi e del Conte I, ha sempre governato.
Quello che la nuova segreteria del partito che si annovera tra i socialisti europei deve capire è che le idee liberiste fatte proprie da più di un decennio, le politiche sul lavoro attuate nei governi targati PD, compreso il Governo Letta, hanno garantito gli industriali e non i lavoratori, hanno messo a proprio agio le ZTL e non il ceto medio, hanno favorito i cementificatori e non la tutela ambientale, pardon, la transizione ecologica.
E nel momento in cui l’ex direttore della Sciences Po afferma che il presunto europeismo della Lega va messo alla prova e che la visione della comunità che si trova a guidare è alternativa rispetto a quella del partito di Salvini, ci troviamo a pensare che non sia sufficiente, per il PD, definirla tale ma che debba voler essere totalmente opposta perché gli spazi in cui opera – immigrazione, periferie, riforma fiscale – il Carroccio li ha occupati perché chi doveva farsene carico non solo non ha trovato quasi mai delle soluzioni efficienti, ma non se n’è proprio occupato in quanto impegnato nella salvaguardia del potere e negli equilibri correntizi.
La missione interna della quale il neo Segretario dovrà occuparsi, in fondo, è proprio questa, che coincide, poi, con la stesso problema che lo fece fuori dai giochi sette anni fa: liberare il partito dalle guerre intestine. L’operazione verità di cui si vuole fare carico non deve essere improntata a mandare via le talpe renziane, ma a esprimere con chiarezza su quali basi fondare il nuovo PD, che certamente saranno incompatibili con le idee dei vari Lotti e Guerini. E per farlo non è obbligatorio chiedere loro di rinnegare il passato e di farli pentire, ma sarà sufficiente parlare di alleanze: Letta immagina un campo aperto, guarda ai sindacati, cerca un dialogo con i 5 Stelle ed è compagno di tante battaglie di chi oggi sta in LeU. I personaggi citati, invece, hanno reso il PD un partito chiuso, lo hanno portato al minimo storico, più concordi con Calenda e Boschi che con Bersani e Fico. Due visioni, dunque, inconciliabili.
Questo Letta lo sa, lo sostiene tra le righe quando dice di non essere più lo stesso della sua precedente vita politica e lo afferma esplicitamente quando con realismo ribadisce che quelli che lo osannano oggi lo hanno rovesciato in passato e potrebbero rifarlo ancora, ricordando lui stesso la famosa citazione pirandelliana Nel lungo tragitto della vita incontrerai molte maschere e pochi volti. Quelle maschere sono le stesse che nel 2014 lo pugnalarono quasi all’unanimità e che oggi lo pregano di farsi avanti, sempre all’unanimità. È la vita, dice lui. È la politica, ci permettiamo di aggiungere noi. Quella con la p minuscola, però.
Il PD dovrebbe lottare per una Italia federale in una Europa federale ; questa è l’unica idea che può unificare la sinistra e molti di quelli che non votano da anni. Io spingerei anche ad una revisione dei compiti tra gli enti locali: abolizione delle regioni che sono un centro di potere troppo forte in funzione di province autonome in macro regioni (nord /centro e sud), questo poiché una provincia ha una sua identità e campanilismo oltre al piacere di vedere realizzarsi tante opere che la regione o lo stato non riescono valutare utili.
Iper assist al turismo culturale ed ambientale fuori le grandi città d’arte, ovvero nei borghi e nei luoghi naturali più conservati, oltre al turismo eno gastronomico, grande promozione internazionale del turismo Italia dopo accordi con le categorie degli operatori e dei mercanti. Ridurre il costo di soggiorno vitto/alloggio e delle visite guidate è essenziale per tornare competitivi. Industrie ok aiuti per quelle sane che fanno anche attività sociale entro e fuori fabbrica/ufficio, aiuto vuole dire finanziamento anche a tasso 0 che deve essere restituito ; basta cassa integrazione o fondo perduto. Riduzione cuneo fiscale, incremento salari, integrativo a valore minimo mensile netto (1200 euro?) per ogni cittadino maggiorenne. Eliminare la burocrazia con poche regole ma galera per chi sgarra. Guerra alla mafia è cosa molto difficile da affrontare specie al sud ma è giunto il tempo di fare pulizia, se non altro per garantire che i fondi europei arrivino a investire anche laggiù! Il drago, di questo e di molto sarebbe contento e capace di fare ‘il miracolo italiano’ del xxi secolo!