Dopo l’operazione Mani Pulite, mercoledì 3 febbraio 2021 passerà alla storia di questo Paese come la data di uno dei terremoti più devastanti, o maggiormente provvidenziali, dal dopoguerra a oggi, con il crollo di partiti e movimenti svuotati da tempo di ogni ideologia, di tutti quei valori e ideali che hanno da sempre orientato le scelte economiche e sociali, quali collante indispensabile di qualsiasi forza politica.
Non sono bastati i vari tentativi seguiti all’operazione prevedibile del boia di Stato per raccattare responsabili e improvvisati gruppi a sostegno di un Conte III. Non è bastato nemmeno l’intervento dell’onnipresente Sindaco di Benevento e consorte, esperti in ammucchiate elettorali, alcune – come in occasione delle recenti Regionali in Campania – andate anche a segno. Sono bastate, invece, poche ore dall’incarico conferito dal Presidente Mattarella al professor Mario Draghi, outsider della politica, per scatenare un sisma dalle cui macerie in un futuro non lontano si conteranno vittime e sfollati in cerca di rifugio.
Comunque vada nei prossimi giorni, tutti gli schieramenti – tranne quello della Giorgia nazionale, cui sarà affidata la sola opposizione – sono pronti a rinnegare ogni posizione, dichiarazione, giuramento, pervasi dall’ennesima conversione per assumere il ruolo di sostenitori di un governo di salvezza nazionale che relegherà la politica, se non alla porta, in un ruolo comunque marginale a beneficio di un esecutivo a guida finanza. Sempre che tutto proceda secondo quanto auspicato da più parti, dunque, un dato appare scontato: la completa confusione dei rapporti che certamente si rifletterà sui territori interessati alle prossime elezioni amministrative. 1287 Comuni, tra i quali Bologna, Milano, Roma, Torino e Napoli.
In particolare, nel capoluogo campano già da qualche mese circolano ipotesi di candidature che, stando agli schemi pre-Draghi, chiameremo ancora di centrodestra e centrosinistra. Nomi autorevoli, giovani e meno giovani, come quello della trentatreenne Assessore Alessandra Clemente per demA, il movimento del Sindaco uscente Luigi de Magistris, o del quarantanovenne magistrato Catello Maresca per il centrodestra. E ancora – uno su tutti – quello del settantaquattrenne Antonio Bassolino, due mandati come Primo Cittadino di Napoli e per dieci anni Presidente della Regione Campania.
In relazione alla crisi di governo, poi, altri nomi che hanno acquisito maggiore quotazione sono quelli degli attuali Ministri Amendola e Manfredi, in attesa del candidato che uscirà dal cilindro di Vincenzo De Luca. Resta forte anche quello del Presidente della Camera Roberto Fico, da sempre più che interessato alla poltrona di Palazzo San Giacomo. Nel centrodestra l’unica non allineata alla candidatura di Maresca è la leader di Fratelli d’Italia che appoggerebbe Sergio Rastrelli, figlio dell’ex Presidente della Regione Campania Antonio Rastrelli. Una proposta possibile, seppur isolata, se gli equilibri di Palazzo Chigi dovessero riflettersi anche localmente.
La scelta di Catello Maresca, apprezzato magistrato dal 2007 alla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli che ha ricevuto la benedizione politica di Silvio Berlusconi e di Matteo Salvini, potrebbe, tuttavia, ribaltare quanto previsto in casa del Partito Democratico, dove il segretario provinciale si è affrettato a dichiarare la sua apertura ai moderati di Forza Italia. Riteniamo, però, che dovrà fare i conti non solo con la stessa FI, ma anche con i pentastellati, a oggi stretti nel patto con PD e LeU.
Fin qui le indiscrezioni e le possibili candidature secondo gli schemi di un’altra era che davano per scontati, nei due schieramenti, accordi da perfezionare e barattare con nomine in altre città. Una matassa complicata da dipanare, principalmente in casa PD, dove l’imprevedibile De Luca potrebbe avere gioco facile, già precursore per la sua rielezione di un’intesa trasversale che anche adesso potrebbe gestire nel silenzio degli organi centrali.
Ben altra situazione è quella dell’unica candidata ufficiale Alessandra Clemente, che potrebbe beneficiare di questa confusione e della probabile spaccatura nel caso la candidatura autonoma di Bassolino prendesse consistenza, appoggiata dall’ala più ortodossa del partito, da quanti non disponibili ad avallare strane alleanze, nonché dalla società civile. Probabilmente l’unica candidatura che potrebbe non necessitare di accordi elettorali, almeno ufficiali, con altre forze. Mentre al PD uno e trino – come abbiamo avuto occasione più volte di definirlo per la presenza delle tre anime –, tenuto anche conto delle solenni sconfitte subite alle Amministrative del 2011 e 2016, un eventuale patto con il partito dei Cesareo o di Nicola Cosentino potrebbe soltanto facilitare la strada a quelle designazioni autonome, proprio come in occasione delle ultime competizioni elettorali.
Il movimento di Beppe Grillo, invece, dovrà fare i conti con i risultati della piattaforma Rousseau – al momento rinviati –, con i vertici genovesi e un nutrito numero di parlamentari vicini al Presidente della Camera e all’agitatore esterno Alessandro Di Battista. Da sempre imprevedibili e disponibili a cambiare quanto deciso pocanzi, i pentastellati potrebbero rappresentare l’ago della bilancia. Allo stato attuale, però, risulta difficile prevedere gli eventuali sviluppi, come sempre decisi tra Genova e Roma, anche perché la componente napoletana in Consiglio Comunale non è mai parsa interessata a dialogare con altre forze politiche né particolarmente collaborativa nell’interesse della città.
A questo punto, stando a quella che dovrebbe essere la composizione del prossimo governo e se dovesse ripercuotersi sui territori interessati alle urne, sembra oltremodo complicato operare scelte politiche, ma acquisirebbero valenza significativa la credibilità e il prestigio personale dei candidati. Occorrerà, dunque, avere una visione più chiara degli equilibri che si andranno a delineare a Palazzo Chigi, quanto conterà la presenza della politica in termini di rappresentatività e di ruoli chiave o secondari, quali gli atteggiamenti dell’europeista dell’ultima ora Matteo Salvini, ormai disposto a dire tutti i sì che gli saranno richiesti, seppur – immaginiamo – sarà più difficile trovarlo eccessivamente remissivo in merito alle alleanze sui territori, tema a lui particolarmente caro, in particolare nelle grandi città.
Soprattutto, sarà importante capire quanto durerà il possibile governo Draghi con la partecipazione dei due Matteo abili a far saltare il banco, magari con maggiore grazia, con in sottofondo quella meravigliosa composizione di Johann Sebastian Bach che ne porta il nome: Passione secondo Matteo.