A crisi di governo ufficialmente finita, continua la ricerca verso nuove stampelle della maggioranza: il rischio di cadere alla prima occasione esiste e a Palazzo Chigi stanno facendo di tutto per scongiurarlo. Il Partito Democratico, intanto, richiama i fuoriusciti, cioè coloro che ai tempi sono passati a Italia Viva, nel tentativo di farli rientrare al Nazareno: l’operazione non dovrebbe essere particolarmente complicata, considerando che tra i 48 parlamentari renziani più di qualcuno si è ribellato alla sfiducia nei confronti dell’esecutivo.
Ne abbiamo parlato con Stefano Ceccanti, deputato, costituzionalista e capogruppo del PD nella Commissione Affari Costituzionali, per capire da dove il Premier Conte e i suoi abbiano intenzione di attingere i numeri e, dunque, le persone per andare avanti. Perché il punto essenzialmente è questo: una volta scartati, per ovvi motivi, Lega e Fratelli d’Italia ed emarginata IV, restano ben poche forze in Parlamento, tra cui FI. Ma può questo Governo sopravvivere all’apertura a un partito-azienda e a un’alleanza tra realtà storicamente rivali?
Scongiurata la crisi, dunque, lo scenario resta complesso e tante le questioni da risolvere. Tra queste, non dimentichiamolo, una pandemia che ancora non abbiamo vinto.
Onorevole, come pensa che potrà andare avanti il Governo, se non ha la maggioranza assoluta ed è costretto a cercare voti dai singoli senatori? E tra chi cercherà questi voti?
«Guardi, il punto di partenza è oggettivo: ci sono due forze che hanno posizioni antisistema perché sono contro un rapporto forte tra Italia e UE, parlo di Lega e FdI. In ultimo, la Lega sta votando contro il regolamento del piano di ripresa al Parlamento Europeo e FdI sostiene analoga posizione. Queste forze non possono essere associate a un governo del Paese. La maggioranza si può fare senza di loro, aprendo a una coalizione di forze europeiste. Il come lo vedremo».
Forza Italia può essere considerata un’interlocutrice, nonostante tutto quello che sappiamo su Berlusconi e sui governi da lui presieduti?
«Siccome oggi, in questa legislatura e con questi rapporti di forza, a essere centrale è l’europeismo, sono interlocutrici tutte le forze che hanno votato nella UE per la nuova Commissione, compresa Forza Italia».
È vero che qualcuno, nel PD, era intenzionato ad appoggiare l’iniziativa di Renzi e a farlo rientrare in maggioranza anche dopo le dimissioni delle Ministre di IV?
«Non conosco movimenti sotterranei, io dico solo che la scelta di Renzi non si è capita. In quella mattinata il Presidente del Consiglio, dopo il colloquio col Presidente della Repubblica, aveva fatto un’apertura. In seguito a essa ci si attendeva che Renzi congelasse le dimissioni che aveva anticipato e chiedesse un’immediata verifica. Ora vediamo come la situazione evolve, specie dentro Italia Viva».
Nel PD è presente e, se sì, quanto è influente la componente renziana?
«Nel PD c’è un’area marcatamente riformista, che tiene fermo l’elemento di novità di un partito che non può essere ridotto al mantenimento del consenso tradizionale della sinistra storica. Al di là delle correnti in senso stretto, quest’area c’era anche prima di Renzi ed è stata dominante con le segreterie di Veltroni e di Renzi. Quindi è sbagliato definirla rispetto a una persona. Io penso che abbia un largo consenso a tutti i livelli».
Pensa che il MES sia una pregiudiziale e che vada necessariamente preso?
«Penso che sarebbe preferibile prenderlo, ma non possiamo proporre questa come pregiudiziale. Vogliamo, se non riusciamo a convincere il M5S, far saltare il Governo e la legislatura mettendo in pericolo anche l’elemento di garanzia europeista costituito dal Quirinale? In nome di una scelta europeista su un punto, vogliamo rischiare di far cadere l’affidabilità europea del Paese? Ci vuole costanza nel proporre argomenti, ma anche prudenza».
Lei appoggiò in modo deciso la riforma costituzionale proposta da Renzi nel 2016: si è pentito di averlo affiancato in quel periodo?
«La riforma costituzionale non era di Renzi, era sostanzialmente il risultato della Commissione bipartisan di esperti nominata dal Governo Letta di cui facevo parte. Senza di essa la formazione dei governi si è impaludata e per i rapporti Stato-Regioni ci siamo affidati alla supplenza della Corte Costituzionale. Il parametro sono i contenuti. Renzi ne ha espressi molti positivi, specie in quella fase. In questa, invece, sembra essersi smarrito».
Quando pensa che si voterà e come si presenterà il PD? Ci potrebbe essere, secondo Lei, una coalizione con il M5S?
«Si voterà nel 2023 e, a seconda di come avrà funzionato questa alleanza sperimentale, valuteremo il da farsi».
Comments 1