È il 9 dicembre, a Napoli. Ma San Gregorio è semivuota e, per le strade, del Natale si respira solo l’aria fredda di un inverno che si sta approssimando. In casa, come si dice in città, si fa fesso ‘o pensiero: si accendono le luci su albero e presepe per illuminare gli animi spenti, nel tentativo tenace di creare un’apparenza di normalità.
In questa Napoli piovosa dai vetri appannati dalla condensa e dalle vie semideserte, c’è una casa che è una casa come tante, e che come tante, sotto Natale, non vuole smettere di credere nei miracoli.
Il miracolo di questo focolare si chiama Maddalena, ha 97 anni ed è ricoverata al Cotugno. Maddalena è nonna di trentasei nipoti e madre di dieci figli. Maddalena ha i capelli bianchi e il mondo la guarda come un giocattolo rotto. Il mondo non sa che cinque dei suoi figli vivono con lei, che ogni mattina si sveglia e versa in ciascuno la vita. Non sa che uno di questi figli è disabile e che oggi non c’è più. Ma a Maddalena nessuno l’ha detto, perché ha già dovuto salutare un altro figlio e ora all’ospedale lotta per lo stesso male che ha invaso la sua casa senza bussare.
Un ospite arrivato ai primi di novembre, subdolo come lo sono tutti i mali, subdolo perché colpisce a caso. Il primo a esserne vittima è zio Armando. Non si sa bene che cosa abbia. Un mancamento, cade per strada, qualcuno lo soccorre, lo porta a casa, ma la situazione precipita in fretta e zio Armando, ricoverato a Caserta, è il primo ad andarsene. Polmonite bilaterale da COVID.
Ma la famiglia non può fermarsi. Le condizioni di Maddalena si aggravano, insieme a quelle di Carmine, il figlio cantante, il figlio dai sogni troppo grandi per la sedia a rotelle che lo inchioda a terra. Ha ancora le gambe forti: con la mente corre lontano, pensa all’America, continua a salire sui palchi insieme agli amici di Crispano, artisti come lui.
Carmine e Maddalena respirano a fatica, le bombole di ossigeno non bastano più. La saturazione è troppo bassa e la famiglia da lontano sa che è il momento di prendere una scelta difficile, l’unica che ancora li può salvare: «Siete sicuri? Si sa solo quando entrano…». Sono sicuri. La scelta non c’è.
Madre e figlio vengono portati d’urgenza all’ospedale specializzato nella cura di malattie infettive. Le notizie sono poche, la paura grande. Carmine e Maddalena combattono, e intanto un altro figlio viene portato al Cotugno con la stessa diagnosi: polmonite da COVID-19.
Carmine lotta. La famiglia prega. Carmine non ce la fa. Le immagini dello spettacolo Orgogliosamente Carmine, organizzato lo scorso anno da I Napoliedrici e altri amici, ricordano la sua voce, le emozioni che ancora oggi riesce a regalare. Nel cuore di chi lo ama si sentono i suoi battiti: la prova che la vita ha vinto la morte, nonostante tutto. La prova che Carmine non si dimentica, che la sua presenza è forte e il suo esempio continua a insegnare.
Ma la famiglia ancora non ha pace. Con i denti stretti, il fiato sospeso e una fiducia incrollabile, lotta per mamma Maddalena e un altro zio, un altro fratello. Maddalena ha trentasei nipoti e otto figli. Ma i medici pensano che non ce la farà.
Nessuno ha chiesto a Maddalena quanta forza ha lei. Chi la guarda da fuori vede una persona bisognosa di cure, e non sa che è lei da sempre a prendersi cura, che ogni boccata di ossigeno che esce dal respiratore che le copre la bocca e le taglia il naso entra in almeno quarantaquattro paia di polmoni.
Maddalena ha incontrato un angelo e adesso è sola, perché Carmela è stata dimessa e dopo dieci giorni ha dovuto dire ciao a una mamma adottata in una sala d’ospedale, non riuscendo a credere in un addio. Maddalena si aggrappa alla vita perché sa che c’è ancora molto da fare. La sua è una storia come oggi ce ne sono tante, ma che pochi ascoltano. È una storia che vuole superare le resistenze di chi dà più importanza ai numeri che ai cuori, di chi crede che la vita appartenga più ai giovani che ai vivi.
Abbiamo voluto raccontarla perché anche noi, come Maddalena, vogliamo credere nei miracoli. E la raccontiamo in rappresentanza di molte storie che non hanno voce. Per ricordare alla morte quello che Maddalena ripeteva sempre, prima che la mascherina dell’ossigeno le ostruisse la bocca e i pensieri. Lo ricordiamo come lo ricorda il nipote, Valerio, rappresentante anche lui di familiari con il cuore gonfio di speranze e la fiducia negli occhi. Lui, come molti nipoti lontani, costretto a trasferirsi per realizzare un sogno, da Londra scrive: «Nonna non può parlare. Ma se potesse so già cosa mi direbbe. Lei della morte non ha paura, non la considera. Il pensiero della fine lo scaccia come se fosse una mosca fastidiosa che le ronza attorno: “Ma chi tiene tempo per la morte, io c’ho da fare, io devo stare qui e vedere che succede.”».
Vi salutiamo con la stessa speranza di Carmela, non riuscendo a credere che sia un addio. E vi lasciamo l’ultimo invito: che non si contino più i respiri che mancano, ma si dia conto ai respiri fatti. Perché gli anziani sono pilastri e adesso troppe famiglie tremano.