Che cos’è un evento? Una trasformazione nel modo in cui il mondo appare oppure un reale cambiamento? Tutte e due le cose e altro ancora, ci dice il filosofo Slavoj Žižek. Da un’emergenza naturale – pensiamo, per esempio, a un disastro provocato dal cambiamento climatico o all’insorgere della pandemia da COVID-19 – a una rivolta sociale, fino a uno scandalo mondano oppure a un improvviso innamoramento, l’evento è un avvenimento che quando si verifica determina uno sconvolgimento della situazione oggettiva o soggettiva che riguarda la vita individuale e collettiva degli esseri umani.
Per Žižek, 71enne filosofo e sociologo sloveno considerato tra i maggiori pensatori viventi, il concetto di evento è tra i più importanti e, al tempo stesso, ambigui della storia del pensiero, ma può risultare una chiave interpretativa utile, come ci racconta nella sua opera-viaggio omonima, Evento (UTET, 2014), per comprendere un’ampia gamma di fenomeni che riguardano la nostra vita quotidiana. E il viaggio parte da una definizione approssimativa dell’evento come l’effetto che sembra eccedere le proprie cause.
A sostegno di questa riflessione, il filosofo fa l’esempio dell’evento costituito dal cristianesimo e dalla conseguente circolarità della relazione tra la fede e le sue ragioni, perché non si può dire di avere fede per l’acquisita convinzione di una serie di ragioni, ma è quando credo che comprendo le ragioni della fede. E così anche per la circolarità dell’innamoramento, perché non mi innamoro per la bellezza delle labbra o il sorriso della persona amata, ma è quando me ne sono già innamorato che le sue caratteristiche particolari mi procurano attrazione e piacere. Questo è lo stile espositivo antiaccademico, insofferente, a volte addirittura provocatorio e irriverente di Slavoj Žižek. Studioso di Marx e di Hegel e della psicoanalisi di Jacques Lacan, il pensatore di Lubiana è ricercatore all’università della sua città natale, docente all’European Graduate School e Direttore dell’Istituto per gli Studi Umanistici presso il Birkbeck College dell’Università di Londra. Al di fuori del suo paese, invece, è stato invitato in numerosi atenei, soprattutto negli Stati Uniti d’America.
Attualmente, Žižek è considerato come una sorta di guru della filosofia pop per la sua capacità di unire la tradizione del pensiero filosofico alla cultura popolare. Nella sua sterminata produzione saggistica – tra i tanti titoli, citiamo Benvenuti nel deserto del reale (Meltemi, 2002), Tredici volte Lenin (Feltrinelli, 2003), Leggere Lacan (Bollati Boringhieri, 2009), Vivere alla fine dei tempi (Ponte alle Grazie, 2013), L’oggetto sublime dell’ideologia (Ponte alle Grazie, 2014) – alterna le intuizioni teoretiche che partono da una solida base classica alle osservazioni e proposte di azione politica e sociale intorno alle tematiche più importanti del mondo contemporaneo, come la globalizzazione, l’ecologia, i diritti umani, il multiculturalismo. Fino alle coinvolgenti e inattese incursioni, inoltre, nella letteratura, nella musica e nel mondo dello spettacolo, perché l’ideologia non è morta, anzi si possono comprendere i fenomeni collettivi proprio partendo dalla produzione artistica e dalla popular culture, riflesso dell’esistenza reale che si svolge nella vita sociale.
Al cinema, in particolare, l’abbiamo visto anche protagonista nei film The Pervert’s Guide to Cinema (2006) e The Pervert’s Guide to Ideology (2012) di Sophie Fiennes, nei quali affronta, tra parti filmate e monologhi serrati e diretti al pubblico degli spettatori, i legami e le contraddizioni tra la psicanalisi e le narrazioni ideologiche e quelle dell’arte cinematografica.
Tornando alla chiave interpretativa radicale dell’evento, Žižek riflette sul fatto che nella società contemporanea l’Evento emancipatorio della modernità venga progressivamente disfatto. Da tempo critico del modello economico e sociale neoliberista e fautore di un ritorno all’originario e mai storicamente realizzato spirito del comunismo, il filosofo sloveno, quindi, si chiede quali siano le possibilità che si verifichi un autentico evento politico nel sistema del capitalismo, dove tutte le cose devono cambiare continuamente per rimanere le stesse. La risposta è che il vero Evento sarebbe trasformare il principio stesso del cambiamento.
Di conseguenza, nella sua opera In difesa delle cause perse. Materiali per la rivoluzione globale (Ponte alle Grazie, 2013), Žižek riflette proprio sulla condizione attuale delle comunità umane, le quali si sono rassegnate alla deprecabile terza via ipotizzata dai teorici della sinistra che coniuga il liberismo economico imperante con l’amministrazione dell’esistente nelle politiche pubbliche. I valori universali e la possibilità di una rivoluzione globale , invece, sono viste dall’autore come cause perse da recuperare, dal momento che le attuali società liberaldemocratiche dominano la scena grazie al loro rifiuto dell’autoritarismo, proclamato in teoria ma non realizzato nell’arena societaria, mentre la pratica politica è ormai ridotta a fabbrica del consenso popolare – sostenuta da un sempre più invadente totalitarismo digitale – senza alcuna speranza di poter immaginare l’uguaglianza tra gli esseri umani e una giustizia sociale reale e non soltanto codificata formalmente dagli assetti legislativi.
Viviamo ai tempi della fine a cui ci sta portando il capitalismo, con la crisi ecologica globale che mostra gli effetti più visibili negli eventi estremi del cambiamento climatico. In questi mesi caratterizzati dalla pandemia, comunque, il pensatore sloveno ha scritto un diario filosofico-politico intorno all’emergenza socio-sanitaria, che è stato di recente pubblicato con il titolo Virus. Catastrofe e solidarietà (Ponte alle Grazie, 2020) e dove esamina lo stato delle cose, in riferimento all’esistenza individuale, alla vita collettiva e alle relazioni di potere all’interno dell’arena societaria. Si intravedono nuovi pericoli, ma forse anche inedite possibilità di progresso nell’organizzazione della vita quotidiana e del rapporto con l’ambiente naturale.
Facciamo fatica a prevedere le gravi e forse irreversibili conseguenze sugli equilibri del sistema economico-finanziario e sulle fratture sociali sempre più vistose, che testimoniano il fallimento del capitalismo, una ideologia sistemica che aveva promesso il paradiso del benessere planetario, negando la possibilità di ogni alternativa. Slavoj Žižek, il filosofo delle cause perse, tuttavia, ci ricorda che è proprio quando il desiderio viene represso dal dominio dell’esistente e dalla disperazione più profonda che riemerge l’immaginario degli esseri umani al fine di colmare il vuoto della perdita originaria e vitale. La politica della sinistra radicale, quindi, può e deve ritrovare il coraggio di riprendere la lotta sociale per costruire una narrazione che favorisca il cambiamento.