Chiunque sa bene che una vera infanzia anni ‘80/’90 vuol dire soltanto una cosa: classici Disney. Non prendiamoci in giro, parcheggiare i bambini davanti a una videocassetta della celebre major non era solo un modo per tenerli saggiamente impegnati. Era un momento di formazione. Ogni classico, dalle ben note ma un po’ datate principesse (i cui villain toglievano il sonno per mesi) alle grandiose avventure, ha forgiato il nostro carattere, piantando ogni volta un piccolo seme. Ci ha fatto sognare e riflettere, comprendere la distinzione tra giusto e sbagliato, dato degli idoli e degli ideali. È per questo che, nonostante l’età ormai adulta, diventiamo particolarmente gelosi quando ci toccano quei personaggi. Ed è per questo che il live action di Mulan risulta essere un disastro totale.
C’era una volta un film che sarebbe dovuto uscire in sala a marzo. Poi, improvvisamente, il mondo si è fermato e la piattaforma Disney+ ha pensato bene di ospitare la costosissima pellicola (circa 200 milioni di budget) in una sezione speciale a 21.99 euro. Gli abbonati possono scegliere se vederlo adesso, pagando, oppure attendere dicembre per averlo gratis. Purtroppo, nessun lieto fine.
Si tratta della trasposizione del film d’animazione Mulan, 1998, il trentaseiesimo classico prodotto durante il Rinascimento Disney. Un’opera rivoluzionaria per storia e per caratterizzazione della protagonista, Fa Mulan, una ragazza al centro di nessuna vicenda d’amore come le sue colleghe antecedenti, ma fomentata dal desiderio di proteggere la sua famiglia, di farsi onore. Per preservare il padre invalido, decide di fingersi uomo e arruolarsi al suo posto nella guerra contro gli Unni appena giunti oltre la Grande Muraglia Cinese, pronti a invadere la Cina. Mulan entra così di diritto nella schiera delle principesse Disney, portando però con sé un grande primato: non solo si salva da sola ma salva anche la Cina intera.
Da un po’ di tempo, la Disney ha intrapreso un’operazione di trasposizione in live action dei più famosi e amati classici, alcuni riusciti discretamente (Cenerentola o Il libro della giungla), altri abbastanza dimenticabili (Il Re Leone o Aladdin). Un’arma a doppio taglio poiché, se da un lato è un ottimo modo per avvicinare i piccini di oggi a storie che hanno segnato un’epoca, dall’altro finisce per risultare o praticamente identico, e perciò inutile, o troppo diverso. In entrambi i casi, mai abbastanza. Dove non si dovrebbe toppare, però, è nello stravolgere il senso e i concetti chiave della storia.
Decidere di trasporre Mulan era una bella responsabilità e noi tutti riponevamo la massima fiducia nel progetto. Il risultato è una cocente delusione. Diretto da Niki Caro, il film ci mostra una protagonista decisamente diversa da quella che ricordiamo e ciò è dovuto all’introduzione di un elemento che nel lungometraggio animato non era menzionato: il Chi. Secondo la tradizione cinese, si tratta di una forza invisibile, un’energia presente all’interno di tutte le cose e le creature. Un concetto molto interessante, senza dubbio, ma che in questo modo stravolge completamente la caratterizzazione di Mulan, qui descritta come dotata dalla nascita di un Chi più elevato rispetto agli altri – la vediamo infatti compiere subito grandi azioni e acrobazie. Invece, la peculiarità di Mulan, ciò che la rendeva così straordinaria, era proprio quella di essere una ragazza del tutto ordinaria, sensibile, a volte goffa ma altruista e bramosa di portare onore alla sua famiglia – pur non sentendosi affatto tagliata – facendo l’unica cosa onorevole per una donna dell’epoca: sposarsi ed essere una moglie devota.
Travestirsi da uomo e andare in guerra è il primo atto di vero coraggio e la vediamo sudare freddo per sostenere il rigido addestramento, partire dall’essere una totale schiappa al diventare al pari se non più in gamba degli altri soldati. Nel film, questa evoluzione è totalmente persa poiché lei è già brava, è già più avanti e si distingue da subito per essere speciale, quasi ad avere dei poteri. Non c’è nessun duro lavoro e nessuna soddisfazione una volta raggiunto l’obiettivo. E poi, per quanto l’attrice (Liu Yifei) si sforzi, appare davvero troppo fredda, austera, senza un briciolo di quella spontaneità che rendeva la nostra Mulan molto più umana.
Altro errore – e lo sapevamo – è stato quello di eliminare i personaggi di Mushu e Li Shang. L’assenza del drago Mushu, potente comic relief, è stata giustificata dicendo di voler dare un tono più serio e realistico al film per poi inserire una strega e una fenice, tra l’altro in una pessima CGI. Riguardo Li Shang, Disney ha spiegato che non intendeva creare una situazione di rapporto subordinato ma pare che un altro dei motivi fosse la potenziale omosessualità percepita, in quanto lui era attratto da lei quando ancora la credeva un uomo. Un vero peccato, considerato che il rapporto tra i due è sempre stato descritto come di profonda stima, prima che di amore.
Ma l’errore forse più grave è un altro: non ci sono le canzoni. Dov’è la frustrazione di Mulan se non la sentiamo cantare Riflesso? Dov’è il pathos durante l’addestramento se non sentiamo in sottofondo Farò di te un uomo, forse una delle canzoni più travolgenti della Disney? Un vero flop, insomma, con personaggi secondari quasi invisibili, combattimenti irrealistici ed esagerati – una volontà della regista di rifarsi ai Wuxia, i racconti sugli eroi marziali cinesi –, montaggio e regia pessimi. Nessuna emozione, il messaggio di empowerment femminile era decisamente più forte nel 1998.
La più grande delle delusioni è forse sapere che i bambini che lo vedranno oggi crederanno di aver visto Mulan e invece si ritroveranno davanti a un episodio dei Power Rangers fatto leggermente meglio, con una protagonista che non rispecchia neppure lontanamente l’animo puro, la forza di volontà e il coraggio della nostra eroina. Ma non temere, cara Mulan, non permetteremo che il tuo valore venga snaturato. Come ci hai insegnato tu, il fiore che sboccia nelle avversità è il più raro e il più bello di tutti.