Napoli, la nostra Napoli. La città delle mille culture e storie, dei miti e delle leggende, dei misteri celati tra i decumani. Dove i turisti passeggiano tenendo costantemente lo sguardo verso l’alto, come i bambini. Sembra, dunque, doveroso celebrare quello che probabilmente è considerato uno dei simboli indiscussi del Golfo, solido e imponente, quasi a fargli da padrone: il Castel dell’Ovo.
Sorto sull’isolotto in tufo di Megaride, luogo dove venne fondata l’antica Parthènope (allora insediamento dei Cumani) nell’VIII secolo a.C., si tratta del castello più antico di tutta la città, collegato a via Partenope tramite un ponte, tra i quartieri di San Ferdinando e Chiaia. Nel porticciolo turistico sottostante, il Borgo Marinari, si possono trovare ristoranti e locali tipici, e una buona dose di movida napoletana che dona fascino all’ambiente, specialmente di sera.
Sfortunatamente, l’originale aspetto normanno del maniero non è più visibile, a causa di svariati lavori di ristrutturazione durante gli attacchi del periodo angioino e aragonese. Pare, però, che le sue origini risalgano al I secolo a.C., durante la dominazione romana, quando Lucio Licinio Lucullo fece costruire nella zona la sua lussuosa villa, anche ricordata come Castrum Lucullanum. Al suo interno si tenevano grandiosi banchetti, giochi, spettacoli, oltre a essere luogo di scienza, arte e letteratura, e proprio questo sfarzoso stile di vita servì a coniare luculliano, l’aggettivo ancora attuale per riferirsi all’abbondanza.
Fu invece l’imperatore Valentiniano III che, a metà del V secolo a.C., decise di fortificare la villa nella quale morì poi Romolo Augustolo, nel 476. Le vicende del castello proseguirono e successivamente finì per diventare luogo di ritiro di monaci basiliani provenienti dalla Pannonia. I religiosi furono costretti ad abbandonare il complesso nel X secolo, con l’arrivo dei Saraceni.
Dopo il regno di Costanza d’Altavilla, regina degli Svevi, un terremoto nel 1370 distrusse parte del castello e la ricostruzione, avvenuta per volontà della regina Giovanna I, vide anche il restauro delle antiche costruzioni normanne. Quando la Spagna spodestò l’ultimo re aragonese, subentrarono nuove ricostruzioni, fino all’arrivo dei Borbone che crearono ben due ponti levatoi e un’ennesima fortificazione con batterie. Bisognerà aspettare il Settecento per vedere il castello non più come sede di reali, bensì come avamposto militare e persino prigione. Alcuni nomi da citare sono sicuramente il celebre filosofo Tommaso Campanella, il quale scontò lì la sua reclusione prima della condanna a morte, Francesco De Sanctis, Carlo Poerio e Luigi Settembrini.
La fortezza non ebbe vita facile neppure a seguito dell’Unità d’Italia, quando si pensò di distruggerla del tutto per l’attuazione di un piano di risanamento cittadino. Fortunatamente ciò non avvenne e Castel dell’Ovo rimase abbandonato fino ai restauri del 1975 che lo resero come noi lo conosciamo oggi. Un luogo magico e singolare, le cui mura restano impregnate non solo dello scorrere dei secoli ma anche di una moltitudine di storie e leggende nate grazie alla passione dei partenopei per le credenze popolari. Qualcosa che lo ha reso forse tra i monumenti più mitizzati di Napoli.
Una delle leggende più celebri e fantasiose legate al castello è senza dubbio quella relativa al suo nome. Si pensa, infatti, che il poeta latino Virgilio, all’epoca noto anche come mago – cosa che non si preoccupò mai di smentire –, avesse nascosto nei sotterranei un uovo magico, protetto da una gabbia e da numerose serrature. Finché l’uovo fosse rimasto sano avrebbe garantito anche la solidità della fortezza ma, se si fosse rotto, sarebbe crollato tutto, gettando Napoli in una spirale di tremende catastrofi. Addirittura si racconta che, quando il maremoto del 1370 causò il crollo di un arcone e di una parte del Monte Echia, in città si mormorasse di un prigioniero che, fuggendo, aveva urtato il contenitore con l’uovo, rompendolo. La regina Giovanna I fu costretta a dichiarare pubblicamente di aver sostituito di persona l’uovo solo per evitare di diffondere il panico nel popolo.
In realtà, pare che il nome del maniero con l’uovo magico nascosto c’entri ben poco: sebbene la prima versione sia quella più accattivante da raccontare, Ruggiero I Normanno edificò la fortezza dandogli una forma ovulare e forse è proprio questo il motivo di tale appellativo. Un’altra curiosa storia è quella di Parthenope. La sirena, non essendo riuscita a incantare Ulisse e attrarlo in fondo al mare, si suicidò e le sue spoglie furono trasportate sulle coste dell’isolotto di Megaride, dando così il suo nome alla città che si trovava sul promontorio.
Oggi il Castel dell’Ovo è la sede della Direzione Regionale per i Beni culturali e paesaggisti della Regione Campania e rappresenta un pilastro di cultura, storia e bellezza artistica del capoluogo. Dalla sua Terrazza dei Cannoni, la zona più alta, è possibile godere di una vista mozzafiato e ammirare l’intero Golfo di Napoli.
Superata la Torre Normandia, caratterizzata da archi in piperno e una peculiare merlatura guelfa, compare la Chiesa di San Salvatore, piccola perla che conserva al suo interno degli affreschi tardo-bizantini. Sul Loggiato Est si trovano inoltre le rovine della Chiesa di San Pietro, edificata dai monaci basiliani. Caratteristici da menzionare sono i cosiddetti romitori, celle oggi spoglie ma un tempo forse adoperate come piccoli altari, risalenti all’antico complesso monastico.
Se l’esterno del castello rapisce e accompagna il visitatore a spasso nel tempo, l’interno non è da meno: ogni sala ha la sua storia, forse lievemente meno affascinante quando è adibita per mostre, meeting ed eventi, destino oramai della maggior parte dei luoghi e monumenti artistici. Tra le varie, menzioniamo la Sala delle Colonne, così chiamata per la presenza di rocchi appartenenti all’antico Castrum Lucullanum. Divisa in tre navate, il marmo candido contrasta con il giallo del tufo, rendendola una delle più belle e suggestive.
Da non perdere anche la Sala Sirena, completamente scavata nel tufo, o quella delle Prigioni, nata probabilmente come fortificazione e poi adibita a custodire i tesori e i documenti, ad esempio gli archivi segreti dello Stato. Invoglierà sicuramente i turisti sapere che l’accesso al Castello e ai suoi splendidi ambienti è gratuito.
Spendere adeguate parole per una tale magnificenza sembra impossibile, ma il Castel dell’Ovo era e resterà sempre un faro per i napoletani e non solo. Conosciuto in tutto il mondo, resta una presenza rassicurante per i cittadini e una testimonianza di storiografia, arte e cultura che continua a vegliare sulla città… almeno finché l’uovo resterà integro.