I nostri lettori ci perdoneranno l’ingenuità che talvolta tiriamo fuori facendo affidamento su utopici progetti tra partiti diversi nella speranza che creino qualcosa di puramente progressista e innovativo, con un punto di vista chiaro su quale parte del campo occupare e – se vogliamo esagerare – con un minimo di coerenza.
Non più di una settimana fa, ad esempio, ci eravamo spinti a immaginare un’alleanza alle Elezioni Regionali tra gli schieramenti che compongono il governo Conte – eccezion fatta per Italia Viva che porterebbe solo scompiglio –, riconoscendo che ognuno di loro ha commesso vari e gravi errori, che entrambi dovrebbero liberarsi di personaggi scomodi – vedi De Luca in Campania – e che hanno storie e origini eterogenee. Tuttavia, ciò che pensiamo da mesi è che se il PD si sbarazzasse di quei pezzi che fino a poco fa erano ultrà renziani e il M5S facesse altrettanto con chi rimpiange l’esperienza con la Lega, probabilmente riuscirebbero a trovare alcuni punti in comune su cui costruire un’alternativa ai sovranisti. E gli Stati Generali, checché se ne dica, potrebbero essere stati una buona occasione per costruire un programma comune, avendo avuto la possibilità di ascoltare parte del tessuto sociale del Paese.
Ebbene, queste speranze durano sempre non più di qualche giorno perché puntualmente arriva una dichiarazione, un post o persino un voto che vanno in una direzione del tutto opposta a quella auspicata per cui ogni minima forma di fiducia viene presto vanificata.
Questa volta è stato il turno del Vicesegretario del PD Andrea Orlando che, in una recente intervista rilasciata al Corriere della Sera, con un occhio si è rivolto al MoVimento 5 Stelle per correre insieme alle elezioni locali e con l’altro ha aperto a Forza Italia, affermando che una maggioranza alla fine ci sarà. In tutti i casi il dialogo con FI sui temi fondamentali va coltivato con attenzione. Non stiamo progettando i prossimi mesi, ma i prossimi decenni. L’unità delle forze che si riconoscono nella prospettiva europea è un valore.
Per quanto possiamo sforzarci, veramente non capiamo in che modo il braccio destro di Zingaretti intenda aprire un dialogo con il partito fondato da Berlusconi ossia il personaggio più pericoloso e disastroso che abbia guidato il Paese dal dopoguerra a oggi. Ed è strano che proprio Orlando non se lo ricordi perché da ex Ministro della Giustizia dovrebbe avere ben presenti i disastri che anche – e soprattutto – in quel settore il Caimano ha provocato.
Sia chiaro, siamo sorpresi solo parzialmente perché il Partito Democratico in passato si è fatto ben pochi scrupoli a sostenere esecutivi o, peggio, a governare insieme all’ex Cavaliere: ricordiamo la fiducia data insieme al governo Monti nel novembre 2011 – quando, nonostante la bassa popolarità e credibilità di cui B. godeva, i dem non vollero comunque andare a elezione –, l’inciucio per dare vita al governo Letta sotto la benedizione di Napolitano, il Patto del Nazareno con Renzi sino ad arrivare alla Bicamerale di fine anni ’90 targata Massimo D’Alema.
Tuttavia, avevamo cominciato a pensare che il PD stesse a poco a poco risalendo nei sondaggi perché sta lentamente tentando di ripulirsi e perché, pur restando pieno di correnti interne, ogni tanto dà qualche segnale – flebile – di sinistra. E invece ce la mette tutta per farci ricredere all’istante: come ricordato qualche giorno fa su Mar Dei Sargassi, il partito erede del PCI ha votato insieme alla Lega, e non solo, un emendamento che concederà 150 milioni di euro in più alle scuole private che vanno ad aggiungersi a quelli già stanziati precedentemente, con tanta soddisfazione del capogruppo Delrio.
A questo punto forse riusciamo a capire perché dalle parti di via del Nazareno intendano parlare con il partito-azienda targato Fininvest, trovando evidentemente una sottile empatia e un terreno fertile su cui lavorare. Allora, quello che ci interessa capire da Zingaretti & co. è se abbiano intenzione di gettare una volta per tutte la maschera che troppo spesso hanno indossato e ammettere ai propri elettori, ma soprattutto a se stessi, chi sono e da che parte vogliono stare.
I valori che intendono condividere sono quelli dell’istruzione pubblica, della sanità aperta a tutti – e forse ora abbiamo capito quanto ce ne sia bisogno –, della legalità – il che cozzerebbe con un condannato in via definitiva per frode fiscale quale B. –, di una giustizia efficiente e non ad personam e dei diritti civili oppure sono quelli tanto cari a quel centrodestra fittiziamente moderato che vuole grandi opere inutili come il TAV e il Ponte sullo Stretto, che non intende garantire la certezza della pena, che è guidato da uno che ha tenuto per anni in casa il mafioso Vittorio Mangano – considerato da lui eroe – e che ha rovinato gran parte del settore pubblico? Non c’è più tempo: per il PD è il momento di scegliere e di farci capire da che parte sta. Così almeno smettiamo di passare per ingenui.