Quando Floriana Coppola presentò Aula voliera (Oèdipus, 2019), il suo terzo romanzo da poco presente nelle librerie, al PAN (Palazzo delle Arti di Napoli), era il 30 gennaio di quest’anno. Ne parlava con l’editore Francesco Forte e i relatori Marco Rossi Doria e Claudia Neri e – come ha affermato di recente sui social – era molto emozionata nel raccontare, davanti a un pubblico di amici, rappresentanti del mondo della scuola, dell’informazione e appassionati lettori, dei dieci anni di lavoro per raccogliere ricordi e riflessioni e costruire trame, intreccio e dialoghi. Ora, all’autrice sembra quasi passato un secolo, perché la pandemia da COVID-19 ha fermato la vita sociale, gli incontri culturali e, in seguito, cambierà il nostro modo di vivere insieme.
Floriana Coppola è docente di Lettere negli istituti statali superiori, specializzata in Analisi Transazionale e Psicologia Esistenziale, perfezionata in Didattica e Cultura di genere e in Scrittura autobiografica. Fa parte della Società Italiana delle Letterate e, tra le sue opere di poesia, ricordiamo Mancina nello sguardo (La Vita Felice, 2012), Femminile Singolare (Homo Scrivens, 2016), Cambio di stagione e altre mutazioni poetiche (Oèdipus, 2017, I ed.), La faglia del fuoco (Il Laboratorio, 2019). I primi due romanzi, infine, sono Vico Ultimo della Sorgente (Homo Scrivens, 2012) e Donna Creola e gli angeli del cortile (La Vita Felice, 2014).
In Aula voliera, la scrittrice napoletana ci racconta di Antonia Martinelli e del suo teatro della vita, dove ha recitato i ruoli di donna, madre e insegnante, anche se preferisce definirsi soprattutto un animale scolastico. Una grave malattia l’ha costretta al silenzio così la donna è andata alla casa Rosa, il suo incantevole rifugio estivo nel Cilento. È qui che ha iniziato a scrivere un diario, dove le tante pagine dei ricordi della sua esistenza si alternano a flussi di coscienza in forma di poesia.
Ci sono la sorella maggiore Adriana e il figlio Dario a farle compagnia e l’ambivalente presenza, che si materializza in pressanti messaggi al cellulare, del marito Sergio, con il quale la storia sentimentale negli anni si è trasformata in un legame formale che non riesce a terminare. Nonostante tutto, le pagine del suo scritto si riempiono di emozionanti memorie, che vanno dai giorni dell’infanzia familiare e scolastica all’adolescenza che somiglia a una malattia ma con il tempo gli adulti lo dimenticano, come le era capitato di leggere in un testo di studio.
La parte centrale del libro, tuttavia, è piena dei ricordi di Antonia che riguardano il suo vissuto di insegnante, una professione a cui da giovane si preparò con determinazione, non dimenticando le parole di un suo amato professore di Storia e Filosofia che incitava i ragazzi a cercare la felicità e a non accontentarsi mai. La sua visione, scrive la protagonista, rappresentava l’aula come una voliera e il cielo fuori, capovolto come un guscio d’uovo.
La giovane insegnante mette assieme un articolato denso bagaglio di esperienze, dalla prima e sconvolgente prova da inesperta maestra con un gruppo di ragazzini di una scuola elementare in un quartiere popolare di Napoli ad altre vissute negli istituti scolastici, dove incontra vari colleghi di lavoro e tanti allievi. Un complesso racconto di diverse storie di vita che le regaleranno conoscenza del mondo, momenti di gioia, ma spesso il tradimento della sua eterna fame d’amore e di senso.
Aula voliera ci parla di relazioni tra le persone, di storie di formazione, di legami e, soprattutto, di responsabilità, quella parola/concetto che ha un peso specifico, tesse trame reali in ogni muscolo. Da questo sentimento dello stare al mondo nascono le continue riflessioni della protagonista sulla funzione della scuola nell’arena societaria e l’avvilimento per le sue sorti nella vita contemporanea, dove la missione educativa viene svilita a ruolo lavorativo individualistico, formale, a volte svolto con insofferenza e, in effetti, specchio fin troppo fedele della società della performance nella quale tutti viviamo.
Perfino i luoghi della bella terra cilentana mostrano ad Antonia, nella parte finale della narrazione, le offese e le ferite del degrado morale e, in alcuni episodi, addirittura criminale del più ampio ambiente geografico, storico e politico del quale fanno parte. Soltanto l’incontro con Giuseppe, un educatore volontario, non istituzionale, che osa addirittura parlare di descolarizzazione, sarà un momento di confronto ricco, diverso e, forse, segnerà l’apertura a una nuova fase della vita sentimentale e relazionale della protagonista.
Nell’intenso pomeriggio della presentazione di Aula voliera al PAN, come ci ricorda la stessa Floriana Coppola, si parlò di comunità educante e di scrittura e della letteratura che pone domande e aumenta il ventaglio di possibilità di comprensione del reale. La lettura del suo romanzo ci incoraggia, in effetti, a intraprendere un cambiamento radicale dell’esperienza educativa e di vita di maestri, allievi e cittadini: immaginare scenari di convivenza possibile e, quindi, la costruzione di una nuova normalità per riprendere l’esistenza nelle nostre mani e tornare, in maniera responsabile, a prenderci cura delle vite degli altri e del comune destino.
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