Onda Pride: è questa la denominazione per identificare l’insieme delle Pride Parade, le manifestazioni di orgoglio in difesa dei diritti della comunità LGBTQ+. Quelle che ogni anno si tengono nel mese di giugno in svariate città e che quest’anno, a causa dell’emergenza coronavirus, non ci saranno. Niente carri, concerti itineranti, cori, costumi variopinti e bandiere arcobaleno. Niente di quella energia che il Pride Month riesce a generare attraverso la coesione incommensurabile di più diversità unite dalla stessa volontà: celebrare la bellezza di essere se stessi e di amare chiunque indistintamente.
Occorre però fare un ripasso e partire dalle basi. Si dice Pride e non Gay Pride, sebbene in molti, ancora oggi, usino la seconda espressione. Il motivo sta nel fatto che un tempo Gay Pride era letteralmente sinonimo di orgoglio gay e molte realtà parallele non avevano lo stesso risalto né, tantomeno, un appellativo. Oggi, la comunità LGBTQ+ si è estesa, includendo bisessuali, transessuali, pansessuali, asessuali, transessuali, intersessuali o, in senso lato, queer, cioè tutte quelle persone che non si ritengono conformi agli stereotipi sessuali e sociali generalmente imposti dalla cultura dominante. Per questo, il termine Pride risulta più attuale e inclusivo ed è quello che la stessa comunità chiede di usare.
Come buona parte di noi già saprà, il Pride non nasce dai buoni propositi di qualcuno in una bella mattina di sole, né dalla voglia di far festa e movimentare un po’ le strade della propria città. Le origini risalgono ai Moti di Stonewall, una serie di scontri avvenuti tra esponenti della comunità omosessuale e la polizia newyorkese nella notte del 28 giugno 1969. Una ribellione a seguito dell’ennesima retata violenta degli agenti all’interno del noto locale gay Stonewall Inn, dove i frequentatori venivano spesso arrestati per indecenza, in un secolo in cui l’omosessualità era ritenuta un crimine contro natura. La rivolta, dunque, sancì l’inizio del movimento di liberazione omosessuale ed è per questo che il 28 giugno si celebra la Giornata Mondiale dell’Orgoglio LGBTQ+. Negli anni a seguire, invece, furono organizzate marce commemorative in ricordo dell’accaduto, i Pride appunto.
In Italia, le prime parate, piuttosto edulcorate, si ebbero nel 1972 a Sanremo, poi subentrarono Torino e Palermo. Per assistere a un effettivo Pride come lo intendiamo adesso bisognò attendere il 1994 a Roma, esteso successivamente anche a Bologna e Napoli. Oggi, nella penisola vengono organizzati più di quaranta Pride all’anno, manifestazioni tra le più sentite, tanto celebri da coinvolgere sindaci, associazioni, esponenti culturali e istituzionali e una buona dose di sponsor. Un mezzo per ricordare la storia ma anche per celebrare allegramente amore e diversità, per rompere le regole sociali e rivendicare dei diritti ancora lontani, sotto molti aspetti. Dove basta essere semplicemente ciò che si è, senza bisogno di rinnegarsi o vergognarsi, tra musica, balli e la solidarietà di un’unica grande famiglia.
Un dispiacere sapere che questo mese, per la prima volta dopo anni, non vedremo nulla di tutto ciò. A causa delle misure restrittive del COVID-19, parate ed eventi sono stati annullati o rimandati in data da destinarsi ma ciò non ne ha arrestato lo spirito. A livello globale, il 27 giugno verrà celebrato un Global Pride, a cui si potrà partecipare con iniziative virtuali. Una fra tutte, la mostra d’arte online Pride by your side, su ARTSPACE, che si terrà per l’intera stagione estiva e il cui ricavato sarà devoluto in beneficenza.
Numerose città hanno poi trovato il modo di reinventarsi, sfruttando gli spazi social e proponendo eventi alternativi come interviste, performance artistiche, cortometraggi, spot, video e campagne. A Roma si terranno incontri online, contest e foto da pubblicare con gli hashtag #RomaPride2020 e #PrideInside. Anche Torino ha optato per celebrazioni differenti, tra cui spicca l’iniziativa di Screeen, piattaforma di pellicole indipendenti la quale, accanto a Coordinamento Torino Pride e altre associazioni, ha pianificato una programmazione gratuita e incentrata principalmente sul cinema queer. Sarà invece Napoli la prima città a ospitare un evento post-COVID, con il flash mob organizzato in Piazza del Plebiscito il 27 giugno, dalle ore 18. In linea con le norme del distanziamento sociale, la manifestazione vede la cooperazione del Comune e di svariate note associazioni come AGEDO Napoli, ALFI Le Maree Napoli, Antinoo Arcigay Napoli, Associazione Trans di Napoli (ATN).
Insomma, un modo per far sentire forte la propria voce anche dietro la mascherina. Perché si è stati zitti e ghettizzati davvero troppo a lungo. Non staremo qui a ribadire che orientamento e identità di genere sono caratteristiche innate e per quale motivo non esiste un etero pride – per la soluzione, neanche così sorprendente, riguardare le origini sopracitate. Il Pride è una risposta al bigottismo, al paradosso di doversi nascondere per amare quando ogni tipo di violenza viene spiattellata ovunque, normalizzandola. Una risposta esuberante e forse sì, talvolta esagerata, ma si tratta di un’esagerazione per farsi vedere e sentire al fine di rivendicare il diritto di esistere. Chi lo definisce un’oscena carnevalata non solo non ha mai preso parte a simili eventi ma, forse, è anche troppo sensibile se si scandalizza tanto per qualche lustrino o un po’ di pelle scoperta. A che serve nel 2020? Probabilmente sono gli stessi che continuano a domandare a che serve il femminismo ora che le donne lavorano e possono votare.
Fortunatamente, oggi il Pride è un manifesto di inclusività sempre più eterogeneo, che vede al suo interno anche eterosessuali e cisgender, i cosiddetti alleati – così come il femminismo oggi include gli uomini. Perché, non ci stancheremo mai di ripeterlo, non è necessario far parte di una causa per lottare per essa, anzi, quando hai un privilegio dato dalla società hai una responsabilità in più. Per tutti quelli che ancora subiscono violenze e soprusi, per leggi contro la discriminazione e tutele legali, per chi ha ancora paura di fare coming out – basti pensare al mondo del calcio. Per ballare e cantare insieme, sentendosi accolti e mai giudicati. Per abbracciarsi. E ci si augura di tornare presto a farlo. Ma, per adesso, orgogliosi di essere noi stessi… online.