Da quando i media digitali hanno conquistato il loro primato sui mezzi di comunicazione tradizionali, anche il modo di comunicare è cambiato. Come scriveva il più grande studioso degli effetti della comunicazione, Marshal McLuhan, il medium è il messaggio. Con questa semplice frase, che coinvolge qualunque tipo di divulgazione, si intende che il mezzo con il quale si veicola un’informazione non rappresenta solo un insignificante supporto fisico, ma influenza la forma del messaggio e, spesso, anche il suo contenuto.
È per questo motivo che, con lo sviluppo del social, il modo di comunicare è cambiato: non è difficile rendersi conto di quanto i nuovi sistemi influenzino le modalità in cui cerchiamo informazioni e in cui valutiamo – o non valutiamo – la loro attendibilità, o l’influenza che lo stile della comunicazione digitale ha persino su quella non virtuale. Eppure, non è solo l’utente comune a farne uso: ormai, anche la comunicazione politica e quella istituzionale cavalcano le onde del web. Tale novità, però, non è necessariamente un aspetto negativo del nuovo millennio poiché conforme all’evoluzione della comunicazione che ha accompagnato la rispettiva evoluzione dei suoi mezzi, a partire dall’invenzione della stampa o dalla diffusione di radio e televisione. Tuttavia, uno stile troppo informale, per quanto maggiormente incisivo, rischia di assumere forme inadatte al discorso politico, che orbita intorno alle emozioni.
Sebbene la loro centralità sia stata riconosciuta scientificamente solo in tempi recenti, le emozioni rappresentano un elemento fondamentale per la determinazione dell’azione politica in quanto esse si rivelano determinanti nella genesi delle opinioni che, a loro volta, determinano i comportamenti di voto. La progressiva emozionalizzazione della narrazione politica è dipesa principalmente dal processo di mediatizzazione della sfera pubblica che, con la televisione prima e con internet poi, ha accentuato l’importanza della componente sentimentale nella comunicazione. Il ruolo più invasivo dei new media, inoltre, non solo ha creato un nuovo ecosistema comunicativo al quale gli attori politici devono adattarsi, ma ha confermato l’importanza che i media stessi hanno nella produzione e nella distribuzione dell’informazione politica, con il passaggio alle piattaforme digitali che ha ulteriormente influito sull’impulso emotivo.
Nell’ambito della comunicazione di questo tipo, l’evocazione della dimensione emozionale permette l’identificazione con l’oratore: non a caso, le campagne elettorali sono le protagoniste della drammatizzazione della narrazione politica. Negli ultimi anni, ad esempio, la corsa alle presidenziali statunitensi ha rappresentato la massima espressione di questa smodata ricerca dell’emotività, giocata in particolar modo dalla hate campaign di Trump. Non è un caso, dunque, che lo strumento privilegiato da simile stile comunicativo sia Twitter, il cui linguaggio e la cui grammatica, con messaggi brevi – perché rientrino nei 140 caratteri – risultano più incisivi e hanno bisogno di toni decisamente aggressivi.
Tale stile comunicativo non risulta sconosciuto nemmeno nella narrazione italiana e ricorre spesso anche nei discorsi istituzionali. Gli esponenti politici, cavalcando l’onda del discorso d’odio e dei populismi insorgenti, si servono spesso di una comunicazione emozionale di tipo negativo, alla ricerca di un più accessibile consenso, dimostrando di essere perennemente in campagna elettorale. D’altronde, l’aspetto emozionale permette l’identificazione del cittadino con il leader di turno – nelle sue caratteristiche peggiori –, e garantisce una maggiore diffusione dei messaggi. Non è un caso, dunque, che la comunicazione politica sui social network acquisisca registri aggressivi e ricorra all’hate speech.
E, dunque, il problema dei discorsi d’odio e discriminatori che circolano impuniti sul web – data la scarsa regolamentazione sulla comunicazione digitale – si aggrava di una questione peggiore, che giustifica il linguaggio offensivo da parte dell’utente comune poiché a esso si aggiunge il suo uso sistematico anche da parte della componente politica. Sarebbe più corretto dire, allora, che è l’emozione a essere diventata il medium per eccellenza e l’odio è il suo stile comunicativo più efficace.