Matteo Renzi ha aperto un blog. L’ex Premier è tornato a parlare, a utilizzare la rete dopo il No al Referendum che ha portato alle sue dimissioni. Lo ha fatto tramite un primo messaggio chiaro, diretto al proprio elettorato e non solo, nel quale ha sottolineato, ancora una volta, l’impegno dei mille giorni del governo da lui stesso presieduto. Inevitabile il riferimento a quella bocciatura che ancora fa male, ma della quale sembra aver sofferto quanto basta, e adesso è pronto a ripartire.
“Ci sono dei momenti, – scrive – nella vita di un Paese, ?in cui il futuro sembra scomparire. Tutto diventa schiacciato sul presente. Sognare sembra vietato, progettare impossibile, avere idee una colpa. Vale solo il presente indefinito, dove l’unica cosa che conta è non disturbare la rendita di chi ha sempre fatto in un certo modo e vuole continuare a fare così.”
Non l’avesse scritta lui questa frase, dubito chiunque avrebbe fatto fatica a sentirla propria. E, invece, qualcosa sembra non tornare. La sincerità di queste parole si scontra con una coerenza spesso non dimostrata dalla sua azione di governo, così poco attenta ai sogni, ai progetti, alle idee, così alleata di questo presente, di chi ha sempre fatto in un certo modo e vuole continuare a fare così.
Ad ogni modo, la notizia del nuovo blog di Renzi non è poi così una notizia. Che l’ex capo del governo fosse un attento fruitore dei servizi informatici, nonché un abile comunicatore, era già apparso sufficientemente chiaro, e inoltre, prima di noi, tutti i siti dei quotidiani nazionali avranno già diffuso l’ANSA.
E allora perché, vi chiederete, la notizia non ci ha lasciati indifferenti, tanto da portarci a leggere con attenzione il post promosso in prima pagina?
Matteo Renzi, in questo suo discorso inaugurale, sembra intenzionato a concedere diritto di replica ai suoi lettori, chiede consigli, proposte, invita tutti noi a partecipare al dibattito, a prendere parte attiva al suo rinnovato impegno, non escludendo chi ha decretato la bocciatura della sua prima legislatura. In calce, apre alla possibilità di scrivergli.
Non saprei spiegare il reale motivo che mi ha spinto a farlo per davvero. Però, da responsabile di un nuovo blog-giornale, che si propone come voce autonoma e contraria alle logiche di cui lo stesso Renzi parla e che regolano ogni cosa del Paese, anche l’informazione, ho sentito il bisogno di raggiungerlo con le mie parole.
Gentile Matteo Renzi,
l’Italia, come Lei scrive, ha qualche diritto in più e qualche tassa in meno, eppure, posso assicurarLe che le persone non stanno meglio. Anzi…
Per tutto quello che Lei ha, giustamente, elencato, di cui va fiero della Sua azione di governo, c’è tanto altro che aspetta. Aspetta da sempre. E – spero un giorno mi smentirà – aspetterà ancora.
C’è una cosa che Lei e i Suoi colleghi non conoscete, ma io sì: la vergogna.
Sono stanco di vergognarmi, Sig. Presidente. Mi vergogno dell’inciviltà sovrana, dell’anarchia, dei datori di lavoro disperati e dei loro dipendenti umiliati, mi vergogno delle nostre città fatiscenti, marce nelle facciate dei palazzi, zeppe di buche per le strade e di puttane ai marciapiedi di provincia. Mi vergogno di voi, di non leggere mai una notizia che vi riguardi e che mi sorprenda in positivo.
Avevo scritto molto di più ma ho pensato, poi, di cancellare tutto. Immagino a Lei non serva un qualsiasi cittadino che punti il dito verso i problemi. Se davvero ha a cuore il futuro di questo Paese, conoscerà già tutto quello che Le avrei lamentato. Molti altri, sono sicuro, lo faranno al posto mio. Piuttosto, immagino avrebbe bisogno di una mano per tentare una risoluzione.
Sono però stanco, Presidente, di non sentire lo Stato presente nella vita mia, dei miei familiari, dei miei amici, delle persone che sono attorno a me. Ha mai vissuto in provincia? È mai uscito dal centro di Roma, o della Sua Firenze, o da Piazza del Duomo a Milano? Ha mai provato a viverci a Scampia, anziché passarci, come tanti fanno, perché oggi parlare della Napoli difficile fa tendenza, ed è un’ottima vetrina per una campagna elettorale di successo? Io, per mia fortuna, non vivo a Scampia, ce l’ho lì a pochi chilometri, ma sopravvivere nella mia Portici mi basta. È già tanto umiliante così.
E, La prego, non tiri in ballo il nostro sole, la nostra arte, la nostra storia, la nostra cultura. L’ha già fatto chi l’ha preceduta, sputandogli addosso, trascinandoci al punto in cui siamo adesso. I meriti di chi ha abitato questa terra sono sepolti con i propri artefici. La storia va onorata, non riesumata nei discorsi di fine anno per fare audience.
Venga a trovarmi, Presidente. È già stato anche a Portici, a Pietrarsa, conosce la strada. Scambi quattro chiacchiere con un ragazzo che non ne può più di vergognarsi e di leggere solo schifezze dai giornali accostate al nome del Paese.
“Ci sono molti modi di cominciare. E di ricominciare”, lo ha scritto Lei. Scelga bene il Suo, Presidente. Almeno questa volta…