Il 13 febbraio scorso, al centro culturale WeSpace di Napoli, è stato presentato il libro Dall’Hindu Kush alle Alpi. Viaggio di un giovane afghano verso la libertà di Fawad e Raufi (ZeL Edizioni, Treviso, 2018). L’autore è un giovane afghano che si definisce – in un verso della poesia che quasi alla fine del volume dedica all’Italia, il Paese che lo ha accolto dal 2016 – come vagabondo per la libertà.
Nato a Kabul nel 1991, Fawad e Raufi si laurea e inizia a insegnare storia e letteratura in una scuola superiore, coltivando le passioni della sua vita: la poesia, i romanzi e i libri che raccontano la vita reale delle persone. E la penna con cui scrive di continuo è l’unico strumento vitale che usa per rappresentare i suoi pensieri. Negli ultimi quarant’anni – dall’intervento sovietico in Afghanistan nel decennio 1979-1989 alla più ampia guerra civile che ha coinvolto il territorio e i suoi abitanti fino ai nostri giorni – la famiglia del giovane narratore ha vissuto in una terra eternamente in guerra con nemici esterni e interni alla nazione.
La paura di poter morire durante un bombardamento o per un attentato è l’inquietudine quotidiana e nel lungo periodo diventa insopportabile. Come tanti altri ragazzi afghani, alla metà di settembre del 2015 Fawad decide di partire verso la libertà, senza avere un’idea chiara e definita di quando e dove potrà trovarla. Il suo libro-verità è dedicato a tutti i giovani di questa terra, che amano la pace e la libertà nel loro Paese, ma anche oltre i confini artificiosi creati da conflitti generati quasi sempre dagli interessi della geopolitica economico-finanziaria che governa il mondo. La guerra distrugge tutto – afferma Fawad – non solo le case, le cose, le persone, un popolo, ma anche gli ideali, i valori, la speranza e l’amore.
Per il suo viaggio verso la libertà, il giovane Fawad affida i suoi soldi e le sue speranze ai mercanti di uomini, che sono organizzati in una rete transnazionale e potente capace di gestire i flussi di migranti che attraversano tanti Stati, in un illusorio viaggio in sicurezza verso i Paesi dove saranno accolti e potranno elaborare un progetto di vita. Durante alcuni mesi, il giovane afghano attraversa undici nazioni in un percorso di 9mila chilometri in diverse ed estreme situazioni climatiche e sempre in condizioni di grave disagio. Decine di giovani vite stipate in vetture che ne potrebbero contenere al massimo cinque o sei, affamate e a volte private persino del tempo per i loro bisogni fisiologici. In questa odissea contemporanea, i migranti sperimentano sulla propria pelle qualcosa che in parte si aspettavano, ma la realtà supera ogni possibile e umana immaginazione.
Il giovane insegnante di Kabul conosce anche il terrore della prigione, sottoposto, assieme a tante persone disperate come lui, a trattamenti contrari a una basica concezione di umanità. Tutto questo lo sapevo sin dal primo giorno in cui lasciai la mia terra, ci racconta Fawad, e quello che non sapevo, l’ho visto con i miei occhi, passo dopo passo. Il giovane osserva e memorizza tutto ciò che accade a lui e ai suoi compagni di viaggio e ci narra, soprattutto, che i criminali in una mano tenevano stretto il denaro e nell’altra la vita degli uomini che lasciavano sulla terra dei Balcani o nell’acqua del mare greco. In questo inferno, comunque, comprende fino in fondo il valore della vita. Prima di questa terribile esperienza, pensava che si potesse rischiare di morire per la guerra, ma non è così, anche senza battaglie ci viene tolta la vita.
Arrivato in Europa e poi in Italia, dal 2016 Fawad vive e lavora a Pordenone, dove ritrova un’esistenza personale, operando come mediatore linguistico e culturale a favore, soprattutto, delle persone che hanno sperimentato la stessa dura, estrema prova di vita. Scrive Dall’Indu Kush alle Alpi, infine, per fare della sua storia una testimonianza di ciò che può accadere nel mondo della globalizzazione, dove le merci circolano liberamente e gli esseri umani – o almeno quelli tra di loro che non hanno un valore di mercato – sono trattati come vite di scarto.
Nei due anni dall’uscita del volume, Fawad e Raufi gira per tante città italiane e, spesso, presenta la sua opera nelle scuole per un pubblico formato soprattutto da giovani studenti. Un insegnamento intorno al valore della vita e della solidarietà umana per i futuri cittadini di un mondo più giusto, da parte di un vagabondo per la libertà.
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