Il caldo non si ferma e il riscaldamento globale non va in vacanza. Qui da noi è ormai inverno, se inverno può definirsi una stagione con temperature mediamente fredde in alcuni giorni e stranamente autunnali – persino calde – in altri. Fatto sta che l’assenza del mostruoso caldo estivo ci fa dimenticare dell’emergenza climatica in atto. D’altronde, l’atmosfera natalizia che adesso la fa da padrona non ha troppo bisogno di temperature basse, ma solo di lucine e confusione, di folla da regali dell’ultimo minuto. Tuttavia, anche se le nostre menti sono distratte, l’emergenza climatica globale avanza inesorabile. Così, mentre nell’emisfero che abitiamo si respira la fresca aria di un proto-inverno, l’altra parte del mondo sta bruciando.
In Australia, ad esempio, è estate ma non un’estate come tutte le altre. La situazione di emergenza incendi che nell’emisfero boreale si è appena conclusa, infatti, è iniziata nel più tragico dei modi in quello australe. Una zona di quasi 30mila chilometri quadrati di terra, alberi e foreste è in fiamme. Da settimane i vigili del fuoco combattono ininterrottamente una battaglia che sembra impossibile da vincere. Sono oltre 800 le abitazioni distrutte e sono arrivate a 8 le vittime dei roghi, mentre le temperature, nella periferia di Sidney, raggiungono i 49 gradi. Un caldo quasi inimmaginabile da sopportare, mentre l’aria carica di cenere e dannosissime particelle sta causando non pochi problemi respiratori agli abitanti del continente.
Quella in cui si trova l’isola oceanica è una condizione ben più grave, quindi, di quella vissuta nei mesi scorsi in altri territori. Principalmente a causa della posizione geografica e del tipo di clima, molto arido già in situazioni di normalità. Requisiti che fanno sì che l’Australia sortisca maggiormente gli effetti del cambiamento climatico. Non a caso, il Paese è al terzo posto della classifica sulle nazioni le cui popolazioni sono maggiormente a rischio a causa di catastrofi naturali come uragani, alluvioni e, con questo inaspettato caldo, incendi. Ed è proprio l’aumento delle temperature il fattore che mette maggiormente in pericolo l’Australia, con le ondate di caldo che diventano sempre più frequenti e insistenti e i lunghi periodi di siccità che danneggiano l’economia agricola e gli allevamenti.
I danni al territorio, alla popolazione e all’intero ecosistema sono indiscutibilmente disastrosi effetti collaterali del riscaldamento globale. Eppure, la politica australiana non ha particolarmente a cuore la questione ma, anzi, il dibattito sul cambiamento climatico resta molto acceso all’interno dell’arena pubblica del Paese.
In particolare, l’ala conservatrice del governo mostra un radicale scetticismo nei confronti dei temi ambientali, tanto che numerosi studi hanno dimostrato un elevato livello di correlazione tra teorie del complotto, scetticismo nei confronti del climate change e conservatorismo. L’ex Primo Ministro Tony Abbott ha più volte affermato che l’Australia dovrebbe seguire l’esempio statunitense e svincolarsi dagli accordi di Parigi. E, a dirla tutta, il Paese ha parecchi interessi economici contrari a scelte maggiormente ambientaliste, soprattutto in relazione al fatto che esso è uno dei maggiori esportatori di carbone al mondo. Ancora una volta, la salvaguardia dell’economia diventa più importante della vita stessa degli australiani, che stanno subendo sulla propria pelle gli effetti delle dannose scelte politiche.
Ma, come dicevamo, mentre l’Australia brucia, anche in questo lato del mondo le cose non vanno poi così bene. Nonostante abbiamo appena valicato la soglia dell’inverno, il cambiamento climatico continua a mettere in ginocchio anche le nostre terre, sebbene in modi diversi rispetto ai mesi passati. Maltempo, tempeste, forti venti e piogge torrenziali stanno sfidando territori non avvezzi e indubbiamente non pronti ad affrontare condizioni meteorologiche simili. In particolare, le raffiche che hanno abbattuto alberi e mietuto vittime in tutto lo Stivale sono la chiara prova del fatto che il clima mediterraneo ci sta abbandonando per essere sostituito da un clima tropicale al quale non siamo per niente pronti. L’aumento delle temperature sta già modificando la flora e la fauna del nostro Paese e l’Italia è accompagnata dal resto del mondo in questo viaggio che sta mutando, a partire dal clima, i connotati di vegetazione e biodiversità.
Se il caldo della scorsa estate ci è sembrato insopportabile – nulla a confronto con quello australiano! –, se la permanenza delle zanzare ci è sembrata insostenibile, come faremo quando le Alpi non vedranno più la neve, il frumento smetterà di crescere e la nostra diventerà terra di uragani e nubifragi? Quel che è certo è che per non essere del tutto impreparati ad affrontare cambiamenti tanto drastici e repentini non stiamo facendo abbastanza per evitarli.