Esiste soltanto da dieci giorni, eppure il movimento delle sardine è già il fenomeno politico di questo 2019, l’unica iniziativa d’opposizione alla marea sovranista che ha affogato gran parte del Paese. Una straordinaria movimentazione popolare nata sul web, l’idea di un ragazzo trentenne, Mattia Santori, che chiama i suoi concittadini, i bolognesi, a invadere Piazza Maggiore, a radunarsi alle 20:30 davanti alla Basilica di San Petronio con l’obiettivo di superare le 6000 persone previste al PalaDona dove il leader della Lega, Matteo Salvini, terrà uno dei suoi comizi.
Regole semplici: nessuna bandiera, nessun simbolo di partito, non un collegamento a qualunque dei candidati in lizza per la poltrona di governatore della Regione. Unico scopo è stare stretti, uno con l’altro, a sottolineare la natura antifascista e antirazzista di una delle aree storicamente rappresentate dal colore rosso, sfidando l’ex Ministro sul territorio di caccia dove più si sente a suo agio, internet.
Missione compiuta. Il capoluogo dell’Emilia-Romagna diventa oceano di nuove speranze, di un ritrovato entusiasmo. Rispondono in numero ben superiore rispetto alla cifra auspicata dagli organizzatori, dalla città di Lucio Dalla – che idealmente affida alla piazza anche la sua celebre Com’è profondo il mare – l’onda delle sardine raggiunge Modena, Reggio Emilia, poi Firenze e anche Napoli.
Ed è proprio la città del Vesuvio a dare al movimento un colore credibile, una prima collocazione storica e culturale semplice da riassumere con i valori di una sinistra che non c’è più. Dalla (geniale!) pernacchia del grande Eduardo allo Scarrafone di Pino Daniele, Napoli lega la manifestazione delle sardine al filo rosso del suo passato di città delle Quattro Giornate, delle braccia protese sul mare quando i porti d’Italia erano chiusi per tutti, fino al riscetamento ispirato dalla prima sindacatura firmata Luigi de Magistris – con gli arancioni presenti in numero consistente.
Perché se è bellissimo registrare l’entusiasmo di migliaia di persone di ogni età ed estrazione sociale, è altrettanto lecito, se non doveroso, domandarsi che fine farà questo spirito ittico, in cosa si tradurrà una volta che i protagonisti lasceranno le piazze e saranno chiamati alle urne. Inutile, forse persino dannoso, non porsi questa domanda sin dal principio.
I promotori, da Santori ai suoi colleghi, respingono con forza ogni associazione partitica. Lo scopo – dicono ai tanti giornali che si rincorrono per intervistarli – è dimostrare a Matteo Salvini e Giorgia Meloni che l’Italia sa ancora essere quel Bel Paese nato dalla Costituzione Repubblicana, la patria dei partigiani che sventolano orgogliosi lo stemma dell’ANPI, tuttavia non affrettarsi a eleggere un leader credibile, competente, carismatico, rischia di disperdere i banchi tra i vari simboli della politica di casa nostra.
Nelle piazze italiane si è, infatti, affacciata una gran fetta di ciò che era l’elettorato ormai disilluso dai 5 Stelle, così come marciano i nostalgici di un PD garante dei lavoratori, di un partito che non ha paura di discutere di diritti e accoglienza. A partire dall’Emilia-Romagna (dove è facile immaginare le sardine in massa a confermare la fiducia al Presidente uscente Stefano Bonaccini) fino alle prossime Regioni chiamate a rinnovare la giunta nel 2020, Calabria e Campania, passando per una probabile tornata nazionale, non dichiarare una collocazione politica rischia di far passare le sardine alla storia come l’ennesima adunata in nome dell’inconsistenza.
Non riesce difficile comprendere il malcontento rispetto a qualunque fazione sopracitata, tuttavia, la sfiducia – legittima! – maturata verso qualunque rappresentante della scena politica del Paese dilapida i voti in percentuali improduttive tra i vari Zingaretti, Di Maio, Renzi e chi altro avrà il coraggio di farsi portavoce di una novità attesa da troppo, raggiunta da mai, situazione che torna comoda proprio alla bestia, che può invece contare su un elettorato compatto nell’odio, nei rigurgiti neofascisti e le rimostranze di stampo razzista.
Napoli, con la sua Piazza Dante gremita da oltre 10.000 persone, ha suggerito una via verosimile, un percorso d’identità necessario, un’anagrafica rossa, un movimento che sa di sinistra senza paura di nominarla, senza paura di sventolarne i simboli storici. La responsabilità di Santori, dei ragazzi che stanno affollando le piazze d’Italia, di tutti quanti si riconosco nei valori che le sardine intendono rappresentare, sta nel non vendersi al migliore offerente, a non offrirsi alla logica del meno peggio pur di sfuggire alla Lega, a farsi – piuttosto – motore di uno spirito critico e costruttivo, di un entusiasmo sorretto da idee e competenza, a non avere paura di mettersi in gioco, a presentarsi al cospetto di chi ha ispirato la loro ribellione e dimostrare di averne avuto abbastanza una volta per tutte.
Se c’è una lezione che il populismo grillino ha insegnato è che il pluralismo e l’antipolitica non portano a nessun risultato, ancor meno la rabbia e i vaffanculo gratuiti. Delegare all’incompetenza un malcontento che, invece, conosce la propria natura è il più umiliante dei rimorsi con cui fare i conti. Sardine, chi siete?