Non si fa in tempo a plaudire l’iniziativa del Comune di Roma – che ha recentemente rinominato le vie cittadine fino a poche settimane prima dedicate a gerarchi fascisti –, che subito il medesimo problema si ripropone a qualche centinaia di chilometri più a nord. Più precisamente a Pisa, dove la giunta comunale a trazione leghista intende intitolare una rotatoria a Giuseppe Niccolai, già politico missino e fascista.
È ormai consuetudine che quando oggi si parla di fascismo, ci sia sempre il solito elemento che – in una forma di revisionismo mascherato – alzi la mano e incolpi gli altri di essere ossessionati dal ventennio più nero della storia di Italia. Ecco che, allora, in via del tutto preventiva, possiamo affermare con certezza che tal Niccolai era un camerata con la C maiuscola, come orgogliosamente sottolineato sul sito movimentosocialeitaliano.altervista.org, dove viene ricordato come un membro delle organizzazioni giovanili mussoliniane ma soprattutto come un fascista che mai ha rinnegato il proprio passato ma che anzi ne ha sempre esaltato le virtù. All’interno di una mozione che contiene la denominazione di tre strade ad altrettanti politici che hanno vissuto all’ombra della celebre Torre, dunque, pare si voglia seguire lo strano criterio della par condicio rendendo omaggio a un fedele del Duce nello stesso modo in cui lo si rende a un democristiano e a un comunista.
D’altro canto, parliamo di Pisa, una città che da un anno e mezzo è amministrata da quello stesso partito che scende in piazza a braccetto – teso – con i neofascisti, quella stessa Lega guidata da Matteo Salvini il cui ex portavoce è il famigerato Gianluca Savoini, ultimamente ricordato durante una puntata di Report dall’ex direttore della Padania per i suoi modi inneggianti al nazifascismo. Da questo punto di vista, dunque, abbiamo davvero poco di cui sorprenderci. Ciò che ci tormenta, invece, è la ricerca del perché l’Italia non sia mai riuscita a superare il trauma del Ventennio, che si ripropone in continuazione e non sparisce dai metodi di molti nostri connazionali.
E così, seppur dispiaciuti, non possiamo non guardare ancora una volta altrove, in questo caso in Spagna, per lodare l’iniziativa intrapresa dal Presidente Pedro Sanchez che ha recentemente fatto rimuovere il feretro del sanguinoso dittatore Francisco Franco da un monumento pubblico per portarlo in una cappella privata al fine di privare il Generalissimo di un mausoleo di Stato a lui dedicato. Certo, anche in terra ispanica alcuni nostalgici hanno manifestato contro l’irrevocabile decisione, ciononostante il governo ha dato dimostrazione chiara di contrasto e rinnegamento di un’epoca tanto anti-democratica quanto pericolosa.
Un’azione che ha richiesto un impegno importnate da parte delle istituzioni che dovrebbero essere sempre in prima linea nel bandire ogni tipo di adulazione verso il regime totalitario, a Madrid come a Roma. Con questo non si vuole asserire che in Italia siamo tutti fascisti o luoghi comuni simili, tuttavia si ha spesso l’impressione che non sia stato compreso a pieno l’orrore che il regime nero ha rappresentato per la storia nostra e dell’umanità, continuando ancora a inseguirci e a contrassegnarci.
Accanto alla pericolosità di coloro che si recano tranquillamente e orgogliosamente per le strade ostentando simboli inquietanti e il saluto romano, infatti, c’è l’ignavia di quanti non sono sufficientemente consapevoli di cosa abbiano significato gli anni mussoliniani e l’inconsistenza di chi non perde occasione per dire che in fondo qualcosa di buono in quel periodo è stato fatto – basti pensare alla litania delle paludi bonificate –, diffondendo degli enormi falsi storici. Altrettanto grave è poi l’atteggiamento di coloro che ritengono superate le categorie destra e sinistra, come se si trattasse di squadre di calcio per le quali un tempo valeva la pena tifare ma oggi non più: una presa di posizione, questa, propria del MoVimento 5 Stelle che si dice al di là delle ideologie, a suo avviso anacronistiche e ormai scomparse.
Eppure, i vari schieramenti neonazisti presenti in tutta Europa, le troppe pagine social dedicate a Mussolini, i viaggi commemorativi a Predappio e, a questo punto, l’intitolazione di rondò a personaggi storicamente di nero vestiti, al contrario, fanno pensare che a essere sparito sia il ricordo di chi ha combattuto e si è sacrificato per liberare il Paese da una piaga nera che lo stava inghiottendo, lottando da Nord a Sud, sulle montagne, sulle colline, per le strade. Quelle stesse strade che non meritano di portare il nome dei complici del regime dittatoriale più immondo che ci sia mai stato.