È intorno a ideali di libertà, convivenza e uguaglianza che si concentra l’operato di Abiy Ahmed Aly, il Primo Ministro etiope vincitore del Nobel per la Pace 2019. Il premio, che le previsioni vedevano assegnato alla giovane attivista ambientale Greta Thunberg, rappresenta il riconoscimento mondiale degli sforzi politici e diplomatici che hanno migliorato la vita in Etiopia con effetti benefici in tutta l’area del Corno d’Africa e, a lungo andare, nell’intero globo.
Il più grande successo del Premier è senza dubbio rappresentato dalla fine del conflitto con l’Eritrea, probabilmente il motivo che ha giocato un ruolo principale nell’assegnazione del premio. La guerra tra i due Paesi era scoppiata nel 1998 a causa della contesa della zona di Badme ed è costata circa 100mila morti. Ma il conflitto, in realtà, aveva origini ben più radicate: i due territori erano già in crisi a partire dal secondo dopoguerra, quando l’Eritrea fu prima confederata e poi annessa all’Etiopia per sfociare in seguito in un scontro trentennale per l’indipendenza conclusosi nel 1991. È su queste basi di aspri precedenti, quindi, che si era fondata la contesa.
Dopo anni di conflitti, durante i quali la comunicazione tra i due Paesi e l’arrivo di un accordo pacifico erano parsi irraggiungibili, Abiy Ahmed Aly ha rinunciato alle pretese etiopi, cedendo Badme all’Eritrea tramite firma di un accordo di pace. Il primo incontro con il Presidente Isaias Afeworki ha quindi rappresentato un simbolico ma fondamentale allentamento delle tensioni tra le due nazioni e la stipulazione del trattato ha sancito una vera e propria svolta per entrambi i Paesi. In seguito all’accordo sono state ripristinate le linee telefoniche – interrotte per oltre vent’anni –, sono ripresi i voli diretti tra le due capitali e sono stati riaperti strade e porti.
Il nuovo atteggiamento e la via di dialogo intrapresa con il Presidente eritreo si sono rivelati decisivi per l’assegnazione del premio, riconoscendo i suoi sforzi per raggiungere la pace e la cooperazione internazionale. La pacifica collaborazione con i Paesi vicini non si è fermata, però, alla cessione dei territori: il quarantatreenne ha promosso un patto di condivisione energetica con il Sudan in seguito alla recente crisi politica. Il raggiungimento dello storico traguardo con l’Eritrea rappresenta, però, solo una parte dell’operato del Primo Ministro, che si è distinto per iniziative e successi che hanno cambiato il volto del Paese.
L’ex militare dell’intelligence si era fatto notare già a partire dai primi mesi del mandato, durante i quali aveva iniziato un programma progressista rivolto alla tutela dei diritti umani e a una sana politica ambientale. Nel corso del primo anno e mezzo, quindi, ha promosso e ristabilito la libertà di stampa e il dialogo interreligioso. Ha lavorato in favore dei diritti delle donne, promuovendone l’inserimento in politica, e ha promosso il rispetto dei diritti umani, liberando prigionieri politici e ripulendo le amministrazioni da tutti i funzionari corrotti. Il suo operato ha migliorato anche l’economia del Paese, liberalizzando settori cruciali e portandola a una crescita annua del 6%. Fondamentale poi l’interesse ambientale, di cui non ha beneficiato solo l’Eritrea, ma l’intera comunità internazionale grazie ai 350 milioni di alberi piantati per contrastare i dannosi effetti del cambiamento climatico.
La decisione di assegnare il Nobel ad Abiy Ahmed Aly è stata una testimonianza degli ideali di unità, cooperazione e coesistenza reciproca che il Premier ha costantemente sostenuto. Ma la vittoria, secondo il Primo Ministro, non appartiene esclusivamente a lui. Questo è un premio dato all’Africa, all’Etiopia. La sua speranza, quella che il premio sia una buona spinta perché tutti i leader africani lavorino insieme a un processo di pace nel continente, dimostra la profonda convinzione con cui Aly sostiene e lavora ai suoi ideali di pace e convivenza, a cui deve il successo di oggi e grazie ai quali, probabilmente, raggiungerà molti altri traguardi.