La Casa delle Donne Lucha y Siesta sarà sgomberata, ha annunciato la giunta Raggi fissando l’interruzione delle utenze al 15 settembre per poi rimandarla a data da destinarsi. Lucha y Siesta è tra gli immobili di proprietà dell’azienda ATAC ed è messo in vendita per saldare i debiti della municipalizzata. Il centro è uno stabile degli anni Venti abbandonato e trasformato in un rifugio per donne che escono da situazioni di violenza. Per la legge la palazzina è abusivamente occupata, ma gli abitanti del VII Municipio sono coscienti dell’enorme patrimonio pubblico di un’iniziativa simile e hanno avviato una serie di manifestazioni e progetti per salvarla.
Nel quartiere tuscolano, Lucha y Siesta è un capolavoro antigravitazionale che lotta dal 2008 contro l’aumento costante e allarmante della violenza maschile sulle donne, sperimentando una forma innovativa di mutualismo femminile generoso e sincero. L’idea di un mondo così non si vende, a nessun prezzo. Lotteremo assieme a voi perché non succeda. Lotteremo con la Luce, recita una lettera recapitata in via Lucio Sestio 10, sede della Casa delle Donne e simbolo di uno spazio di autodeterminazione femminile e femminista. Nata da un’esperienza lunga e complessa, Lucha è un progetto politico di rivendicazione di un servizio fondamentale negato dal Comune di Roma. Secondo la Convenzione di Istanbul ratificata anche dall’Italia, la Capitale dovrebbe avere a disposizione un minimo di 300 alloggi per donne vittime di violenza di genere. Ne sono concretamente presenti soltanto 20, di cui 13 nel centro Lucha y Siesta.
Un dato sconcertante se si pensa all’incremento di violenze negli ultimi anni: nel marzo 2019 si è tenuto il seminario ISTAT in collaborazione con l’università IUSVE La violenza contro le donne. Dai dati statistici ai nuovi strumenti di contrasto e prevenzione. Dall’analisi degli atti è emerso che negli ultimi 5 anni ben 4 milioni 353mila donne hanno subito violenza fisica o sessuale, 246mila hanno subito stupri o tentati stupri, per non considerare minacce (3.7%), spintonamenti (3.9%), schiaffi, pugni, colpi (2.1%), soffocamenti o uso delle armi (0.4%). Una percentuale altissima di donne quotidianamente in lotta con sofferenza fisica, sessuale o psicologica, forme di coercizione o forme arbitrarie di privazione della libertà personale nel contesto della vita privata e pubblica, ma non solo.
A seguito di ripetute violenze, le conseguenze sono molteplici: perdita di fiducia e autostima, ansia, fobia, attacchi di panico, disperazione e impotenza, disturbi di sonno e alimentazione, depressione, difficoltà di concentrazione, autolesionismo e pensieri suicidi. Lucha y Siesta, quindi, ospita donne in difficoltà accogliendole in appartamenti semi-autonomi e contribuendo all’assistenza legale, psicologica e culturale. In 11 anni ha accolto 1200 donne, 140 delle quali hanno vissuto nella palazzina con più di 60 minori. Attualmente ospita 15 donne e 7 bambini.
«Lo stabile era fatiscente e degradato. Era la casa di piccioni e topi», ha dichiarato un’attivista di Lucha y Siesta in merito all’operazione di bonifica e messa in sicurezza dell’edificio, che oltre a essere centro antiviolenza produce cultura come casa delle donne e luogo concreto di lotte femministe e autogestione libera e indipendente. La Casa ha visto muoversi tra le sue pareti donne che hanno lottato per un diritto fondamentale e per la costruzione di uno spazio solidale. ActionAid ha mostrato il suo supporto a Lucha y Siesta come simbolo di pratica femminista da assecondare e valorizzare nella sua cittadinanza attiva e gratuita.
Artiste e artisti, inoltre, hanno dimostrato l’adesione alla causa con la comparsa su edifici simbolo di Roma di scritte luminose VENDESI, proiettate ben visibili sulle facciate di Piramide Cestia, Palazzo dei Congressi, Colosseo, Basilica di San Paolo, Pantheon. Una provocazione potente sostenuta da Gipi, Zerocalcare, Sio e artisti romani contro un vero vuoto costituzionale e un provvedimento disumano ai danni, unicamente, di donne in difficoltà. La protesta è stata accompagnata il 30 agosto da un mailbombing contro il Comune di Roma e la Regione Lazio per chiedere la rettifica delle disposizioni e la cessione dello stabile. Sono poi scattati i messaggi su WhatsApp: fino alle 00:00 del 3 settembre, infatti, le attiviste hanno proposto un invio di massa di messaggio vocali al numero di ATAC. Da registrare: Quanto costa Lucha y Siesta?
Le vicende hanno generato una battaglia mediatica con l’affetto sul web e in via Lucio Sestio di migliaia di cittadini che hanno supportato il nuovo tentativo delle inguaribili ottimiste della Casa delle Donne: affidarsi, in ultima istanza, a un azionariato popolare per l’acquisto dello stabile con la costituzione di un fondo popolare. Anche per la FEMM – diritti delle donne e uguaglianza di genere – l’iniziativa romana è da tutelare e diffondere. Chiara, attivista della Casa, rimprovera che il luogo dovrebbe essere un fiore all’occhiello per la città di Roma per la capacità di innovare e sperimentare nuove forme di organizzazione e accoglienza.
Come reazione alle disposizioni della giunta Raggi è nato il Comitato Lucha alla città al quale hanno aderito più di mille membri per una corsa contro il tempo e contro la cessione definitiva. «Siamo convinte che sia possibile oltre che necessario superare la fase di stallo e precarietà in cui siamo, assicurare alla città di non perdere una risorsa fondamentale e garantire alle donne di Lucha y Siesta il proseguimento del loro percorso di autonomia», ha dichiarato un’attivista della Casa delle Donne. L’immobilismo e l’inerzia di un’amministrazione pubblica dinanzi a donne che continuano a soffrire – e morire – non sono più tollerabili.
Per sostenere il Comitato Lucha alla città: https://luchaysiesta.wordpress.com/lucha-y-siesta-non-si-vende/sostieni-il-comitato-lucha-alla-citta/
Fotografie di Lucha y Siesta dal sito ufficiale del crowdfunding Lucha alla città – crowdfunding (produzionidalbasso.com)